Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17974 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17974 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 02/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a NAPOLI il 18/04/1971
avverso la sentenza del 16/09/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Catanzaro in data 16 settembre 2024, che ha confermato la sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro in data 1 febbraio 2024, con cui è stato condannato alla pena di anni 2, mesi 2 e giorni 20 di reclusione, ed euro 5.738,00 di multa, per aver detenuto a fini di cessione, e ceduto, sostanza stupefacente del tipo hashish e marijuana;
rilevato che il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta omessa motivazione quanto all’affermazione di responsabilità, è inammissibile, in quanto mera riproposizione di un profilo di censura già adeguatamente vagliato e disatteso dalla Corte di merito con percorso argomentativo logico e coerente con i dati di fatto riportati: i giudici di merito hanno infatti valorizzato il comportamento tenuto da COGNOME che appena sceso dalla macchina si recava nei pressi del masso dove era occultato lo stupefacente, che recuperava, per poi cedere al COGNOME, che si trovava con lui in auto (p. 2 sentenza ricorsa; pp. 2 e 3 sentenza di primo grado); sicché, contrariamente all’assunto difensivo (p. 1 ricorso), la motivazione esiste ed è esente dai vizi denunciabili in sede di legittimità;
rilevato, inoltre, che i giudici di merito hanno spiegato le ragioni per le qual doveva ritenersi inverosimile la tesi difensiva del ritrovamento casuale del narcotico (pp. 2 e 3 sentenza ricorsa; p. 3 sentenza di primo grado);
considerato che il secondo motivo con cui si lamenta il mancato riconoscimento della ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 9 ottobre 1990, n. 390, è inammissibile, in quanto mera riproposizione di un profilo di censura già adeguatamente vagliato e disatteso dai giudici di merito, i quali hanno valorizzato il dato ponderale, la contemporanea presenza di diverse tipologie di sostanze e le modalità particolarmente insidiose dell’azione posta in essere dal Ponzo, gravato da plurimi precedenti specifici (p. 3 sentenza ricorsa; pp. 3 e 4 sentenza di primo grado);
ritenuto che, in tal modo, i giudici hanno fatto corretta applicazione del consolidato orientamento di legittimità secondo il quale la fattispecie di cui al comma 5 è configurabile «solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dal disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra
considerazione resta priva di incidenza sul giudizio» (Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010,
Rico, Rv. 247911-01; Sez. 3, n. 33103 del 16/04/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n.
33415 del 19/05/2023, COGNOME, Rv. 284984 – 01);
considerato che anche la più recente pronuncia resa dalla Corte di cassazione, nella sua massima composizione (Sez. U, n. 51063 27/09/2018, COGNOME) ha ribadito
che l’accertamento della lieve entità del fatto implica una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli indici sintomati
previsti dalla disposizione;
ritenuto, quanto al terzo motivo di ricorso, con cui si deduce difetto di motivazione quanto al riconoscimento della recidiva, che i giudici di merito hanno
congruamente motivato la decisione, richiamando i precedenti penali, tali da dimostrare la perdurante inclinazione a delinquere e l’indifferenza al rispetto della
legge nonostante le pregresse condanne, segnalando inoltre come la condotta per cui
è processo, lungi dal costituire una occasionale ricaduta nell’illecito, denoti la maggiore pericolosità del ricorrente (p. 3 sentenza ricorsa);
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 2 aprile 2025
Il Presidente