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Lieve entità: quando è esclusa per professionalità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. L’imputato chiedeva l’applicazione dell’ipotesi di lieve entità, ma la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, sottolineando che la presenza di elementi di professionalità e non estemporaneità nell’attività di spaccio è sufficiente per escludere tale beneficio, anche in presenza di altri fattori meno gravi. La valutazione per la lieve entità deve essere complessiva e rigorosa.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lieve Entità: La Professionalità nello Spaccio Esclude il Beneficio

L’applicazione della circostanza attenuante della lieve entità nei reati legati agli stupefacenti è un tema centrale nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la valutazione del giudice deve essere complessiva e rigorosa, e la presenza di elementi che indicano professionalità può essere decisiva per escludere pene più miti. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale di Forlì, confermata successivamente dalla Corte d’Appello di Bologna, per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti. La pena inflitta era di due anni, due mesi e venti giorni di reclusione, oltre a una multa di 6.666,00 euro.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, contestando la sentenza d’appello. L’unico motivo di ricorso si basava sulla presunta illogicità della motivazione con cui i giudici avevano negato l’applicazione dell’ipotesi di reato di lieve entità, prevista dall’articolo 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990.

Il Ricorso e la Valutazione della Lieve Entità

La difesa sosteneva che sussistessero tutti i presupposti per qualificare il fatto come di lieve entità, il che avrebbe comportato una pena significativamente inferiore. Questo speciale regime sanzionatorio è riservato ai casi in cui l’offesa al bene giuridico tutelato (la salute pubblica) è minima, tenendo conto di tutti gli aspetti della condotta criminale.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. La decisione si allinea con un orientamento giurisprudenziale consolidato, che richiede una valutazione globale e approfondita per il riconoscimento della lieve entità.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha ribadito che, per stabilire se un fatto sia di lieve entità, il giudice deve considerare una pluralità di indicatori, come previsto dalla norma. Questi includono:

* I mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione: come è stato commesso il reato?
* La qualità e la quantità delle sostanze: che tipo di droga e in quale quantità?

Il percorso valutativo deve essere completo e riflettersi chiaramente nella motivazione della sentenza. Il giudice ha il dovere di esaminare tutti questi aspetti e spiegare perché alcuni possano essere considerati prevalenti su altri.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato alcuni elementi che rivelavano la professionalità e la non estemporaneità dell’attività di spaccio dell’imputato. Questi aspetti sono stati ritenuti così significativi da prevalere su altri potenzialmente favorevoli all’imputato, portando alla conclusione che l’offensività della condotta non fosse minima.

Il principio chiave, richiamato dalla Cassazione, è che anche un solo elemento negativo può essere sufficiente a escludere il riconoscimento dell’attenuante. Se, ad esempio, la quantità di droga è modesta ma le modalità di spaccio sono organizzate e professionali, il giudice può legittimamente negare la lieve entità. La lesione al bene giuridico protetto, in tal caso, non viene considerata di scarsa importanza.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma la linea dura della giurisprudenza sulla valutazione della lieve entità. Non si tratta di un automatismo basato solo sulla quantità di droga sequestrata, ma di un giudizio complesso che mira a cogliere la reale pericolosità della condotta. L’emergere di indici di professionalità, come una rete di contatti, l’uso di strumenti specifici per il confezionamento o la frequenza delle cessioni, rappresenta un ostacolo quasi insormontabile per ottenere il beneficio. Per gli operatori del diritto, questa decisione sottolinea l’importanza di analizzare e argomentare su tutti gli aspetti della vicenda, poiché la Corte di Cassazione non riesamina i fatti, ma si limita a controllare la coerenza e la logicità della motivazione del giudice di merito.

Quando un reato di spaccio può essere considerato di ‘lieve entità’?
Per riconoscere la lieve entità, il giudice deve compiere una valutazione complessiva di tutti gli elementi normativamente indicati: i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, nonché la quantità e la qualità della sostanza. L’esito di questa valutazione deve portare all’affermazione che l’offensività del fatto e la lesione del bene giuridico protetto sono minime.

Un solo elemento negativo è sufficiente per escludere la lieve entità?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che anche un solo elemento, come ad esempio la modalità professionale dello spaccio, può essere ritenuto dal giudice talmente significativo da escludere il riconoscimento della fattispecie di lieve entità, anche in presenza di altri fattori meno gravi.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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