Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14602 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14602 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANZARO il 04/08/1989
avverso la sentenza del 04/04/2022 del TRIBUNALE di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza resa in data 4.4.2022, il Tribunale di Catanzaro ha condannato COGNOME NOME, all’esito di un giudizio abbreviato, alla pena di 700 euro di ammenda per il reato di cui all’art. 4 L. n. 110 del 1975, previo riconoscimento della circostanza attenuante di cui al comma 3 della medesima disposizione di legge.
Avverso la predetta sentenza, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso, articolandolo in quattro motivi.
Con il primo motivo, deduce un vizio di motivazione, lamentando che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto la sussistenza dell’elemento psicologico del reato.
Con il secondo motivo, deduce la violazione dell’art. 131-bis cod. pen. e la carenza/contraddittorietà della motivazione della sentenza, che ha escluso l’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, pur avendo il Tribunale riconosciuto l’attenuante della lieve entità del fatto.
Con il terzo motivo, censura la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, nonostante la ricostruzione del fatto in termini di lieve entità e il positivo contegno processuale dell’imputato, nonché della sospensione condizionale della pena, nonostante i suoi precedenti penali fossero risalenti nel tempo.
Con il quarto motivo, eccepisce la intervenuta prescrizione del reato già al momento della emissione della sentenza impugnata.
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
3.1 Il primo motivo non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha espressamente dato atto degli elementi di fatto (mancata giustificazione del possesso dell’arma nell’immediatezza, atteggiamento dell’imputato al momento del controllo di polizia giudiziaria, inverosimiglianza della giustificazione addotta successivamente e solo per iscritto) in base ai quali ha ritenuto integrato l’elemento psicologico della contravvenzione contestata giustificazione dell’imputato.
Sotto questo profilo, pertanto, il ricorso si limita a proporre la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, attività entrambe precluse, tuttavia, al giudice di legittimità (Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 – 01).
3.2 n secondo motivo è generico.
È stato già condivisibilmente affermato che la causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen. non può essere confusa con le ipotesi di “lieve” entità del fatto che attenuano il reato, senza escluderne l’offensività (Sez. 3, n. 17184 del 14/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266754 – 01): si tratta di concetti non sovrapponibili che collocano la non punibilità per particolare tenuità del fatto nella angusta area compresa tra la totale inoffensività della condotta e il reato attenuato dalla lieve entità del fatto.
Con specifico riferimento, poi, alla fattispecie di porto di oggetti atti ad offendere di cui all’art. 4, comma 3, della legge 18 aprile 1975, n. 110, questa Corte ha già avuto modo di considerare che, nella costruzione normativa, il fatto di particolare tenuità ha minore rilevanza offensiva rispetto al fatto di lieve entità astrattamente integrante violazione della stessa norma incriminatrice, e per questo al riconoscimento della prima qualità fa seguito il radicale effetto della non punibilità, mentre al riconoscimento della seconda fa seguito soltanto l’attenuazione della pena. Può quindi accadere che la rilevanza penale del porto fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa di un oggetto atto ad offendere non sia così trascurabile da renderlo penalmente irrilevante come fatto di particolare tenuità, ma sia al tempo stesso limitata, in modo tale da consentire la sua qualificazione come fatto di lieve entità: con la conseguenza della conciliabilità, sul piano logico, della negazione della particolare tenuità di un fatto e dell’affermazione della sua lieve entità (Sez. 1, n. 51261 del 7/3/2017, P.g. in proc. COGNOME, Rv. 271262 – 01, spec. in motivazione).
Nel caso di specie, il ricorso, su questo punto, si limita ad una generica critica della sentenza impugnata e, anzi, tende a far coincidere inammissibilmente i due istituti.
3.3. Il terzo motivo è egualmente generico.
Deve premettersi che non esiste contraddizione tra il diniego delle attenuanti generiche e la concessione della circostanza attenuante speciale, in quanto si tratta di attenuanti autonome che si basano su differenti elementi caratterizzanti. Mentre la circostanza speciale fa riferimento alla lieve entità del fatto correlata evidentemente alla qualità e quantità delle armi, le generiche sono affidate al potere discrezionale del giudice di merito, al fine di adeguare la pena alla concreta entità del fatto ed alla personalità del reo (cfr. per esempio, Sez. 1, n. 1161 del 9/12/2003, dep. 2004, Rv. 227106 – 01).
Ciò detto, il ricorso, per contrastare sul punto la decisione impugnata, deduce in modo del tutto generico gli elementi favorevoli che dovrebbero giustificare la concessione delle attenuanti generiche, in quanto li individua nella “ricostruzione del fatto operata dal giudice” e nel “contegno processuale dell’imputato”, ma senza
4, in alcun modo specificare a quali aspetti della vicenda si riferisca (l’unico che depone in senso favorevole all’imputato sarebbe la lieve entità di cui al comma terzo dell’art. 4 L. n. 110 del 1975, di cui si è però già detto che non comporti affatto la automatica concessione anche delle circostanze ex art. 62-bis cod. pen.) e quale comportamento di Canino possa essere valorizzato in tal senso (risultando, invece, dal testo della sentenza che la sua versione, resa al di fuori di ogni contraddittorio, non sia stata considerata credibile).
Parimenti, non sussiste incompatibilità fra il diniego della sospensione condizionale della pena e la concessione dell’attenuante del fatto di lieve entità per i delitti concernenti le armi, giacché la applicazione di tale attenuante non è condizionata alla presunzione che l’imputato si asterrà dal commettere altri reati, ma esclusivamente alla qualità e quantità delle armi (Sez. 1, n. 9835 dell’1/6/1983, Rv. 161306).
Peraltro, nel caso di specie la sentenza impugnata fa riferimento, nell’escludere il riconoscimento della sospensione condizionale della pena, agli “esiti del certificato del casellario in atti”, circostanza – questa – che il ricorso no contesta, se non per sostenere, ma senza alcun carattere di decisività, che si tratti di precedenti assai datati.
3.4. il quarto motivo si fonda su un dato di fatto che non trova riscontro negli atti processuali.
Dal capo di imputazione, risulta che il reato sia stato commesso 1’8.5.2019, ma il ricorso afferma che la data del commesso reato deve essere individuata in quella dell’8.5.2015, senza tuttavia eccepire l’eventuale errore contenuto nella formale contestazione e, dunque, senza prospettare le ragioni per le quali la data dovrebbe individuata in quella – diversa – indicata nell’atto di impugnazione.
Peraltro, non risulta che il difensore dell’imputato, in sede di conclusioni dinanzi al Tribunale, abbia mai invocato la pronuncia di improcedibilità del reato, benché la prescrizione – secondo la sua prospettazione ultima – fosse maturata ormai da quasi due anni.
Ne consegue che i termini di prescrizione del reato commesso 1’8.5.2019 non potevano in alcun modo ritenersi decorsi il 22.4.2022, con la conseguenza che anche questo motivo deve considerarsi inammissibile, in quanto muove alla sentenza impugnata censure palesemente contrastate dagli atti processuali (cfr. Sez. 2, n. 17281 dell’8/1/2019, Rv. 276916 – 01).
Per quanto fin qui osservato, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16.1.2025