Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28711 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28711 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 10/12/1980
avverso la sentenza del 24/10/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 24 ottobre 2024 la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della pronuncia del G.U.P. del locale Tribunale del 12 dicembre 2023, ha rideterminato la pena inflitta a COGNOME NOME nella misura di anni quattro, mesi otto di reclusione ed euro 18.400,00 di multa in ordine ad alcune ipotesi di reato ex art. 73, commi 1 e 4, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con tre distinti motivi: violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’erroneo riconoscimento della sua responsabilità penale per il delitto contestatogli al capo 2); violazione di legge e vizio d motivazione con riguardo all’omessa riqualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990; violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riguardo alla prima censura, deve essere ribadito come esuli dai poteri della Corte di Cassazione quello di una «rilettura» degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207945-01).
La Corte regolatrice ha rilevato che, anche dopo la modifica dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006, n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasta preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, n. 17905 del 23/03/2006, COGNOME, Rv. 234109-01). In sede di legittimità, pertanto, non sono consentite censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, COGNOME, Rv. 244181-01).
Delineato nei superiori termini l’orizzonte del presente scrutinio di legittimità, deve essere osservato, allora, come il ricorrente in realtà invochi, con le indicate doglianze, un’inammissibile considerazione alternativa del compendio
probatorio in atti, e, quindi, una rivisitazione del potere discrezionale riservato a giudice di merito in punto di valutazione della prova, senza confrontarsi, con la dovuta specificità, con l’iter logico-giuridico seguito dalla Corte territoriale sentenza (cfr. pp. 7 e ss.).
2.2. Parimenti inammissibile è la seconda doglianza eccepita da parte del ricorrente, in quanto proposta con motivo manifestamente infondato, tenuto conto dell’orientamento giurisprudenziale per cui il riconoscimento dell’ipotesi della lieve entità richiede un’adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza con riferimento al grado di purezza, in modo da pervenire all’affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offensivi e proporzionalità della pena (cfr. Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271959-01), per cui il giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, e, quindi, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere il riconoscimento dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità (così, tra l tante, Sez. 6, n. 39977 del 19/09/2013, Tayb, Rv. 256610-01).
E’ necessario, cioè, che la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 costituisca l’approdo della valutazione complessiva di tutte le circostanze del fatto rilevanti per stabilire la sua entit alla luce dei criteri normativizzati e che tale percorso valutativo, così ricostruit si rifletta nella motivazione della decisione, dovendo il giudice dimostrare di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta prevalenza eventualmente riservata solo ad alcuni di essi.
Risulta allora che, nel caso di specie, la Corte territoriale, correttamente valutando i dati probatori disponibili, ha offerto una motivazione pienamente adeguata in ordine al disposto diniego del riconoscimento della fattispecie della lieve entità (cfr. pp. 10 della sentenza impugnata), essendo stati posti in rilievo alcuni aspetti rivelatori della professionalità, e non estemporaneità, con cui l’attività di spaccio veniva svolta da parte dell’imputato, perciò negando la ricorrenza della più lieve ipotesi sulla base di elementi cui ha ritenuto di attribuire una rilevanza maggiormente significativa rispetto ad altri ai fin dell’esclusione della minima offensività.
2.3. Inammissibile, infine, è anche l’ultimo motivo di ricorso, osservato che la motivazione resa dalla Corte di appello (cfr. p. 10) ben rappresenta e giustifica, in punto di diritto, le ragioni per cui il giudice di secondo grado
ritenuto di negare all’imputato il riconoscimento del beneficio ex art.
62-bis cod.
pen., esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6,
n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
3. All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00
in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte
Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 10 giugno 2025
Il Consigliere estensore
Il P esi ente