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Lieve entità spaccio: quando è esclusa dalla Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per spaccio. La richiesta di riconoscere l’ipotesi di lieve entità spaccio è stata respinta a causa della quantità e varietà della droga, delle modalità dell’azione e dei precedenti penali specifici del ricorrente, confermando che anche un solo elemento negativo può escludere l’attenuante.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lieve entità spaccio: la parola alla Cassazione

In materia di stupefacenti, la distinzione tra spaccio ‘comune’ e lieve entità spaccio è cruciale, data la notevole differenza di pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i criteri per escludere tale ipotesi più lieve, sottolineando come la valutazione del giudice debba tenere conto di tutti gli indici previsti dalla legge. Analizziamo insieme questa decisione per capire quali elementi possono precludere l’applicazione della fattispecie attenuata.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado alla pena di 2 anni, 2 mesi e 20 giorni di reclusione, oltre a una multa di quasi 6.000 euro, per aver detenuto e ceduto sostanze stupefacenti del tipo hashish e marijuana. La condanna si basava sulla ricostruzione dei fatti, secondo cui l’uomo, appena sceso da un’autovettura, si era diretto verso un masso dove aveva recuperato la droga nascosta per poi cederla a un’altra persona presente con lui in auto.

L’imputato decideva quindi di ricorrere in Cassazione, affidando la sua difesa a due motivi principali: un presunto vizio di motivazione sulla sua responsabilità e il mancato riconoscimento dell’ipotesi di lieve entità spaccio.

I Motivi del Ricorso: Perché non si applica la lieve entità spaccio?

Il ricorrente lamentava, in primo luogo, che la sentenza impugnata non avesse motivato adeguatamente la sua colpevolezza. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto questo motivo inammissibile, in quanto si trattava di una semplice riproposizione di argomenti già esaminati e respinti dai giudici di merito. Questi ultimi, infatti, avevano logicamente argomentato la responsabilità dell’imputato valorizzando il suo comportamento concludente, ritenendo del tutto inverosimile la tesi difensiva del ritrovamento casuale dello stupefacente.

Il secondo e più rilevante motivo di ricorso riguardava il mancato riconoscimento della fattispecie di cui al comma 5 dell’art. 73 del Testo Unico Stupefacenti, ovvero il cosiddetto spaccio di lieve entità. Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile dalla Suprema Corte.

le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha chiarito che i giudici dei gradi precedenti avevano correttamente escluso l’ipotesi lieve sulla base di una valutazione complessiva di diversi parametri oggettivi e soggettivi. In particolare, sono stati considerati decisivi:

1. Il dato ponderale: la quantità di sostanza stupefacente detenuta.
2. La pluralità di sostanze: la presenza contemporanea di droghe di tipo diverso (hashish e marijuana).
3. Le modalità dell’azione: definite ‘particolarmente insidiose’, facendo riferimento alla tecnica di occultamento della droga.
4. I precedenti penali: l’imputato risultava gravato da plurimi precedenti specifici in materia di stupefacenti.

La Cassazione ha ribadito il suo consolidato orientamento, secondo cui la fattispecie di lieve entità spaccio è configurabile solo in casi di ‘minima offensività penale’. Tale minima offensività deve essere deducibile da tutti i parametri indicati dalla norma (mezzi, modalità, circostanze dell’azione, qualità e quantità delle sostanze). Di conseguenza, se anche uno solo di questi indici risulta ‘negativamente assorbente’, ovvero particolarmente grave, come ad esempio la pericolosità del soggetto desunta dai suoi precedenti, ciò è sufficiente a escludere la qualificazione del fatto come di lieve entità.

le conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: la valutazione per il riconoscimento dello spaccio di lieve entità non è automatica ma richiede un’analisi globale e rigorosa. Non basta una quantità di droga non esorbitante se altri elementi, come le modalità organizzate della cessione o i precedenti specifici dell’imputato, indicano una maggiore pericolosità della condotta. Per la difesa, ciò significa che non è sufficiente contestare un solo aspetto (ad esempio, la quantità), ma è necessario dimostrare che l’intera condotta, nel suo complesso, presenti un’offensività minima. Per i giudici, invece, rappresenta un richiamo a motivare in modo approfondito la decisione di escludere l’ipotesi lieve, basandosi su tutti gli indicatori previsti dalla legge.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è inammissibile quando si limita a riproporre le stesse argomentazioni già valutate e respinte dai giudici di merito, senza individuare specifici vizi di legittimità nella sentenza impugnata.

Quali elementi escludono la configurabilità del reato di spaccio di lieve entità?
La decisione chiarisce che il reato di lieve entità può essere escluso in presenza di uno o più indicatori negativi. Nel caso specifico, sono stati determinanti la quantità, la presenza di diverse tipologie di sostanze, le modalità particolarmente insidiose dell’azione e i precedenti penali specifici dell’imputato.

La presenza di precedenti penali specifici influisce sulla qualificazione del fatto come di lieve entità?
Sì, l’ordinanza afferma che i precedenti specifici del ricorrente possono essere un indice ‘negativamente assorbente’ che, insieme ad altri elementi, giustifica l’esclusione della fattispecie di lieve entità, in quanto sintomo di una maggiore pericolosità della condotta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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