Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29061 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29061 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 22/01/1973
avverso la sentenza del 16/12/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la sentenza emessa in data 12 luglio 2023 dal Tribunale di Teramo che aveva condannato COGNOME alla pena di anni 2, mesi 8 di reclusione e C 12.000 di multa per il reato di cui all’art. 73 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
L’imputato ricorre avverso la sentenza della Corte di appello lamentando, con il primo motivo, vizio di motivazione per la mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi di lieve entità di cui all’art. 73, co.5 D.P.R. 309/90; con il second motivo, vizio di motivazione in ordine alla affermazione di responsabilità nonché in riferimento alla eccessività del trattamento sanzionatorio.
Il primo motivo è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corrette argomentazioni giuridiche dai giudici di merito (pag. 3 e 4). La pronuncia è infatti pienamente rispettosa dei canoni interpretativi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, che richiedono, GLYPH per l’applicazione dell’art. 73, comma 5, D. P. R. 3 0 9 / 1 9 9 0, di valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti) (cfr. Sez. 6, n. 45694 del 28/09/2016,Rv. 268293;Sez. 6, n. 27809 del 05/03/20 13 Rv. 255856;Sez. U – n. 51063 del 27/09/2018,COGNOME,Rv. 274076). Deve in proposito rilevarsi che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, al di là del peso ponderale, il grado di offensività della condotta di detenzione a fini di spaccio può essere rivelato in concreto dal dato del principio attivo e del numero delle dosi ricavabili e potenzialmente da diffondere GLYPH sul GLYPH mercato
(Sez. 4, n. 24509 del 09/05/2018,Rv. 272942;Sez. 4 – , Sentenza n. 50257 del 05/10/2023, Scorcia, Rv. 285706); e che le ipotesi di cd. “piccolo spaccio” si caratterizzano proprio per la modesta entità delle dosi divulgabili, detenute come provvista per la vendita, che devono essere conteggiabili “a decine” (Sez. 6, n.15642 del 15 aprile 2015, Driouech, Rv 263068). La Corte di merito ha svolto un’analitica valutazione dei parametri richiamati dalla disposizione di cui all’art. 73, co.5, D.P.R. 309/90, motivando il mancato riconoscimento dell’ipotesi di lieve entità, oltre che sulla base del numero di dosi medie singole ricavabili (547) e del principio attivo della sostanza (99%), anche alla luce delle modalità della condotta, che si svolgeva in luogo aperto al pubblico, era
idonea a rivelare una consolidata attività di spaccio dell’imputato, tale pertanto da escludere la tenuità dell’offesa.
4. Manifestamente infondato è il secondo motivo. La Corte territoriale ha correttamente ritenuto che la sostanza sequestrata fosse riconducibile al
Magrypi in quanto era stata rinvenuta nell’esercizio commerciale dal medesimo gestito ed in luoghi che non erano accessibili al pubblico (nel
dispenser tovaglioli erano stati rinvenuti grammi 5,29 e nella parte interna del bancone grammi 95). Quanto al trattamento sanzionatorio, la motivazione
della Corte è logica e congruamente argomentata. Va ricordato che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni
previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo
di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art
133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o
“congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (cfr. Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017; Rv. 271243; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Rv. 256197). La Corte considera inoltre che la pena era stata determinata in misura pari al minimo edittale ( ossia il minimo edittale ulteriormente diminuito per la riduzione del rito). Non è dunque necessaria un’argomentazione più dettagliata da parte del giudice ( ex multis, Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, Rignanese, Rv. 267949).
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma in data 8 luglio 2025.