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Lieve entità stupefacenti: i criteri della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti. La Corte ha confermato la decisione di merito, escludendo sia l’uso personale sia la fattispecie di lieve entità stupefacenti, basandosi su una valutazione complessiva di indici quali l’ingente quantitativo, la diversità delle sostanze, le modalità di confezionamento e i contatti telefonici con acquirenti.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lieve entità stupefacenti: la Cassazione chiarisce i parametri di valutazione

La qualificazione di un fatto come reato di lieve entità stupefacenti rappresenta uno snodo cruciale nel diritto penale, capace di modificare radicalmente l’entità della pena. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui criteri da adottare per distinguere il piccolo spaccio da condotte più gravi e dall’uso puramente personale, ribadendo la necessità di una valutazione complessiva di tutti gli elementi a disposizione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo a un anno e quattro mesi di reclusione e 3.600 euro di multa per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, ai sensi dell’art. 73 del d.P.R. 309/1990. La sentenza, emessa a seguito di giudizio abbreviato, era stata confermata dalla Corte di Appello. L’imputato ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando principalmente tre aspetti: il mancato riconoscimento della destinazione della sostanza a uso esclusivamente personale, la mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi di lieve entità stupefacenti (prevista dal comma 5 dello stesso articolo) e, infine, il diniego delle circostanze attenuanti generiche.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la valutazione dei giudici di merito. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa degli indici normativi e giurisprudenziali che orientano il giudice nella difficile qualificazione giuridica dei reati in materia di droga.

Le motivazioni della decisione

La Corte ha articolato il proprio ragionamento su tre punti principali, corrispondenti ai motivi del ricorso.

La Distinzione tra Uso Personale e Spaccio

Per escludere la destinazione a uso personale, i giudici hanno fatto riferimento ai parametri indicati dall’art. 75, comma 1-bis, del Testo Unico Stupefacenti. La valutazione non si è fermata al solo dato quantitativo della sostanza, ma ha abbracciato un quadro più ampio. Nel caso specifico, la quantità di principio attivo e il numero di dosi ricavabili sono stati ritenuti elementi sufficienti a superare la presunzione di un consumo meramente individuale.

I Criteri per la valutazione della lieve entità stupefacenti

Il cuore della pronuncia riguarda la qualificazione del fatto come di lieve entità. Richiamando un importante precedente delle Sezioni Unite (sentenza Murolo n. 51063/2018), la Corte ha ribadito che nessun elemento può avere, a priori, un carattere ostativo. La valutazione deve essere complessiva e considerare tutti gli indici previsti dalla norma. La Corte territoriale aveva correttamente escluso la lieve entità sulla base di una serie di elementi convergenti:

* L’ingente quantitativo di stupefacente posseduto.
* La diversa tipologia di droga rinvenuta (hashish e marijuana).
* L’elevato principio attivo delle sostanze.
* Le modalità di conservazione (confezionamento in diversi panetti), indicative di un’attività organizzata.
* L’utilizzo di strumenti come bilancini di precisione.
* L’esistenza di contatti con vari acquirenti, emersi dall’analisi del traffico telefonico.
* La mancata dimostrazione da parte dell’imputato che la sostanza fosse destinata a un uso esclusivamente personale.

Questa valutazione analitica ha dimostrato che la condotta non poteva essere inquadrata nella cornice del cosiddetto ‘piccolo spaccio’, caratterizzato da una minore portata dell’attività e da una circolazione limitata di merce e denaro.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Infine, la Corte ha ritenuto logica e coerente la decisione di non concedere le attenuanti generiche. L’imputato si era limitato ad ammettere la detenzione della sostanza, senza fornire alcuna collaborazione utile. Inoltre, la pena inflitta era già stata determinata partendo dal minimo edittale, adeguatamente bilanciata alla rilevanza oggettiva e soggettiva del reato.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale in materia di reati di droga: la qualificazione del fatto, e in particolare il riconoscimento della lieve entità stupefacenti, non può basarsi su automatismi legati al solo peso della sostanza. È richiesta al giudice un’indagine approfondita e complessiva che tenga conto di tutti gli indicatori – quantitativi, qualitativi e modali – della condotta. Per la difesa, ciò significa che l’affermazione di un uso personale o di una condotta di lieve entità deve essere supportata da elementi concreti, poiché in assenza di prove, indici oggettivi come le modalità di confezionamento e i contatti con terzi assumeranno un peso preponderante nella decisione del giudice.

Quando il possesso di droga può essere considerato di ‘lieve entità’?
La qualificazione di ‘lieve entità’ non dipende solo dalla quantità, ma da una valutazione complessiva di tutti gli indici del reato. Il giudice considera le modalità dell’azione (mezzi e circostanze), la qualità e quantità delle sostanze, e altri elementi che nel loro insieme indicano una minore offensività del fatto.

Quali elementi specifici hanno portato a escludere la lieve entità in questo caso?
La Corte ha escluso la lieve entità sulla base di diversi fattori: l’ingente quantitativo di droga, la presenza di diverse tipologie di sostanze (hashish e marijuana), l’elevato principio attivo, il confezionamento in panetti, l’uso di bilancini di precisione e i contatti telefonici con acquirenti.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le motivazioni della Corte d’Appello sono state giudicate logiche, coerenti e conformi ai principi di legge. La valutazione dei fatti e l’applicazione delle norme sono state ritenute corrette, rendendo le censure del ricorrente infondate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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