Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31360 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31360 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BRA il 24/04/2002
avverso la sentenza del 13/02/2025 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
e
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 13 febbraio 2025 la Corte di appello di Torino ha confermato la pronuncia del G.U.P. del Tribunale di Asti del 22 giugno 2023 con cui NOME era stato condannato alla pena di anni uno, mesi sei di reclusione ed euro 3.600,00 di multa in ordine a reati in materia di sostanze stupefacenti e di armi.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con due distinti motivi, violazione di legge e vizio di motivazione: in ordine al mancato riconoscimento dell’ipotesi prevista dall’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990; per omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. In primo luogo manifestamente infondata è l’introduttiva doglianza, tenuto conto dell’orientamento giurisprudenziale per cui il riconoscimento dell’ipotesi della lieve entità richiede un’adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza con riferimento al grado di purezza, in modo da pervenire all’affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offensivi e proporzionalità della pena (cfr. Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271959-01), per cui il giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, e, quindi, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere il riconoscimento dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità (così, tra l tante, Sez. 6, n. 39977 del 19/09/2013, Tayb, Rv. 256610-01).
E’ necessario, cioè, che la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 costituisca l’approdo della valutazione complessiva di tutte le circostanze del fatto rilevanti per stabilire la sua entit alla luce dei criteri normativizzati e che tale percorso valutativo, così ricostruit si rifletta nella motivazione della decisione, dovendo il giudice dimostrare di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta prevalenza eventualmente riservata solo ad alcuni di essi.
Risulta allora che, nel caso di specie, la Corte territoriale, correttamente valutando i dati probatori disponibili, ha offerto una motivazione pienamente adeguata in ordine al disposto diniego del riconoscimento della fattispecie della lieve entità (cfr. p. 3 della sentenza impugnata), essendo stati posti in rilievo alcuni aspetti rivelatori della professionalità con cui l’attività di spaccio veni svolta da parte dell’imputato, perciò negando la ricorrenza della più lieve ipotesi sulla base di elementi cui ha ritenuto di attribuire una rilevanza maggiormente significativa rispetto ad altri ai fini dell’esclusione della minima offensività.
2.2. Del pari inammissibile è la doglianza eccepita con la seconda censura, in quanto proposta con motivo manifestamente infondato, osservato che la motivazione resa dalla Corte di appello (cfr. p. 3) ben rappresenta e giustifica, in punto di diritto, le ragioni per cui il giudice di secondo grado ha ritenuto d negare il riconoscimento del beneficio ex art. 62-bis cod. pen. all’imputato, esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 24 giugno 2025
Il Consigliere estensore
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