Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13766 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13766 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SCORRANO il 11/10/1983
avverso la sentenza del 14/06/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Lecce ha confermato la sentenza del G.U.P. del Tribunale della stessa sede del 9 febbraio 2022, emessa a seguito di giudizio abbreviato, con cui NOME COGNOME era stato condannato alla pena complessiva di anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 3.600 di multa in relazione al reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
Il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’esclusione della destinazione ad uso personale delle sostanze stupefacenti o, in subordine, alla mancata riqualificazione del reato nell’ipotesi di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, nonché per la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
3. Il ricorso è inammissibile.
In materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito, tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (Sez. 4, n. 7191 del 11/01/2018, Gjoka, Rv. 272463). Il comma 1-bis dell’art. 75, in vigore dal 21 maggio 2014, ha individuato i parametri, le circostanze di fatto – che rispecchiano gli indici elaborati dalla giurisprudenza nell’originario tessuto normativo e quelli già previsti nell’art. 73, comma 1-bis, lett.a), d.P.R. n. 309 del 1990, nel testo dichiarato incostituzionale – per l’accertamento della destinazione ad uso esclusivamente personale della sostanza stupefacente. Il primo parametro, sub a), è quello quantitativo: la quantità di sostanza stupefacente o psicotropa detenuta non deve essere superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute. Le altre circostanze di fatto indicate dalla norma sono relative alla modalità di presentazione delle sostanze stupefacenti o psicotrope, al peso lordo complessivo, al confezionamento frazionato; il giudice può prendere in esame poi le altre circostanze dell’azione, da cui risulti che le sostanze sono destinate ad un uso esclusivamente personale.
La sentenza impugnata, rispettando tali parametri, alla pagina 5 ha dato conto delle proprie valutazioni, con riferimento alla quantità di principio attivo riscontrata e alle quantità di dosi ricavabili tale da impedire il riconoscimento della destinazione a fini solo personali.
In relazione al secondo motivo di ricorso, sempre con riferimento ai principi giurisprudenziali in materia, va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte (S.U., n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME non massimata sul punto) hanno precisato che, ai fini dell’operazione di qualificazione del fatto, non può essere attribuito agli elementi positivamente indicati nella norma incriminatrice un aprioristico significato negativo assorbente e, quindi, a priori ed in astratto, carattere ostativo alla qualificazione del fatto come di lieve entità, dovendo emergere, come detto, una siffatta conclusione dalla valutazione complessiva dello stesso e dalla riscontrata incapacità degli altri indici selezionati dal comma 5 dell’art. 73 di neutralizzarne la carica negativa. Fra questi indici anche la valenza del dato ponderale, al di fuori dei casi nei quali assume valore preponderante negativo per la sua significatività, deve essere determinata in concreto, al confronto con le altre circostanze del fatto rilevanti.
Al riguardo, la fattispecie autonoma di cui al comma quinto cit. è così configura bile nelle ipotesi di cosiddetto piccolo spaccio, che si caratterizza per una complessiva minore portata dell’attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di merce e di denaro nonché di guadagni limitati e che ricomprende anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia superiore – tenendo conto del valore e della tipologia della sostanza stupefacente – a dosi conteggiate a “decine” (Sez. 6, n. 15642 del 27/01/2015, COGNOME, Rv. 263068). E’ stato altresì affermato che, per l’accertamento della lieve entità, si deve far riferimento all’apprezzamento complessivo degli indici che la norma richiama (Sez. 6, n. 7464 del 28/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278615).
In linea coi suesposti principi, la Corte territoriale ha escluso la possibilità dì riconoscere l’ipotesi di uso personale non punibile o di riqualificare la vicenda nell’ipotesi più lieve di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, sulla base delle seguenti considerazioni: a) l’ingente quantitativo di stupefacente posseduto, trovato in sede di perquisizione, idoneo al confezionamento di diverse dosi; b) la diversa tipologia di droga rinvenuta; c) l’elevato principio attivo delle sostanze; d) le modalità di conservazione dello stupefacente di tipo hashish e marijuana, confezionato in diversi panetti; e) gli strumenti impiegati, tra cui diversi bilancini di precisione; f) i contatti con vari acquirenti di stupefacenti, emergenti dall’analisi del traffico telefonico; g) l’omessa dimostrazione dell’uso esclusivamente personale dello stupefacente. La Corte di merito, peraltro, ha svolto un’analitica valutazione di tutti i parametri richiamati espressamente dall’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli attinenti all’oggetto materiale del reato
(quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), escludendo con motivazione immune da censure l’ipotesi della lieve entità.
Dall’esauriente apparato argomentativo emergono con evidenza le ragioni dell’impossibilità di considerare la fattispecie di minima offensività.
Il ricorrente si limita a prospettare una valutazione alternativa dei medesimi elementi fattuali e i rilievi difensivi si sviluppano tutti nell’orbita delle censure d
merito.
I motivi di censura, quindi, difettano di una critica valutativa avverso il provvedimento attaccato e l’indicazione delle ragioni della sua decisività rispetto
al percorso logico seguito dal giudice di merito, non confrontandosi con tutte le argomentazioni del provvedimento impugnato (Sez. 4, n. 38202 del 07/07/2016,
COGNOME, Rv. 267611; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584).
4. Anche il motivo con cui si deduce la violazione dell’art. 62 bis cod.pen. è
inammissibile, giacché in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di
legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione. Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha rilevato, in modo logico e coerente, che l’imputato aveva solo riconosciuto di detenere la sostanza comunque rinvenuta, senza fornire alcuna collaborazione e a fronte della non lieve condotta sopra descritta. Peraltro, la pena, sulla quale era stata operata la riduzione per il rito, era partita dal minimo, per cui la stessa era del tutto adeguata alla rilevanza soggettiva e oggettiva del reato.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 25 marzo 2025.