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Lieve entità: Cassazione su spaccio e dosi elevate

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. La richiesta di qualificare il fatto come di lieve entità è stata respinta, poiché la quantità di stupefacente (pari a 749 dosi), la cessione a terzi e una misura cautelare in atto per reati simili, escludono tale ipotesi secondo la Corte.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lieve Entità: Cassazione su Spaccio e Dosi Elevate

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, affronta un tema cruciale nel diritto penale degli stupefacenti: la distinzione tra lo spaccio ‘comune’ e quello di lieve entità. Questa decisione ribadisce con chiarezza i criteri che i giudici devono seguire per valutare se un fatto possa beneficiare della fattispecie attenuata, sottolineando come la sola contestazione della valutazione delle prove non sia sufficiente per un ricorso in Cassazione.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva condannato per reati legati agli stupefacenti, in particolare per una condotta commessa il 22 marzo 2017. La sua difesa presentava ricorso in Cassazione, sostenendo che tale fatto dovesse essere qualificato come di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, e non secondo il più grave comma 4 della stessa norma, come invece stabilito dalla Corte d’Appello.

L’imputato, attraverso il suo ricorso, chiedeva una riconsiderazione della gravità del fatto, basando le sue argomentazioni su una diversa interpretazione delle prove raccolte.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione significa che i giudici non sono entrati nel merito della richiesta, ma l’hanno respinta per un vizio procedurale. Nello specifico, il ricorso è stato giudicato come una serie di “mere doglianze in punto di fatto”, ovvero contestazioni sulla valutazione delle prove già effettuata correttamente dai giudici di merito, attività preclusa in sede di legittimità.

Di conseguenza, la condanna è stata confermata e l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

Le Motivazioni: Perché il Reato non è di Lieve Entità?

La Corte ha ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse adeguatamente motivata e giuridicamente corretta nell’escludere la lieve entità del fatto. Le ragioni principali, evidenziate nell’ordinanza, si basano su tre elementi specifici e convergenti:

1. Quantità e Potenzialità della Sostanza: La marijuana rinvenuta presso l’abitazione del ricorrente aveva un principio attivo tale da poter ricavare ben 749 dosi medie. Un numero così elevato è stato considerato un indice oggettivo di una certa gravità, incompatibile con la qualifica di fatto lieve.
2. Modalità della Condotta: La perquisizione domiciliare non è avvenuta casualmente, ma perché l’imputato era stato osservato mentre cedeva la sostanza a terzi. Questo elemento dimostra un’attività di spaccio in corso e una certa professionalità nell’illecito, allontanando l’ipotesi di un episodio isolato e di minima offensività.
3. Precedenti e Sottoposizione a Misure Cautelari: Al momento del fatto, l’imputato era già sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di dimora per un reato analogo. Questa circostanza è stata ritenuta particolarmente significativa, in quanto indice di una persistente inclinazione a delinquere e di una totale indifferenza rispetto ai provvedimenti dell’autorità giudiziaria.

La Cassazione ha chiarito che il ricorso non presentava una critica specifica alla logicità della motivazione della sentenza impugnata, ma si limitava a riproporre argomenti di fatto già vagliati e respinti, cercando una nuova e non consentita valutazione delle prove.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che la valutazione della lieve entità non dipende solo dal dato quantitativo della sostanza, ma è il risultato di un’analisi complessiva che include le modalità dell’azione, la professionalità dimostrata e la personalità del reo, come desumibile da eventuali precedenti o misure in atto. In secondo luogo, ribadisce un principio fondamentale del processo in Cassazione: non è possibile ottenere una nuova valutazione dei fatti. Il ricorso deve concentrarsi su vizi di legge o di motivazione manifestamente illogica, e non sulla semplice speranza che la Suprema Corte possa interpretare le prove in modo diverso rispetto ai giudici di merito.

Quando un reato di spaccio può essere considerato di lieve entità?
La qualifica di lieve entità dipende da una valutazione complessiva di elementi come le modalità dell’azione, i mezzi utilizzati, le circostanze, la qualità e la quantità delle sostanze. Sulla base del provvedimento, un numero elevato di dosi ricavabili (in questo caso 749) e la commissione del reato mentre si è sottoposti a misure cautelari per fatti simili sono elementi che tendono ad escluderla.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni presentate erano “mere doglianze in punto di fatto”. L’imputato, cioè, non ha contestato una violazione di legge o un vizio logico della motivazione, ma ha semplicemente riproposto una valutazione delle prove già esaminata e respinta nei gradi di merito, cosa non permessa nel giudizio di Cassazione.

Quali sono stati gli elementi decisivi per escludere la lieve entità nel caso specifico?
Gli elementi decisivi sono stati tre: 1) l’ingente quantità di principio attivo, sufficiente per confezionare 749 dosi medie; 2) il fatto che l’imputato fosse stato colto nell’atto di cedere la sostanza a terzi; 3) la circostanza che al momento del reato fosse già sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di dimora per un altro reato analogo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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