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Lieve entità spaccio: no se c’è pervicacia

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. La Corte ha escluso l’ipotesi di lieve entità spaccio a causa della notevole quantità e varietà della droga, della somma di denaro rinvenuta e della pervicacia dell’imputato, che continuava a spacciare nonostante fosse agli arresti domiciliari per reati simili. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lieve Entità Spaccio: Quando la Pervicacia Esclude l’Attenuante

La qualificazione di un reato di spaccio come fatto di lieve entità spaccio rappresenta un punto cruciale in molti procedimenti penali, potendo portare a una significativa riduzione della pena. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva di diversi fattori. Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ribadisce quali elementi possono escludere tale attenuante, ponendo l’accento sulla pervicacia del reo.

Il Caso in Esame: Spaccio Durante gli Arresti Domiciliari

Il caso analizzato riguarda un individuo condannato dalla Corte d’Appello per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. L’aspetto più rilevante della vicenda è che l’imputato, al momento dei fatti, si trovava già agli arresti domiciliari per reati della stessa natura. Nonostante la misura restrittiva, egli ha continuato la sua attività illecita. Durante il controllo delle forze dell’ordine, è stato accertato il possesso di un quantitativo considerevole di stupefacenti di diversa tipologia e di una notevole somma di denaro in contanti, provento dell’attività di spaccio.

I Motivi del Ricorso e la valutazione sulla Lieve Entità Spaccio

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando due principali vizi della sentenza d’appello:

  1. Il mancato riconoscimento dell’ipotesi di lieve entità spaccio, prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990.
  2. Un vizio di motivazione riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche.

Secondo la difesa, il fatto avrebbe dovuto essere inquadrato in una cornice di minore gravità, ma la Corte Suprema ha respinto tale interpretazione con argomentazioni nette.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile, sulla base di una ricostruzione logica e coerente degli elementi emersi nel processo. I giudici di legittimità hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente valorizzato una serie di indici fattuali che contrastano in modo insanabile con la qualificazione del fatto come di lieve entità.

Significatività del Dato Ponderale e Qualitativo

In primo luogo, è stata sottolineata la significatività del dato ponderale. La quantità di sostanza stupefacente sequestrata era considerevole e di diversa tipologia, un dato che, di per sé, depone per una certa gravità della condotta. A ciò si aggiunge il rinvenimento di una cospicua somma di denaro contante, chiaro indice di un’attività di spaccio ben avviata e non occasionale.

La Pervicacia dell’Azione Criminale

L’elemento decisivo, tuttavia, è stata la pervicacia dell’azione. Il fatto che l’imputato non abbia esitato a proseguire l’attività illecita nonostante fosse già sottoposto agli arresti domiciliari per reati analoghi è stato considerato un sintomo di particolare intensità del dolo e di una spiccata pericolosità sociale. Questa circostanza, secondo la Corte, dimostra una totale indifferenza verso i provvedimenti dell’autorità giudiziaria e una radicata volontà di delinquere, incompatibile con la lieve offensività richiesta per l’applicazione dell’attenuante.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha stabilito che la valutazione sulla lieve entità del fatto non può limitarsi a un mero calcolo quantitativo dello stupefacente, ma deve tenere conto di tutti gli indicatori della condotta, tra cui le modalità dell’azione e la personalità del reo. La persistenza nell’attività criminale, specialmente in violazione di misure cautelari, costituisce un fattore di gravità che può legittimamente portare a escludere l’ipotesi di lieve entità spaccio. Dichiarando inammissibile il ricorso, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, confermando la linea dura verso chi dimostra una particolare ostinazione nel commettere reati.

Quando può essere esclusa l’ipotesi di lieve entità spaccio?
Sulla base della decisione, l’ipotesi di lieve entità può essere esclusa quando la quantità e la tipologia della droga sono considerevoli, viene rinvenuta una notevole somma di denaro e, soprattutto, quando l’imputato dimostra pervicacia, proseguendo l’attività illecita nonostante si trovi già agli arresti domiciliari per reati simili.

Essere agli arresti domiciliari per reati simili influisce sulla valutazione della lieve entità?
Sì, la Corte ha ritenuto tale circostanza un elemento decisivo. Essa dimostra la pervicacia dell’azione e un’intensità del dolo che sono incompatibili con la minore offensività richiesta per il riconoscimento della lieve entità del fatto.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito nell’ordinanza in base all’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente la cui impugnazione è dichiarata inammissibile viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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