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Lieve entità del fatto: no se lo spaccio è continuo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21428/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di stupefacenti. È stata esclusa l’ipotesi di lieve entità del fatto, data la notevole quantità di cocaina (305 dosi), la natura continuativa e non occasionale dell’attività, e la presenza di materiale per il confezionamento. L’attività illecita, per ammissione dello stesso ricorrente, costituiva il suo unico mezzo di sostentamento.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lieve entità del fatto: quando non si applica allo spaccio di droga

L’attenuante della lieve entità del fatto rappresenta un punto cruciale nel diritto penale degli stupefacenti, consentendo una significativa riduzione della pena. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione complessiva di specifici indicatori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 21428/2025) offre un chiaro esempio dei criteri che portano a escludere tale beneficio, delineando i confini tra un episodio minore e un’attività criminale strutturata.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro la sentenza della Corte d’Appello di Bari, che lo aveva condannato per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. La difesa del ricorrente mirava a ottenere il riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità del fatto, sostenendo che l’attività illecita fosse di modesta portata. L’obiettivo era quello di ottenere un trattamento sanzionatorio più mite rispetto a quello inflitto nei gradi di merito.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno basato la loro decisione su una valutazione congiunta di diversi elementi, in linea con la giurisprudenza costante in materia. Secondo la Corte, per determinare se un fatto sia di lieve entità, non è sufficiente guardare a un singolo aspetto, ma è necessaria un’analisi globale che tenga conto di tutti gli indicatori della condotta criminale.

La valutazione sulla lieve entità del fatto e i suoi indicatori

La Cassazione ha evidenziato tre elementi principali che, nel caso di specie, impedivano di qualificare il reato come di lieve entità:

1. La quantità dello stupefacente: Il primo dato considerato è stato il numero di dosi medie ricavabili dalla cocaina sequestrata, pari a 305. Un quantitativo definito “di certo non modesto”, che da solo suggerisce un’attività di spaccio non trascurabile.
2. I mezzi e le modalità dell’azione: La Corte ha riscontrato una condotta non episodica od occasionale, ma continuativa e reiterata nel tempo. Questo aspetto è stato corroborato da una confessione scritta dello stesso imputato, il quale aveva ammesso che l’attività illecita rappresentava per lui un mezzo di sostentamento economico, essendo privo di un lavoro legale. Ciò dimostra una professionalità e una stabilità nell’attività criminale che mal si concilia con la lieve entità.
3. Il materiale accessorio: È stato rinvenuto e sequestrato ulteriore materiale tipicamente destinato al taglio e al confezionamento dello stupefacente. La presenza di tali strumenti è un chiaro indice di un’attività organizzata e non improvvisata.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando come l’analisi combinata di questi elementi (quantità ingente, condotta abituale e professionale, possesso di strumenti per il confezionamento) delinei un quadro di offensività incompatibile con la nozione di “lieve entità”. Inoltre, i giudici hanno rilevato una lacuna nel ricorso presentato: la difesa non aveva indicato alcun elemento, eventualmente già offerto al giudice di merito e da questi non considerato, che potesse concretamente dimostrare la modestia del fatto. La semplice richiesta di applicazione dell’attenuante, senza fornire prove a sostegno, non è sufficiente per ribaltare la decisione dei giudici dei gradi precedenti. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la lieve entità del fatto non può essere invocata quando l’attività di spaccio assume i connotati di una vera e propria impresa criminale, anche se su piccola scala. La continuità nel tempo, la quantità non irrisoria di droga e l’organizzazione logistica sono fattori decisivi che escludono l’applicazione del beneficio. La decisione comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, ponendo fine al suo percorso giudiziario.

Quando un’attività di spaccio di stupefacenti non può essere considerata di lieve entità?
Secondo la Corte, un’attività di spaccio non è di lieve entità quando presenta indicatori di una certa gravità, come una quantità non modesta di stupefacente (nel caso specifico, 305 dosi di cocaina), una condotta continuativa e reiterata nel tempo, e il possesso di materiale per il taglio e il confezionamento della droga.

Quali elementi sono stati decisivi per escludere la lieve entità del fatto in questo caso?
Gli elementi decisivi sono stati tre: 1) il numero elevato di dosi ricavabili dalla sostanza; 2) le modalità dell’azione, che indicavano un’attività non occasionale ma stabile, tanto da costituire l’unica fonte di reddito per l’imputato; 3) il ritrovamento di materiale per il confezionamento dello stupefacente.

Cosa succede se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non entra nel merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con la condanna al versamento di tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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