Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 515 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 22/11/2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 515 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Do rosario NOMECOGNOME nato a Roma il 13/04/1990
avverso la sentenza del 24/04/2024 della Corte d’appello di Roma
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 24/04/2024 la Corte di appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Roma del 15/09/2023, che in esito a rito contratto aveva condannato NOME COGNOME in ordine al delitto di cui all’articolo 73, comma 1, d.P.R. 309/1990, per avere detenuto all’interno di uno zaino due buste contenenti, l’uno 29 e l’altro 40 involucri di cocaina (del peso di gr. 34 e 45), alla pena di anni 2 e mesi 8 di reclusione ed euro 18.000 di multa, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e la diminuente del rito.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione lamentando violazione dell’articolo 73, comma 5, d. P.R. 309/1990.
2.2. Con un secondo motivo lamenta violazione dell’articolo 131bis e 62 n. 4) cod. pen. e vizio di motivazione.
Il ricorso Ł inammissibile.
Le doglianze costituiscono pedissequa reiterazione di censure già dedotte con l’atto di appello, motivatamente disattese dalla Corte territoriale.
E’ infatti inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa
reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, non massimata e Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217).
Nel caso di specie, a pagina 2, la Corte territoriale precisa che il dato ponderale (79 grammi lordi di cocaina, da cui erano ricavabili 240 dosi singole) e quello qualitativo (tipo di sostanza), le modalità di detenzione (stupefacente già suddiviso in dosi singole a loro volta divise in due buste) e le circostanze del fatto (l’imputato era stato visto scambiare qualcosa con un automobilista), oltre al rinvenimento di denaro in suo possesso, di cui non ha giustificato la provenienza (la contestazione operata nel ricorso appare totalmente aspecifica in quanto non accompagnata dalla allegazione delle relative prove contrarie), consentono di escludere la sussistenza della lieve entità di cui all’articolo 73, comma 5, d.P.R. 309/1990 (e, a maggior ragione, posto che il piø contiene il meno, della causa di non punibilità dell’art. 131bis cod. pen., e dell’articolo 62 n. 4 cod. pen., posto il valore economico della cocaina sequestrata).
Tale motivazione fa buon governo dei principi stabiliti dalle Sezioni Unite della Corte, la quali hanno affermato (Sez. U, Sentenza n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911-01) che la fattispecie in esame Ł configurabile «solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio».
Principio ribadito, dopo l’autonomizzazione della fattispecie, dalle Sezioni semplici (v., ex plurimis , Sez. 3, Sentenza n.23945 del 29/04/2015, COGNOME, Rv. 263651-01).
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 22/11/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME