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Lieve entità: quando è esclusa nello spaccio

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito che negava l’ipotesi di lieve entità a un soggetto trovato in possesso di 101 dosi di cocaina in una nota piazza di spaccio. La Corte ha ritenuto irrilevanti le censure dell’imputato, valorizzando la quantità, la suddivisione della sostanza e la recidività del comportamento nello stesso luogo come elementi sufficienti a escludere la particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lieve entità: la Cassazione chiarisce quando non si applica

L’applicazione della circostanza attenuante della lieve entità nei reati di spaccio di sostanze stupefacenti è spesso al centro di dibattiti giudiziari. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 18753 del 2024, offre importanti chiarimenti sui criteri che portano a escludere questo beneficio. La pronuncia si sofferma su elementi concreti come la quantità di droga, la sua suddivisione in dosi e il contesto in cui avviene il reato, come una nota “piazza di spaccio”. Analizziamo insieme la decisione per comprendere meglio la logica dei giudici.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un individuo condannato per spaccio di stupefacenti. La difesa contestava il mancato riconoscimento dell’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. L’imputato era stato trovato in possesso di un quantitativo consistente di cocaina, già suddivisa in 101 involucri pronti per la vendita al dettaglio.

Un elemento chiave, valorizzato sia dai giudici di merito che dalla Cassazione, era il luogo del fatto: una zona notoriamente conosciuta come “piazza di spaccio”. A rendere la posizione dell’imputato ancora più complessa, vi era la circostanza che pochi mesi prima fosse stato controllato e denunciato per lo stesso reato, nello stesso identico luogo.

La Decisione della Corte e la questione della lieve entità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la valutazione della Corte d’Appello. Secondo gli Ermellini, il ricorso si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in secondo grado, senza muovere una critica specifica e puntuale alle motivazioni della sentenza impugnata.

Inoltre, la Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato nel merito. I giudici hanno sottolineato che la valutazione sulla lieve entità deve essere complessiva e tenere conto di tutti gli indicatori previsti dalla norma: mezzi, modalità e circostanze dell’azione, nonché quantità e qualità delle sostanze. Nel caso di specie, la combinazione di questi elementi non lasciava spazio a dubbi.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha spiegato in modo dettagliato perché gli elementi raccolti erano sufficienti a escludere la particolare tenuità del fatto. I punti centrali della motivazione sono i seguenti:

1. Quantità e Suddivisione: Il possesso di 101 dosi singole di cocaina è stato considerato un indicatore non di un’attività marginale, ma di un commercio al dettaglio ben avviato e strutturato.
2. Contesto Ambientale: La presenza dell’imputato in una nota “piazza di spaccio” non è stata vista come una coincidenza, ma come un elemento che qualifica la sua condotta. Questo dato, secondo la Corte, non si basa su una mera “notorietà”, ma su elementi oggettivi, come il fatto che i servizi di polizia fossero finalizzati proprio alla repressione dello spaccio in quella specifica area.
3. Precedente Specifico: Il fatto che l’imputato fosse stato colto pochi mesi prima nello stesso luogo per il medesimo reato è stato interpretato come una prova della sua persistenza nell’attività illecita e del suo inserimento in quel determinato mercato.
4. Qualità della Sostanza: L’elevato principio attivo della cocaina sequestrata ha ulteriormente contribuito a delineare un quadro di non marginalità dell’attività criminosa.

In sostanza, la Corte ha ribadito che la valutazione del giudice non può essere frammentaria, ma deve considerare l’insieme di questi fattori, che nel loro complesso disegnavano un profilo di offensività tutt’altro che lieve.

Le conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione rafforza un principio consolidato: per ottenere il riconoscimento della lieve entità, non basta che uno solo degli indici (ad esempio, la quantità) sia di modesta portata. È necessaria una valutazione globale che dimostri una minima offensività del fatto nel suo complesso. La presenza in una piazza di spaccio, la suddivisione in dosi e precedenti specifici sono elementi che, uniti, possono legittimamente portare il giudice a escludere l’applicazione dell’attenuante, delineando un’attività di spaccio che, seppur al dettaglio, si inserisce in un contesto organizzato e non occasionale.

Quando può essere esclusa l’attenuante della lieve entità nello spaccio di droga?
L’attenuante può essere esclusa quando la valutazione complessiva del fatto, basata su mezzi, modalità dell’azione, quantità, qualità e purezza della sostanza, indica un’offensività non minima. La presenza in una nota “piazza di spaccio” e precedenti specifici sono considerati elementi rilevanti.

Essere sorpresi in una ‘piazza di spaccio’ influisce sulla valutazione della lieve entità?
Sì, secondo la Corte, essere colti in un’area nota per lo spaccio è una circostanza significativa che contribuisce a escludere la lieve entità, specialmente se l’imputato è stato precedentemente fermato nello stesso luogo per lo stesso reato, poiché indica un inserimento nel mercato illecito.

La suddivisione della sostanza in singole dosi è rilevante?
Sì, la suddivisione di un quantitativo di droga in numerose dosi singole (nel caso di specie, 101) è considerata un forte indizio di un’attività destinata al commercio al dettaglio e non a un fatto occasionale, pesando quindi negativamente sulla possibilità di riconoscere la lieve entità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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