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Lieve entità: i criteri per la valutazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di sostanze stupefacenti, il quale chiedeva la riqualificazione del reato nell’ipotesi di lieve entità. La Corte ha ribadito che per tale valutazione non è sufficiente considerare solo il peso della sostanza, ma è necessario un esame complessivo che includa il principio attivo, il numero di dosi ricavabili (in questo caso 547) e le modalità della condotta, come lo spaccio in luogo pubblico. La decisione conferma un orientamento consolidato, sottolineando che una condotta con tali caratteristiche non può essere considerata di minima offensività.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lieve Entità: Non Basta la Quantità, la Cassazione Spiega i Criteri

L’applicazione dell’ipotesi di lieve entità nel reato di spaccio di sostanze stupefacenti è un tema centrale nel diritto penale, spesso oggetto di dibattito nelle aule di giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sui criteri da adottare per la sua valutazione, confermando che il solo peso della sostanza non è sufficiente. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere meglio i principi applicati dai giudici.

Il Caso in Analisi: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione

Il caso riguarda un individuo condannato in primo grado e in appello alla pena di 2 anni e 8 mesi di reclusione e 12.000 euro di multa per il reato previsto dall’art. 73 del D.P.R. 309/1990. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali: in primo luogo, chiedeva la riqualificazione del fatto nell’ipotesi di lieve entità (art. 73, comma 5); in secondo luogo, contestava l’affermazione di responsabilità e l’eccessività della pena inflitta.

La Valutazione sulla Lieve Entità: Oltre il Peso Ponderale

La Corte di Cassazione ha ritenuto il primo motivo del ricorso inammissibile, in quanto mera riproposizione di censure già esaminate e correttamente respinte dai giudici di merito. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire i canoni interpretativi consolidati per il riconoscimento della lieve entità.

La valutazione deve essere globale e tenere conto di tutti gli elementi indicati dalla norma, che includono:

* Parametri relativi all’azione: i mezzi, le modalità e le circostanze della condotta.
* Parametri relativi all’oggetto: la quantità e la qualità delle sostanze stupefacenti.

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il grado di offensività della detenzione a fini di spaccio non dipende solo dal peso complessivo, ma è rivelato in concreto dal principio attivo e dal numero di dosi potenzialmente ricavabili. Nel caso specifico, la sostanza sequestrata permetteva di ricavare ben 547 dosi medie singole, con un principio attivo del 99%. A ciò si aggiungeva la modalità della condotta, che si svolgeva in un luogo aperto al pubblico. Questi elementi, nel loro insieme, delineano un quadro di pericolosità sociale che esclude la possibilità di qualificare il fatto come di lieve entità.

Il Numero di Dosi come Indice di Gravità

La giurisprudenza citata dalla Corte chiarisce che le ipotesi di “piccolo spaccio” sono caratterizzate da una modesta entità di dosi, conteggiabili “a decine”. Un numero così elevato come quello del caso in esame (oltre 500 dosi) è intrinsecamente incompatibile con la minima offensività richiesta per l’applicazione dell’attenuante.

La Questione della Pena e la Motivazione del Giudice

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo all’eccessività della sanzione, è stato respinto. La Corte ha osservato che la pena inflitta era pari al minimo edittale, ulteriormente diminuito per la scelta del rito abbreviato. La giurisprudenza è costante nell’affermare che non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata quando il giudice si attiene al minimo previsto dalla legge, poiché tale scelta rappresenta già il trattamento più favorevole possibile. Una spiegazione più analitica sarebbe richiesta solo nel caso di una pena significativamente superiore alla media edittale.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su un’interpretazione rigorosa e sistematica dell’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90. La valutazione della lieve entità non può essere frammentaria o limitata a un singolo aspetto, come il peso lordo della sostanza. È un giudizio complessivo sulla condotta, che deve considerare tutti gli indici di offensività previsti dal legislatore. Il numero di dosi ricavabili e la purezza della sostanza sono indicatori cruciali della potenziale diffusione sul mercato e, di conseguenza, della gravità del reato. La Corte ha inoltre dichiarato il ricorso inammissibile perché le argomentazioni del ricorrente erano ripetitive e non introducevano nuovi profili di illegittimità rispetto a quanto già deciso, in modo corretto e ben motivato, nei gradi di merito.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: per ottenere il riconoscimento della lieve entità, non basta dimostrare una quantità modesta di stupefacente. È necessario che l’intera condotta, analizzata in ogni suo aspetto (modalità, contesto, qualità della sostanza), appaia come minimamente offensiva. La decisione serve da monito per la difesa, sottolineando che un ricorso basato sulla sola rivalutazione del dato ponderale, senza contestare specificamente la valutazione complessiva operata dai giudici di merito, ha scarse probabilità di successo in Cassazione. La pena fissata al minimo edittale, infine, non richiede una particolare motivazione da parte del giudice, essendo di per sé la scelta più benevola consentita dalla legge.

Quando un fatto di spaccio può essere considerato di lieve entità?
Un fatto di spaccio può essere considerato di lieve entità non solo in base alla quantità della sostanza, ma attraverso una valutazione complessiva che include i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, la qualità della sostanza, la percentuale di principio attivo e il numero di dosi potenzialmente ricavabili. Tutti questi elementi devono indicare una minima offensività della condotta.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti erano una semplice riproduzione di argomenti già adeguatamente esaminati e respinti con corrette motivazioni giuridiche dai giudici dei precedenti gradi di giudizio, senza sollevare nuove e valide questioni di legittimità.

È necessaria una motivazione dettagliata per la pena se questa è fissata al minimo previsto dalla legge?
No, secondo la Corte non è necessaria una motivazione particolarmente dettagliata quando la pena è determinata in misura pari o inferiore al minimo edittale (ad esempio, a seguito della riduzione per un rito alternativo), poiché questa rappresenta già la sanzione più favorevole per l’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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