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Lieve entità stupefacenti: il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di stupefacenti che chiedeva il riconoscimento della lieve entità del fatto. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare le prove, ma di verificare la corretta applicazione della legge, confermando che la valutazione sulla lieve entità deve essere complessiva e ben motivata dal giudice di merito.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lieve Entità Stupefacenti: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto penale degli stupefacenti: la qualificazione del reato come di lieve entità. La decisione ribadisce i confini invalicabili del giudizio di legittimità, chiarendo perché non è possibile chiedere alla Suprema Corte una nuova valutazione delle prove per ottenere un trattamento sanzionatorio più mite. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso e le sue importanti implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione, oltre a una multa di 4.000 euro, per un reato legato agli stupefacenti previsto dall’art. 73, comma 4, del D.P.R. 309/1990. La sentenza, emessa in primo grado, era stata integralmente confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, non rassegnato alla condanna, ha deciso di presentare ricorso per cassazione, affidandosi a due specifiche censure.

I Motivi del Ricorso

L’imputato ha basato il suo ricorso su due argomenti principali:

1. Travisamento della prova e carenza di motivazione: Secondo la difesa, i giudici di merito avrebbero interpretato erroneamente le prove a carico, giungendo a una conclusione ingiusta sulla colpevolezza.
2. Mancata riqualificazione del reato: Il punto centrale del ricorso era la richiesta di applicare l’ipotesi attenuata della lieve entità, prevista dal comma 5 dell’art. 73. La difesa sosteneva che i fatti, nel loro complesso, non avessero un’offensività tale da giustificare la condanna per l’ipotesi ordinaria del reato.

La Decisione della Cassazione sulla lieve entità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le doglianze. La decisione si fonda su principi consolidati della procedura penale che definiscono in modo netto i poteri del giudice di legittimità.

Il Divieto di “Rilettura” dei Fatti

Sul primo motivo, la Corte ha ricordato che il suo compito non è quello di effettuare una “rilettura” degli elementi di fatto. L’apprezzamento delle prove e la ricostruzione della vicenda sono compiti esclusivi dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il ricorso per cassazione può censurare la motivazione solo se questa è manifestamente illogica, contraddittoria o carente, ma non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio nel merito. Proporre una diversa valutazione delle prove, come fatto dal ricorrente, è un’operazione non consentita in sede di legittimità.

La Valutazione Complessiva della Lieve Entità

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Corte ha sottolineato che il riconoscimento della lieve entità non è automatico ma richiede un’attenta e complessiva valutazione di tutti gli indicatori previsti dalla legge: mezzi, modalità e circostanze dell’azione, nonché quantità e qualità della sostanza stupefacente. Il giudice di merito deve considerare tutti questi elementi per stabilire se la lesione al bene giuridico protetto (la salute pubblica) sia, appunto, lieve.

Le Motivazioni della Corte

Nelle motivazioni, la Suprema Corte ha spiegato che la Corte d’Appello aveva correttamente adempiuto al suo dovere. I giudici di secondo grado avevano offerto una motivazione pienamente adeguata per negare la fattispecie della lieve entità. In particolare, erano stati evidenziati alcuni aspetti che rivelavano una certa “professionalità” nell’attività di spaccio svolta dall’imputato. Questi elementi, ritenuti di maggior peso rispetto ad altri, giustificavano l’esclusione della minima offensività e, di conseguenza, il diniego dell’attenuante. Il percorso logico-giuridico seguito dalla corte territoriale è stato quindi considerato corretto e immune da vizi.

Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni. In primo luogo, conferma la natura del giudizio di Cassazione come un controllo di pura legittimità, volto a garantire l’uniforme interpretazione della legge, e non come un’ulteriore istanza per discutere i fatti. In secondo luogo, ribadisce che per ottenere il riconoscimento della lieve entità non basta evidenziare un solo elemento favorevole (es. una modesta quantità di droga), ma è necessaria una valutazione globale che dimostri una ridotta offensività complessiva della condotta. In assenza di ciò, e a fronte di una motivazione logica e coerente da parte del giudice di merito, il ricorso in Cassazione è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può effettuare una nuova valutazione delle prove o una “rilettura” degli elementi di fatto. Il suo compito è limitato a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, senza entrare nel merito della ricostruzione dei fatti.

Quali criteri usa un giudice per decidere se un reato di spaccio è di lieve entità?
Per riconoscere la lieve entità, il giudice deve compiere una valutazione complessiva di tutti gli elementi indicati dalla legge, tra cui i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, la quantità e la qualità della sostanza stupefacente. Anche un solo elemento di particolare gravità può essere sufficiente per escludere questa ipotesi attenuata.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, come stabilito dalla legge, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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