Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13746 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13746 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/01/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 12 gennaio 2023 la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della pronuncia del G.U.P. del locale Tribunale del 15 febbraio 2022, ha ridotto la pena inflitta a COGNOME NOME nella misura di anni quattro di reclusione ed euro 18.000,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 1, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con tre distinti motivi: violazione di legge in ordine all’omessa configurazione dell’ipotesi prevista dall’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990; violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al disposto riconoscimento della recidiva qualificata; violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 62-bis cod.. pen. per omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. In primo luogo manifestamente infondata è l’introduttiva censura, tenuto conto dell’orientamento giurisprudenziale per cui il riconoscimento dell’ipotesi della lieve entità richiede un’adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza con riferimento al grado di purezza, in modo da pervenire all’affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offensivit e proporzionalità della pena (cfr. Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, dep. 2018, Ferretti, Rv. 271959-01), per cui il giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, e, quindi, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia qLelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere il riconoscimento dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità (così, tra le tante, Sez. 6, n. 39977 del 19/09/2013, Tayb, Rv. 256610-01).
E’ necessario, cioè, che la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 costituisca l’approdo della valutazione complessiva di tutte le circostanze del fatto rilevanti per stabilire la sua entità alla luce dei criteri normativizzati e che tale percorso valutativo, così ricostruito,
si rifletta nella motivazione della decisione, dovendo il giudice dimostrare di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta prevalenza eventualmente riservata solo ad alcuni di essi.
Risulta allora che, nel caso di specie, la Corte territcriale, correttamente valutando i plurimi e variegati dati probatori disponibili, ha offerto una motivazione pienamente adeguata in ordine al disposto diniego del riconoscimento della fattispecie della lieve entità, essendo stati posti in rilievo alcuni aspetti rivelatori della professionalità con cui l’attività di spaccio veniv svolta da parte dell’imputato, perciò negando la ricorrenza della più lieve ipotesi sulla base di elementi cui ha ritenuto di attribuire una rilevanza maggiormente significativa rispetto ad RAGIONE_SOCIALE ai fini dell’esclusione della minima offensività.
2.2. La Corte di merito ha, quindi, espresso una motivazione adeguata e logica in ordine alla configurazione della recidiva qualificata, conformandosi pienamente ai principi che regolano il fondamento degli aumenti di pena previsti a carico del condanNOME, non essendosi limitata a dedurre la pericolosità sociale del prevenuto dal mero fatto descrittivo dell’esistenza di precedenti specifici, ma che ha in concreto esamiNOME, sulla scorta dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, in particolare verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato (così, tra le tante, Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, COGNOME, Rv. 270419-01; ma cfr. anche, in termini conformi, Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, COGNOME.G., Calibè, Rv. 247838-01).
2.3. Del pari inammissibile, infine, è la doglianza eccepita con l’ultima censura, in quanto proposta con motivo manifestamente infondato, osservato come la motivazione resa dalla Corte di appello ben rappresenti e giustifichi, in punto di diritto, le ragioni per cui il giudice di secondo grado ha ritenuto di negare all’imputato il riconoscimento in termini di prevalenza del beneficio previsto dall’art. 62 -bis cod. pen., esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 242419-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17 gennaio 2024