Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28709 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28709 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a PESCHICI il 05/05/1976 COGNOME NOME COGNOME nato a SAN SEVERO il 27/12/2001
COGNOME nato a SAN SEVERO il 08/06/1991
avverso la sentenza del 28/03/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 28 marzo 2024 la Corte di appello di Bari – per quanto di specifico interesse in questa sede – in parziale riforma della pronuncia del G.U.P. del Tribunale di Foggia del 31 maggio 2021, ha rideterminato la pena inflitta a COGNOME COGNOME nella misura di anni due, mesi otto, giorni venti di reclusione ed euro 13.000,00 di multa, mentre ha confermato la condanna di COGNOME NOME COGNOME alla pena di anni uno, mesi quattro di reclusione ed euro 4.000,00 di multa e di COGNOME COGNOME pena di anni quattro, mesi dieci di reclusione ed euro 20.000,00 di multa in ordine a reati di cessione di sostanze stupefacenti.
Avverso tale sentenza gli imputati hanno proposto, a mezzo del loro difensore, tre differenti atti di ricorso per cassazione.
COGNOME COGNOME COGNOME ha eccepito, con un unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione per omessa riqualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990.
COGNOME NOME COGNOME ha lamentato, con due motivi, violazione di legge e vizio di motivazione: per omessa riqualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 73 comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990; per mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
NOME NOME ha dedotto, con tre distinti motivi, violazione di legge e vizio di motivazione: per omessa riqualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990; in ordine alla disposta applicazione della recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale; per omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche.
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, in quanto proposti con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. In primo luogo manifestamente infondata è la doglianza, comune a tutti e tre i ricorrenti, con cui è stata invocata la riqualificazione dei delittuosi loro ascritti nell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 d 1990, tenuto conto dell’orientamento giurisprudenziale per cui il riconoscimento dell’ipotesi della lieve entità richiede un’adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza con riferimento al grado di purezza, in modo da pervenire all’affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offensivi e proporzionalità della pena (cfr. Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271959-01), per cui il giudice è tenuto a valutare complessivamente
tutti gli elementi normativamente indicati, e, quindi, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere il riconoscimento dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità (così, tra l tante, Sez. 6, n. 39977 del 19/09/2013, COGNOME, Rv. 256610-01).
E’ necessario, cioè, che la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73 comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 costituisca l’approdo della valutazione complessiva di tutte le circostanze del fatto rilevanti per stabilire la sua entit alla luce dei criteri normativizzati e che tale percorso valutativo, così ricostruit si rifletta nella motivazione della decisione, dovendo il giudice dimostrare di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta prevalenza eventualmente riservata solo ad alcuni di essi.
Risulta allora che, nel caso di specie, la Corte territoriale, correttamente valutando i dati probatori disponibili, ha offerto una motivazione pienamente adeguata in ordine al disposto diniego del riconoscimento della fattispecie della lieve entità (cfr. pp. 16 e ss.), essendo stati posti in rilievo alcuni aspe rivelatori della professionalità, e non estemporaneità, con cui l’attività di spaccio veniva svolta da parte degli imputati, perciò negando la ricorrenza della più lieve ipotesi sulla base di elementi cui ha ritenuto di attribuire una rilevanza maggiormente significativa rispetto ad altri ai fini dell’esclusione della minima offensività.
2.2. Del pari manifestamente infondata è la censura con cui COGNOME NOME COGNOME ha lamentato l’omessa applicazione in suo favore della sospensione condizionale della pena, avendo la Corte di appello ben rappresento e giustificato (cfr. p. 19) le ragioni di diniego di tale beneficio, esprimendo un motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in questa sede di legittimità.
2.3. Inammissibili, infine, sono pure i motivi di ricorso eccepiti da NOME COGNOME in ordine alla disposta applicazione della recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale e all’omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche, considerato che trattasi di motivi nuovi, non dedotti con il precedente appello, perciò non sottoponibili al vaglio del presente giudizio di legittimità dovendo trovare applicazione, in termini troncanti, il principio affermato da questa Suprema Corte per cui non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvediment impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si
configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (così, tra le
altre: Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316-01; Sez. 2, n. 13826
del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745-01; Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013,
COGNOME, Rv. 255577-01).
3. All’inammissibilità dei ricorsi segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 ciascuno
in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte
Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 giugno 2025
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Il Consigliere estensore
Il PIsidénte