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Lieve entità: quando è escluso lo spaccio di droga

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di stupefacenti, il quale chiedeva la riqualificazione del reato nell’ipotesi di lieve entità. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, sottolineando che elementi come il quantitativo significativo di droga, la sua suddivisione in dosi, il rinvenimento di un bilancino di precisione e la disponibilità di un locale per il confezionamento sono incompatibili con la fattispecie di ‘piccolo spaccio’, giustificando così il rigetto della richiesta.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lieve entità nello spaccio: non basta il peso della droga

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini applicativi della fattispecie di lieve entità nel reato di spaccio di sostanze stupefacenti. La pronuncia chiarisce che per escludere l’ipotesi attenuata non è sufficiente considerare solo il peso della droga, ma occorre una valutazione complessiva che tenga conto delle modalità della condotta e degli strumenti utilizzati, indicatori di una certa professionalità nell’attività illecita. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto per il reato di detenzione a fini di spaccio di stupefacenti. La Corte d’Appello, pur riconoscendo le circostanze attenuanti generiche e rideterminando la pena, aveva respinto la richiesta di riqualificare il fatto come reato di lieve entità, previsto dal comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. 309/90. L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione su due punti principali: il mancato riconoscimento della lieve entità e il diniego della sanzione sostitutiva.

La Decisione della Corte e la nozione di lieve entità

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione dei giudici di merito. La decisione si fonda su un’analisi approfondita degli elementi che caratterizzano l’attività di spaccio, andando oltre il semplice dato ponderale della sostanza sequestrata.

L’analisi del primo motivo: perché non è piccolo spaccio

I giudici hanno evidenziato come la configurabilità dell’ipotesi di lieve entità fosse stata correttamente esclusa sulla base di una serie di elementi concreti. Nello specifico, sono stati considerati decisivi:

* Il quantitativo significativo di stupefacente, ritenuto incompatibile con un’ipotesi di ‘piccolo spaccio’.
* Le modalità di presentazione della droga, già suddivisa in dosi pronte per la vendita.
* Il rinvenimento di denaro in banconote di vario taglio.
* La presenza di strumenti per il confezionamento, tra cui un bilancino di precisione.
* La disponibilità da parte dell’imputato di un locale apposito per occultare e preparare la droga.

Questi fattori, valutati nel loro insieme, delineano un quadro di attività organizzata e non occasionale, che esula dalla modesta portata del ‘piccolo spaccio’.

La valutazione del secondo motivo

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo al diniego delle sanzioni sostitutive, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha chiarito che non vi è alcuna contraddizione tra il riconoscimento delle attenuanti generiche e il rigetto delle sanzioni sostitutive, poiché le due valutazioni si basano su presupposti differenti e autonomi.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della motivazione della Corte risiede nel principio secondo cui il grado di offensività della condotta non si misura solo sul peso dello stupefacente. Citando precedenti giurisprudenziali, i giudici hanno ribadito che l’offensività concreta della detenzione a fini di spaccio emerge dal numero di dosi ricavabili e potenzialmente diffusibili sul mercato. Le ipotesi di ‘piccolo spaccio’ si caratterizzano per una modesta entità di dosi, conteggiabili ‘a decine’. Nel caso di specie, l’insieme degli elementi raccolti dimostrava una capacità operativa e una potenzialità di diffusione della droga che superavano ampiamente questa soglia, rendendo impossibile qualificare il fatto come di lieve entità.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso: per ottenere il riconoscimento della lieve entità, non è sufficiente dimostrare che il quantitativo di droga sia contenuto. È necessario che l’intera condotta dell’agente, analizzata in tutti i suoi aspetti (mezzi, modalità, organizzazione), risulti complessivamente di minima offensività. La presenza di strumenti professionali, la suddivisione in dosi e l’uso di luoghi dedicati sono forti indizi che spingono il giudice a escludere l’applicazione della norma di favore, con conseguenze significative sul piano sanzionatorio.

Perché il reato non è stato classificato come di lieve entità?
Perché diversi fattori indicavano un’attività di spaccio organizzata e non occasionale. Tra questi, il quantitativo di droga, la sua suddivisione in dosi, il ritrovamento di un bilancino di precisione, denaro contante e la disponibilità di un locale dedicato al confezionamento, elementi ritenuti incompatibili con la nozione di ‘piccolo spaccio’.

Quali criteri usa il giudice per valutare la lieve entità?
Il giudice non si limita a considerare il peso della sostanza stupefacente. La valutazione è complessiva e include le modalità di presentazione della droga (es. già in dosi), gli strumenti utilizzati (es. bilancini), il denaro rinvenuto e il contesto generale. Un indicatore cruciale è il numero di dosi potenzialmente ricavabili e diffusibili sul mercato.

Il riconoscimento delle attenuanti generiche comporta automaticamente l’applicazione di sanzioni sostitutive?
No. La decisione della Corte chiarisce che la valutazione per concedere le circostanze attenuanti generiche è distinta e autonoma da quella per l’applicazione delle sanzioni sostitutive. Un giudice può, senza cadere in contraddizione, concedere le prime ma negare le seconde sulla base di una valutazione complessiva del fatto e della personalità dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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