Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22972 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22972 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ACERRA il 17/10/2003
avverso la sentenza del 17/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Napoli, ha confermato la sentenza emessa in data 11 aprile 2024 dal gip del Tribunale di Noia che aveva condannato NOME COGNOME alla pena di anni due di reclusione ed euro 6.000 di multa per il reato di cui all’art. 73, co. 4, d.P.R. n.309 del 9 ottobre 1990.
L’imputato ricorre avverso la sentenza della Corte di appello lamentando, con un primo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata riqualificazione della fattispecie contestata nell’ipotesi di lieve entità di cu all’art. 73, co.5 D.P.R. 309/1990; con il secondo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis cod.pen.
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1. Con il primo motivo la difesa riproduce doglianze già ampiamente vagliate e disattese con corrette argomentazioni giuridiche dai giudici di merito (pagg. 3 e ss.). La Corte territoriale ha messo in luce la ingente quantità di stupefacente rinvenuta nella disponibilità di COGNOME (oltre 50 grammi con principio attivo pari al 27,2% da cui era possibile ricavare 563 dosi medie singole) nonché le ulteriori circostanze emerse nel caso concreto (l’ottima qualità della droga, il fatto che al momento della perquisizione l’imputato fosse sottoposto agli arresti domiciliari), quali elementi idonei a ritenere il Nuzzo inserito in una stabile attività di spaccio incompatibile pertanto con l’ipotesi di lieve entità. Infatti, proprio alla lu dell’importante partita di droga sequestrata, i giudici hanno dedotto che l’attività illecita di cessione di stupefacente non potesse configurarsi come ipotesi di piccolo spaccio e che al contrario garantisse all’imputato risorse continue per l’approvvigionamento ed importanti fonti di guadagno (pag.7). La pronuncia è pienamente rispettosa dei canoni interpretativi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, che richiedono, sia per l’applicazione che per l’esclusione dell’art. 73, comma 5, D P R 3 0 9 / 1 9 9 0, di valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti) (cfr. Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME Rv. 274076; Sez. 6, n. 45694 del 28/09/2016, Rv. 268293; Sez. 6, n.27809 del 05/03/2013 Rv. 255856).
3.2. Il secondo motivo attiene al trattamento punitivo benché sorretto da idonea e non illogica motivazione (pag. 8). Sul punto va ricordato che, in tema di circostanze attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché non sia contraddittoria e dia
conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952
del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269). Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, infatti, non è necessario che il giudice prenda in
considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabil dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisiv
comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione
(Sez. 7, Ord. n. 39396 del 27/05/2016, Jebali, Rv. 268475; Sez. 2, n. 3896 del
20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv.
259899; Sez. 2, n. 2285 dell’11/10/2004, dep. 2005, Alba, Rv. 230691).
Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può
limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. peri., quell che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio,
sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (Sez. 2,
23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549). I giudici di secondo grado, facendo corretta applicazione dei principi giurisprudenziali richiamati, hanno escluso nel caso di specie l’applicazione delle circostanze ex art. 62 bis cod.pen., sulla base della gravità del reato (che emerge dal rilevante quantitativo di stupefacente) e della commissione del fatto mentre l’imputato era sottoposto alla misura cautelare degli arresti donniciliari (elemento che comprova l’elevata capacità a delinquere del reo).
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 10 giugno 2025