Lieve Entità nel Porto d’Armi: Quando i Precedenti Penali Fanno la Differenza
L’applicazione della causa di non punibilità per lieve entità del fatto rappresenta un tema di grande interesse nel diritto penale, poiché consente di escludere la sanzione per reati considerati di minima offensività. Tuttavia, la sua concessione non è automatica. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce i criteri per la sua esclusione, sottolineando il peso determinante dei precedenti penali e delle circostanze specifiche del reato, in particolare nel contesto del porto abusivo di armi.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro una sentenza della Corte d’Appello di Palermo. L’uomo era stato condannato per il reato di porto abusivo di un coltello a serramanico con una lama di sette centimetri. La difesa aveva basato il ricorso per Cassazione sull’unico motivo della richiesta di applicazione della non punibilità per lieve entità, sostenendo che il fatto non presentasse un grado di pericolosità tale da meritare una condanna penale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno rilevato che il motivo di appello non era conforme ai requisiti di legge, in quanto si limitava a riproporre le stesse censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza un necessario e critico confronto con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata. In sostanza, il ricorso mancava di quella specificità necessaria per poter essere esaminato nel merito.
Le Motivazioni: L’esclusione della lieve entità
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha confermato la correttezza della sentenza d’appello nell’escludere la lieve entità. I giudici hanno sottolineato come la valutazione debba tenere conto di tutti gli elementi del caso, come previsto dall’art. 4, comma 3, della legge n. 110 del 1973. Nel caso specifico, due fattori sono risultati decisivi:
1. La personalità del reo: L’imputato presentava numerosi precedenti penali, anche specifici per reati della stessa natura. Questo elemento è stato considerato un indicatore di una personalità incline a delinquere e, pertanto, incompatibile con il riconoscimento di una minima offensività del fatto.
2. Le caratteristiche dell’arma: Nonostante la lama non fosse di dimensioni eccezionali (7 cm), si trattava di un coltello a serramanico, uno strumento intrinsecamente idoneo a offendere e a causare danni significativi. La natura dell’arma è stata quindi un elemento oggettivo che ha pesato negativamente nella valutazione complessiva.
La Corte ha ribadito un principio consolidato: la valutazione della lieve entità non può essere frammentaria, ma deve essere globale e comprendere sia le modalità del fatto sia la personalità di chi lo ha commesso. La presenza di precedenti penali, specialmente se reiterati e specifici, è un forte indice contrario alla concessione del beneficio.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre un importante spunto di riflessione. Conferma che l’istituto della non punibilità per lieve entità non è un automatismo, ma il risultato di un’attenta ponderazione da parte del giudice. Questa decisione riafferma che un passato criminale ha un peso significativo nel giudizio sulla gravità attuale di un reato. Per i cittadini, il messaggio è chiaro: la commissione ripetuta di illeciti, anche se di per sé non gravissimi, preclude la possibilità di beneficiare di trattamenti sanzionatori più favorevoli, poiché dimostra un’abitualità nel violare la legge che il sistema giudiziario non può ignorare.
Quando può essere esclusa la causa di non punibilità per lieve entità nel porto d’armi?
Può essere esclusa quando il giudice, valutando tutte le circostanze, rileva elementi che contrastano con una minima offensività del fatto. Come nel caso di specie, la presenza di numerosi precedenti penali, anche specifici, e le caratteristiche dell’arma (come un coltello a serramanico) sono considerati fattori decisivi per negare il beneficio.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile se non rispetta i requisiti di legge. Ad esempio, quando è privo di un confronto critico con le motivazioni della sentenza impugnata e si limita a riproporre argomenti già esaminati e respinti nei precedenti gradi di giudizio.
Quali sono le conseguenze di una dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26996 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26996 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
TITONE NOME nato a MARSALA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/11/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso proposto da NOME COGNOME e la sentenza impugnata.
Rilevato l’unico motivo dedotto non rientra tra quelli consentiti perché del tutto privo dal necessario confronto critico con le argomentazioni spese dalla Corte territoriale, risolvendosi nel riprodurre i profili di censura qià adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giudici dal giudice di merito.
In particolare, la sentenza impugnata ha correttamente escluso la configurabilità della ipotesi della lieve entità di cui all’art. 4, comma 3, legge 110 del 1973, tenendo conto di tutte le modalità del fatto e della personalità del reo, valorizzando i numerosi precedenti penali, anche specifici, e le caratteristiche del coltello a serramanico e con una lama di centimetri 7 (Sez. 1, n. 13630 del 12/02/2019, Papia, Rv. 275242; Sez. 1, n. 26636, del 19/03/2019, Fiandaca, Rv. 276195)
Rilevato che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 6 giugno 2024.