Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 39357 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 39357 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/11/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
La Corte d’appello di Milano, con la pronuncia di cui in epigrafe, ha confermato la responsabilità di NOME COGNOME e di NOME COGNOME per plurime fattispecie di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990. Con i ricorsi, neg interessi degli imputati, si deduce la violazione di legge e, nell’interesse di NOME COGNOME, anche il vizio cumulativo di motivazione, in merito alla mancata valutazione globale degli elementi concernenti l’azione e inerenti all’oggetto materiale del reato, che invece avrebbero dovuto rilevare ai fini dell’accertamento dell’ipotesi di «lieve entità», non incompatibile con una minima organizzazione dello spaccio e con la pluralità di sostanze oggetto di esso.
I ricorsi sono manifestamente infondati, oltre che in fatto.
Deve preliminarmente ribadirsi che, in riferimento alle condizioni per l’applicabilità dell’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990, a fini della concedibilità o del diniego della fattispecie di lieve entità, il giudi tenuto a complessivamente valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa); potendo comunque ritenersi non configurata l’ipotesi in esame quando anche uno solo di detti elementi porti ad escludere in modo preponderante che la lesione del bene giuridico protetto sia di «lieve entità» (ex plurimis: Sez. 4, n. 20130 del 19/04/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 6, n. 7464 del 28/11/2019, dep. 2020, Riccio, Rv. 27861501). La Corte regolatrice ha in particolare considerato che il riconoscimento del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 richiede un’adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza con riferimento al grado di purezza, in modo da pervenire all’affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offensività e proporzionalità della pena. La configurabilità dell’ipotesi lieve non può essere esclusa sulla base di singoli parametri, quali la diversa tipologia delle sostanze cedute o lo svolgimento non occasionale dell’attività di spaccio, astraendo tali elementi dalla ricostruzione fattuale nell sua interezza, fondata su una razionale analisi riguardante la combinazione di tutte le specifiche circostanze (Sez. 4, n. 17674 del 09/04/2019, COGNOME; Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, dep. 2018, Ferretti, Rv. 271959-01). In argomento si registra altresì l’intervento delle Sezioni Unite per le quali la diversità di sostanz stupefacenti oggetto della condotta non è di per sé ostativa alla configurabilità del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, proprio in quanto l’accertamento della lieve entità del fatto implica una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli indi sintomatici previsti dalla disposizione (Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076-01). La Corte costituzionale, peraltro, con la sentenza n. 40 del 2019, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990, nella parte in cui prevede la pena minima edittale nella misura di otto anni di reclusione anziché di anni sei, si è soffermata sulla fattispecie di cui al comma 5 del citato art. 73, sviluppando considerazioni di certa conducenza ai fini di interesse e sulla base del diritto vivente in materia. Nell’evidenziare l divaricazione di ben quattro anni venutasi a creare tra il minimo edittale di pena previsto dal comma 1 dell’art. 73 cit. il massimo edittale della pena comminata dal comma 5 dello stesso articolo, il Giudice delle leggi ha rilevato che «il costante orientamento della Corte di cassazione è nel senso che la fattispecie di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, può essere riconosciuta solo nella ipotesi Corte di Cassazione – copia non ufficiale
di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione». Le considerazioni che precedono inducono conclusivamente a confermare che, secondo diritto vivente, l’ipotesi di reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n 309 del 1990 risulta qualificata dalla minima offensività penale della condotta e che, al riguardo, il giudice di merito deve procedere a una valutazione complessiva dei parametri indicati dalla citata norma incriminatrice pur potendo, all’esito, uno solo di essi essere ritenuto tale da escludere in modo preponderante che la lesione del bene giuridico protetto sia di «lieve entità» (ex plurimis: Sez. 4, n. 20130/2022, COGNOME, cit.; Sez. 7, n. 39953 del 21/09/2022, COGNOME).
.4. Orbene, la Corte territoriale, con riferimento a entrambi gli imputati, nel confermare la sentenza di primo grado quanto all’insussumibilità delle fattispecie accertate nell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 (ferma restando la riqualificazione del capo E ascritto a COGNOME COGNOME operata in primo grado), ha dato corso a una complessiva valutazione dei termini di fatto della vicenda in esame, in conformità all’indirizzo ora richiamato, giungendo a escludere che la lesione del bene giuridico protetto potesse considerarsi di «lieve entità». Con motivazione non sindacabile in questa sede in quanto coerente e non manifestamente illogica, è stata esclusa la minima offensività penale dei fatti di reato collocando le condotte in una «valutazione globale del fatto» tale da considerare mezzi, modalità e circostanze dell’azione e da ritenerli anche preponderanti rispetto alle quantità delle singole cessioni. Il riferimento è, in particolare, alla pluralità delle cessioni, aventi a oggetto diverse sostanze stupefacenti (cocaina, eroina e hashish, circa la posizione di NOME COGNOME, nonché cocaina ed eroina, circa la posizione di NOME COGNOME), effettuate in favore di più soggetti ed eseguite sostanzialmente con il medesimo modus operandi caratterizzato dall’utilizzo di utenze telefoniche deputate all’organizzazione delle cessioni seriali poi operate all’interno di una piazza di spaccio collocata in un’ampia zona boschiva (ciò tranne che per il capo E ascritto a COGNOME COGNOME, per il quale, difatti è stata ritenuta l’ipotesi di «lieve entità»). Sicché, i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dai ricorrenti, anch laddove dedotti sotto la prospettazione di violazioni di legge, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, con le quali, peraltro previa valutazione atomistica delle accertate circostanze fattuali, si mira a sostituire a quella del giudicante la propria valutazione degli elementi probatori, con conseguente inammissibilità dei ricorsi ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. in quanto deducenti motivi diversi da quelli prospettabili in sede di legittimità, articolandosi in mere doglianze in fatto non scandite dalla necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata (ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
5. Segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché della equa somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.