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Lieve entità nello spaccio: i criteri della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due individui condannati per spaccio di sostanze stupefacenti. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito di escludere l’ipotesi di reato di lieve entità, valorizzando elementi come l’organizzazione dell’attività, la qualità elevata della sostanza (cocaina con principio attivo fino al 90%) e la fidelizzazione della clientela. Secondo la Suprema Corte, tali elementi indicano una professionalità nel traffico che è incompatibile con la fattispecie della lieve entità.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lieve Entità nello Spaccio: Quando l’Organizzazione Esclude il Fatto Minore

La qualificazione di un fatto di spaccio come di lieve entità rappresenta uno snodo cruciale nel diritto penale degli stupefacenti, capace di modificare significativamente il quadro sanzionatorio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna sull’argomento, delineando con chiarezza i confini tra un episodio di minima offensività e un’attività criminale strutturata. La Suprema Corte ha stabilito che un’attività di spaccio organizzata, seppur con modalità rudimentali, e la cessione di droga di elevata purezza sono elementi sufficienti a escludere l’applicazione dell’attenuante.

La Vicenda Processuale

Il caso esaminato dalla Corte riguardava due individui condannati in appello per spaccio continuato di cocaina. Gli imputati avevano presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la loro condotta dovesse essere ricondotta all’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. Secondo la loro difesa, l’attività non presentava le caratteristiche di gravità necessarie per giustificare la condanna inflitta nei gradi di merito. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva già respinto questa tesi, evidenziando come lo spaccio avvenisse in una nota piazza, con una precisa suddivisione di ruoli tra vedetta, collaboratore e cassiere, e riguardasse cocaina di notevole qualità (con principio attivo tra l’88% e il 90%).

I Criteri di Valutazione della Lieve Entità

La Cassazione, nel dichiarare i ricorsi inammissibili, ha ribadito il proprio orientamento consolidato. La configurabilità del delitto di lieve entità richiede una valutazione complessiva del fatto, che tenga conto di tutti gli indicatori previsti dalla norma: i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, nonché la quantità e qualità delle sostanze. Non è sufficiente considerare un solo parametro isolatamente, ma è necessaria una visione d’insieme per stabilire il reale disvalore penale della condotta.

I giudici di legittimità hanno sottolineato come i ricorrenti, nel loro appello, non stessero contestando un’errata applicazione della legge, bensì la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, attività che sono di competenza esclusiva del giudice di merito e non possono essere riesaminate in sede di Cassazione.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della motivazione della Suprema Corte risiede nella valorizzazione di due elementi chiave: l’organizzazione e la qualità della droga. Secondo i giudici, l’attività degli imputati, seppur basata su una struttura organizzativa ‘rudimentale’, era comunque collaudata e funzionale a garantire la reiterazione delle cessioni a un numero non esiguo di clienti ‘fidelizzati’. Questa modalità operativa, con una precisa suddivisione dei compiti, denota un livello di professionalità nel traffico che mal si concilia con l’occasionalità e la scarsa offensività tipiche del fatto di lieve entità.

Inoltre, l’elevato grado di purezza della cocaina sequestrata (88-90%) è stato ritenuto un indice decisivo della pericolosità della condotta. Un principio attivo così alto non solo aumenta i profitti, ma permette anche di ricavare un numero molto elevato di dosi, amplificando il danno alla salute pubblica. La Corte ha richiamato un precedente in cui, a fronte di una purezza del 55,65%, si era già esclusa la lieve entità, a maggior ragione una purezza quasi doppia non poteva che condurre alla medesima conclusione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che la valutazione della lieve entità non è un mero esercizio aritmetico basato sulla quantità di droga, ma un’analisi qualitativa dell’intera condotta criminale. La presenza di un’organizzazione stabile, anche se semplice, e la commercializzazione di sostanze di alta qualità sono indicatori di una pericolosità sociale che impedisce di qualificare il fatto come di minima offensività. Questa pronuncia offre un ulteriore strumento interpretativo per gli operatori del diritto, ribadendo che la professionalità e la capacità di incidere sul mercato degli stupefacenti sono fattori determinanti per escludere l’applicazione della più mite fattispecie prevista dalla legge.

Quando può essere esclusa l’ipotesi di spaccio di lieve entità?
L’ipotesi di lieve entità viene esclusa quando l’attività di spaccio, pur con modalità organizzative rudimentali, dimostra un certo livello di professionalità, è reiterata nel tempo, si rivolge a un numero non esiguo di clienti e ha ad oggetto sostanze stupefacenti di elevata qualità e purezza.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti, come l’organizzazione dello spaccio?
No, la Corte di Cassazione si occupa del giudizio di legittimità, che si concentra sulla corretta applicazione delle norme di diritto. La ricostruzione dei fatti, la valutazione delle prove e l’apprezzamento del materiale probatorio sono di esclusiva competenza del giudice di merito (tribunale e corte d’appello).

Quali elementi sono stati considerati decisivi in questo caso per negare la lieve entità?
Gli elementi decisivi sono stati: 1) la collaudata attività di spaccio in una nota piazza; 2) la suddivisione organizzata dei ruoli (vedetta, collaboratore, cassiere); 3) la notevole qualità della cocaina (principio attivo dell’88-90%); 4) la presenza di un numero non esiguo di clienti ‘fidelizzati’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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