Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4516 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4516  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/10/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del G.I.P. del Tribunale di Napoli del 9 maggio 2016, emessa a seguito di giudizio abbreviato, con cui COGNOME NOME era stato condannato alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione ed euro quattromila di multa in relazione ai reati di cui agli artt. 81 e 73 d.P.R. n. 309 del 1990 (detenzione di gr. 33 di hashish).
L’imputato, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per violazione di legge per omessa riqualificazione dei reati nelle corrispondenti fattispecie criminose previste dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990.
3.  Il ricorso è inammissibile.
Con riferimento all’unico motivo di ricorso, va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte (S.U., n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, non massimata sul punto) hanno precisato che, ai fini dell’operazione di qualificazione del fatto, non può essere attribuito agli elementi positivamente indicati nella norma incriminatrice un aprioristico significato negativo assorbente e, quindi, a priori ed in astratto, carattere ostativo alla qualificazione del fatto come di lieve entità, dovendo emergere, come detto, una siffatta conclusione dalla valutazione complessiva dello stesso e dalla riscontrata incapacità degli altri indici selezionati dal comma 5 dell’art. 73 di neutralizzarne la carica negativa. Fra questi indici anche la valenza del dato ponderale, al di fuori dei casi nei quali assume valore preponderante negativo per la sua significatività, deve essere determinata in concreto, al confronto con le altre circostanze del fatto rilevanti.
Al riguardo, la fattispecie autonoma di cui al comma quinto cit. è così configurabile nelle ipotesi di cosiddetto piccolo spaccio, che si caratterizza per una complessiva minore portata dell’attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di merce e di denaro nonché di guadagni limitati e che ricomprende anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia superiore – tenendo conto del valore e della tipologia della sostanza stupefacente a dosi conteggiate a “decine” (Sez. 6, n. 15642 del 27/01/2015, Driouech, Rv. 263068).
E’ stato altresì affermato che, in tema di stupefacenti, la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non può essere ricavata sulla base del solo parametro quantitativo, desunto dal dato statistico relativo alle ronunce rese in un determinato ufficio giudiziario che hanno riconosciuto la minore
gravità del fatto, posto che, per l’accertamento della lieve entità, si deve far riferimento  all’apprezzamento complessivo degli indici che la norma richiama (Sez. 6, n. 7464 del 28/11/2019, dep. 2020, Riccio, Rv. 278615).
In linea coi suesposti principi, la Corte territoriale ha escluso la possibilità riqualificare i reati di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 nell’ipotesi pi lieve di cui al comma quinto dell’art. 73 cit., evidenziando la diversità delle fattispecie criminose contestate rispetto a quelle per le quali era stata compiuta la riqualificazione nei confronti dei coimputati, in quanto si trattava di plurime e costanti cessioni di eroina pari o superiori a gr. 50 in un contesto associativo, nel quale ricopriva un ruolo di vertice.
Per tali ragioni nella sentenza impugnata i reati in questione sono stati logicamente considerati quale espressione di un’attività organizzata – sia pur in modo rudimentale, ma connotata di gravità e non occasionale – di spaccio di stupefacenti da reperire e da diffondere in modo sistematico.
La Corte di merito, pertanto, ha svolto un’analitica valutazione di tutti i parametri richiamati espressamente dall’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli attinenti all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), escludendo con motivazione immune da censure l’ipotesi della lieve entità.
Dall’esauriente apparato argomentativo emergono con evidenza le ragioni dell’impossibilità di considerare le fattispecie di minima offensività.
Il ricorrente sostiene che la Corte di merito non ha comparato il dato quantitativo della droga detenuta con quello ugualmente significativo degli originari coimputati che avevano beneficiato della richiesta derubricazione. Egli, tuttavia, non si confronta col più ampio apparato argomentativo, avendo la Corte partenopea logicamente differenziato la posizione del COGNOME in ragione del ruolo di vertice nell’ambito associativo e dell’entità rilevante delle singole cessioni.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma il 17 gennaio 2024.