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Lieve entità: quando è esclusa per spaccio?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. La richiesta di riconoscere l’ipotesi di lieve entità è stata respinta a causa dell’ingente quantitativo di stupefacente (oltre 50 grammi, per 563 dosi) e del fatto che il reato è stato commesso mentre l’imputato si trovava agli arresti domiciliari. Questi elementi, secondo la Corte, indicano un’attività di spaccio stabile e non occasionale, incompatibile con la fattispecie di lieve entità.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio e Lieve Entità: La Cassazione Traccia i Confini

Nel diritto penale in materia di stupefacenti, la distinzione tra lo spaccio ‘comune’ e quello di lieve entità è cruciale, poiché determina conseguenze sanzionatorie molto diverse. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a fare chiarezza sui criteri per escludere tale ipotesi più lieve, sottolineando l’importanza di una valutazione complessiva che tenga conto non solo della quantità di droga, ma anche del contesto in cui il reato viene commesso. Analizziamo insieme la decisione per capire quali elementi sono decisivi per i giudici.

I Fatti del Caso in Esame

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado alla pena di due anni di reclusione e 6.000 euro di multa per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: la mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi di lieve entità, prevista dal comma 5 dell’art. 73 del D.P.R. 309/1990, e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

La Decisione sulla Riqualificazione per Lieve Entità

Il punto centrale del ricorso era la richiesta di considerare il fatto come di lieve entità. Tuttavia, i giudici di merito avevano già respinto questa tesi sulla base di elementi concreti e oggettivi. In particolare, è stato valorizzato l’ingente quantitativo di stupefacente rinvenuto: oltre 50 grammi di sostanza con un principio attivo del 27,2%, dal quale sarebbe stato possibile ricavare ben 563 dosi medie singole. A questo dato quantitativo si aggiungevano altri due fattori determinanti:

1. L’ottima qualità della droga, indice di un’attività non improvvisata.
2. Lo status dell’imputato, che al momento della perquisizione si trovava già agli arresti domiciliari per altri fatti.

Questi elementi, nel loro insieme, hanno portato i giudici a concludere che l’imputato fosse inserito in una stabile attività di spaccio, finalizzata a garantirgli risorse continue e importanti fonti di guadagno, una situazione del tutto incompatibile con la nozione di lieve entità.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione dei giudici di merito. Sul primo motivo, ha ribadito che la valutazione della lieve entità richiede un’analisi di tutti gli elementi indicati dalla norma: sia quelli relativi all’azione (mezzi, modalità, circostanze), sia quelli attinenti all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità dello stupefacente). La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello corretta e logicamente argomentata, poiché l’elevato numero di dosi ricavabili e lo status di detenuto ai domiciliari delineavano un quadro di significativa gravità.

Anche per quanto riguarda il secondo motivo, relativo al diniego delle attenuanti generiche, la Cassazione ha ritenuto la decisione adeguatamente motivata. I giudici di secondo grado avevano correttamente escluso le attenuanti sulla base della gravità del reato (desunta dal quantitativo di droga) e della commissione del fatto mentre l’imputato era già sottoposto a una misura cautelare. Quest’ultima circostanza, in particolare, è stata interpretata come prova di un’elevata capacità a delinquere, rendendo immeritevole la concessione di un trattamento sanzionatorio più mite.

Conclusioni

Questa pronuncia riafferma un principio consolidato nella giurisprudenza: la configurabilità del reato di spaccio di lieve entità non dipende solo dalla bilancia, ma da un giudizio complessivo che abbraccia l’intera condotta e il contesto. Un quantitativo di droga che permette di confezionare centinaia di dosi e la commissione del reato durante una misura restrittiva sono indicatori forti di un’attività criminale strutturata e non occasionale. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, questa ordinanza serve come un chiaro promemoria dei criteri rigorosi che i giudici applicano per distinguere il piccolo spaccio da attività delinquenziali ben più gravi.

Quando può essere esclusa l’ipotesi di spaccio di lieve entità?
L’ipotesi di lieve entità può essere esclusa quando elementi oggettivi, come un ingente quantitativo di stupefacente (nel caso specifico, sufficiente per 563 dosi), la sua alta qualità e le circostanze del fatto, indicano un’attività di spaccio stabile e non occasionale, incompatibile con una minore gravità del reato.

Commettere un reato mentre si è agli arresti domiciliari ha conseguenze sulla valutazione della pena?
Sì, commettere un reato mentre si è sottoposti a una misura cautelare come gli arresti domiciliari è considerato un elemento di particolare gravità. I giudici lo interpretano come prova di un’elevata capacità a delinquere e può portare all’esclusione delle circostanze attenuanti generiche, impedendo una riduzione della pena.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte non esamina il merito del ricorso. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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