Lieve Entità: Cassazione su Spaccio e Dosi Elevate
L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, affronta un tema cruciale nel diritto penale degli stupefacenti: la distinzione tra lo spaccio ‘comune’ e quello di lieve entità. Questa decisione ribadisce con chiarezza i criteri che i giudici devono seguire per valutare se un fatto possa beneficiare della fattispecie attenuata, sottolineando come la sola contestazione della valutazione delle prove non sia sufficiente per un ricorso in Cassazione.
I Fatti del Caso
Un soggetto veniva condannato per reati legati agli stupefacenti, in particolare per una condotta commessa il 22 marzo 2017. La sua difesa presentava ricorso in Cassazione, sostenendo che tale fatto dovesse essere qualificato come di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, e non secondo il più grave comma 4 della stessa norma, come invece stabilito dalla Corte d’Appello.
L’imputato, attraverso il suo ricorso, chiedeva una riconsiderazione della gravità del fatto, basando le sue argomentazioni su una diversa interpretazione delle prove raccolte.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione significa che i giudici non sono entrati nel merito della richiesta, ma l’hanno respinta per un vizio procedurale. Nello specifico, il ricorso è stato giudicato come una serie di “mere doglianze in punto di fatto”, ovvero contestazioni sulla valutazione delle prove già effettuata correttamente dai giudici di merito, attività preclusa in sede di legittimità.
Di conseguenza, la condanna è stata confermata e l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.
Le Motivazioni: Perché il Reato non è di Lieve Entità?
La Corte ha ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse adeguatamente motivata e giuridicamente corretta nell’escludere la lieve entità del fatto. Le ragioni principali, evidenziate nell’ordinanza, si basano su tre elementi specifici e convergenti:
1.  Quantità e Potenzialità della Sostanza: La marijuana rinvenuta presso l’abitazione del ricorrente aveva un principio attivo tale da poter ricavare ben 749 dosi medie. Un numero così elevato è stato considerato un indice oggettivo di una certa gravità, incompatibile con la qualifica di fatto lieve.
2.  Modalità della Condotta: La perquisizione domiciliare non è avvenuta casualmente, ma perché l’imputato era stato osservato mentre cedeva la sostanza a terzi. Questo elemento dimostra un’attività di spaccio in corso e una certa professionalità nell’illecito, allontanando l’ipotesi di un episodio isolato e di minima offensività.
3.  Precedenti e Sottoposizione a Misure Cautelari: Al momento del fatto, l’imputato era già sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di dimora per un reato analogo. Questa circostanza è stata ritenuta particolarmente significativa, in quanto indice di una persistente inclinazione a delinquere e di una totale indifferenza rispetto ai provvedimenti dell’autorità giudiziaria.
La Cassazione ha chiarito che il ricorso non presentava una critica specifica alla logicità della motivazione della sentenza impugnata, ma si limitava a riproporre argomenti di fatto già vagliati e respinti, cercando una nuova e non consentita valutazione delle prove.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che la valutazione della lieve entità non dipende solo dal dato quantitativo della sostanza, ma è il risultato di un’analisi complessiva che include le modalità dell’azione, la professionalità dimostrata e la personalità del reo, come desumibile da eventuali precedenti o misure in atto. In secondo luogo, ribadisce un principio fondamentale del processo in Cassazione: non è possibile ottenere una nuova valutazione dei fatti. Il ricorso deve concentrarsi su vizi di legge o di motivazione manifestamente illogica, e non sulla semplice speranza che la Suprema Corte possa interpretare le prove in modo diverso rispetto ai giudici di merito.
 
Quando un reato di spaccio può essere considerato di lieve entità?
La qualifica di lieve entità dipende da una valutazione complessiva di elementi come le modalità dell’azione, i mezzi utilizzati, le circostanze, la qualità e la quantità delle sostanze. Sulla base del provvedimento, un numero elevato di dosi ricavabili (in questo caso 749) e la commissione del reato mentre si è sottoposti a misure cautelari per fatti simili sono elementi che tendono ad escluderla.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni presentate erano “mere doglianze in punto di fatto”. L’imputato, cioè, non ha contestato una violazione di legge o un vizio logico della motivazione, ma ha semplicemente riproposto una valutazione delle prove già esaminata e respinta nei gradi di merito, cosa non permessa nel giudizio di Cassazione.
Quali sono stati gli elementi decisivi per escludere la lieve entità nel caso specifico?
Gli elementi decisivi sono stati tre: 1) l’ingente quantità di principio attivo, sufficiente per confezionare 749 dosi medie; 2) il fatto che l’imputato fosse stato colto nell’atto di cedere la sostanza a terzi; 3) la circostanza che al momento del reato fosse già sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di dimora per un altro reato analogo.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7584 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 7584  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ENNA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/05/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME, condannato per i reati di cui all’ari:. 73, comma 4, d.P.R. n. 309 del 1990, commesso il 22 marzo 2017, e di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, commesso il 5 maggio 2016, alla pena ritenuta di giustizia, articolando un motivo di ricor deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giurid fatto commesso il 22 marzo 2017 a norma dell’art. 73,, comma 4, d.P.R. n. 309 del 1990, invece che a norma dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1.990;
Considerato che il precisato motivo espone censure non consentite dalla legge in sede di legittimità poiché le stesse sono costituite da mere cloglianze in punto di fatto riprodutt deduzioni già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice merito non scanditi da specifica critica con il ricorso’ ed inoltre sono volte a prefigura rivalutazione e/o alternativa rilettura RAGIONE_SOCIALE fonti probatorie, ed avulse da per individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di mer posto che la sentenza impugnata ha spiegato in modo puntuale perché deve escludersi la lieve entità del fatto, evidenziando, in particolare, che la marijuana rinvenuta a casa del ricorr 22 marzo 2017 aveva un principio attivo utile a ricavare 749 dosi medie, e che la perquisizio domiciliare era stata effettuata in quanto l’imputato era stato visto cedere a terzi tale sos e fosse in quel momento sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di dimora per altro analog reato;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna de ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, sussistendo profili di colpa nella determinazione RAGIONE_SOCIALE cause di inammissibilità
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spe processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2024 Il Consigliere estensore COGNOME
Presidente