Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3133 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3133 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 03/02/1989
avverso la sentenza del 30/11/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 30 novembre 2023 la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della appellata pronuncia del G.U.P. del Tribunale di Napoli, ha rideterminato la pena inflitta ad COGNOME Vincenzo nella misura di anni quattro di reclusione ed euro 18.000,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 1, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con due distinti motivi: violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’omessa riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990; violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata esclusione della recidiva.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riguardo alla prima censura, deve tenersi conto dell’orientamento giurisprudenziale per cui il riconoscimento dell’ipotesi della lieve entità richiede un’adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza con riferimento al grado di purezza, in modo da pervenire all’affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offensività e proporzionalità del pena (cfr. Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271959-01), per cui il giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, e, quindi, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere il riconoscimento dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità (così, tra le tante, Sez. n. 39977 del 19/09/2013, Tayb, Rv. 256610-01).
E’ necessario, cioè, che la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 costituisca l’approdo della valutazione complessiva di tutte le circostanze del fatto rilevanti per stabilire la sua enti alla luce dei criteri normativizzati e che tale percorso valutativo, così ricostruito si rifletta nella motivazione della decisione, dovendo il giudice dimostrare di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta prevalenza eventualmente riservata solo ad alcuni di essi.
Risulta allora che, nel caso di specie, la Corte territoriale, correttamente valutando i plurimi e variegati dati probatori disponibili, ha offerto un
motivazione pienamente adeguata in ordine al disposto diniego del riconoscimento della fattispecie della lieve entità (cfr. pp. 4 e s. della sentenza impugnata), essendo stati posti in rilievo alcuni aspetti rivelatori dell professionalità con cui l’attività di spaccio veniva svolta da parte dell’imputato perciò negando la ricorrenza della più lieve ipotesi sulla base di elementi cui ha ritenuto di attribuire una rilevanza maggiormente significativa rispetto ad altri ai fini dell’esclusione della minima offensività.
2.2. Parimenti inammissibile, poi, è la seconda doglianza eccepita da parte del ricorrente, essendo essa priva di adeguato confronto con le argomentazioni poste a sostegno della decisione impugnata (cfr. pag. 5). Quest’ultima, infatti, appare lineare e congrua, oltre che priva di contraddizioni evidenti, e quindi inidonea ad essere sottoposta al sindacato di legittimità.
Essa si conforma, in particolare, ai principi che regolano il fondamento degli aumenti di pena previsti a carico del condannato, non essendosi limitata a dedurre la pericolosità sociale del prevenuto dal mero fatto descrittivo dell’esistenza di precedenti specifici, ma che ha in concreto esaminato, sulla scorta dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fat cui si procede e le precedenti condanne,’ in particolare verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato (così, tra le tante, Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, COGNOME, Rv. 270419-01; ma cfr. anche, in termini conformi, Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, P.G., COGNOME, Rv. 247838-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 18 settembre 2024
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