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Licenza scommesse: operare senza è reato penale

La Corte di Cassazione ha confermato un sequestro preventivo a carico del gestore di un punto scommesse che operava senza la necessaria autorizzazione. L’imprenditore si era difeso sostenendo che il diniego della licenza scommesse fosse dovuto a una mera irregolarità amministrativa (la mancanza di una marca da bollo). La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che l’esercizio di fatto dell’attività senza la prescritta licenza è sufficiente a integrare il reato, rendendo irrilevanti le ragioni procedurali che hanno impedito il rilascio del titolo autorizzativo.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Licenza scommesse: operare senza è reato, anche con richiesta pendente

L’esercizio di attività di raccolta scommesse senza la prescritta licenza scommesse costituisce reato, anche se la pratica per il suo ottenimento è in corso o è stata respinta per motivi apparentemente solo formali. Questo è il principio ribadito dalla Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, in una recente sentenza che ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore contro un provvedimento di sequestro preventivo.

I Fatti di Causa: L’Internet Point e il Sequestro

Il caso riguarda il titolare di un’impresa individuale che gestiva un “Internet Point” per la raccolta di scommesse per conto di una nota società estera del settore. A seguito di un’ispezione, le autorità disponevano il sequestro preventivo dei locali e delle attrezzature, contestando il reato di esercizio abusivo di attività di gioco o scommessa, previsto dall’art. 4 della Legge n. 401/1989. La base dell’accusa era la mancanza della licenza di pubblica sicurezza richiesta dall’art. 88 del TULPS (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza).

Le Ragioni dell’Appello: La Mancata Licenza Scommesse e il Bollo

L’imprenditore aveva presentato ricorso contro il sequestro, prima al Tribunale della Libertà e poi in Cassazione. La sua difesa si fondava su un punto specifico: la richiesta per ottenere la licenza scommesse era stata presentata, ma il procedimento amministrativo si era arenato a causa di una presunta irregolarità formale, ovvero l’omessa presentazione di una marca da bollo sull’istanza. Secondo il ricorrente, tale mancanza non doveva portare all’irricevibilità della domanda, ma al massimo a una sanzione amministrativa. Di conseguenza, non si poteva configurare il reato, poiché la sua volontà era quella di regolarizzare la posizione.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione ha respinto completamente questa linea difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito i limiti del sindacato di legittimità in materia di sequestro preventivo e hanno riaffermato la centralità del possesso effettivo del titolo autorizzativo.

Il Principio del Fumus Commissi Delicti

Per la Cassazione, il fumus commissi delicti – ovvero la parvenza di reato necessaria per il sequestro – sussiste in modo innegabile. Il fatto oggettivo e determinante è l’esercizio dell’attività di raccolta scommesse in assenza della licenza. Le vicende relative al procedimento amministrativo per il rilascio della stessa sono considerate del tutto irrilevanti ai fini della configurabilità del reato penale.

L’Irrilevanza delle Questioni Amministrative

I giudici hanno specificato che le contestazioni relative alla gestione della pratica da parte della Questura, inclusa la questione della marca da bollo, esulano dall’ambito del giudizio penale. La norma penale sanziona chiunque operi senza il titolo abilitativo, a prescindere dalle ragioni per cui tale titolo non sia stato ottenuto. L’unica eccezione, non applicabile in questo caso, riguarda situazioni di discriminazione da parte dello Stato italiano nei confronti di operatori comunitari, che impediscono l’accesso al sistema concessorio.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano su un principio di netta separazione tra il piano amministrativo e quello penale. La condotta penalmente rilevante è l’esercizio di un’attività di raccolta scommesse senza essere in possesso della licenza. La Corte ha ritenuto che il Tribunale della Libertà avesse correttamente identificato questo nucleo centrale, fornendo una motivazione adeguata e non meramente apparente sia per il fumus del reato che per il periculum in mora. Quest’ultimo è stato individuato nella concreta possibilità che la libera disponibilità dei beni sequestrati potesse protrarre o aggravare le conseguenze del reato, consentendo la prosecuzione dell’attività illecita.
La Cassazione ha inoltre ribadito che il ricorso contro un sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge e non per riesaminare nel merito le valutazioni del giudice. Una motivazione, anche se sintetica, è sufficiente se permette di comprendere l’iter logico seguito dal giudice, come avvenuto nel caso di specie.

Le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso: chi intende operare nel settore delle scommesse deve prima ottenere tutte le autorizzazioni necessarie. L’aver semplicemente avviato l’iter burocratico non è una scusante e non mette al riparo da conseguenze penali. La mancanza della licenza scommesse è un elemento oggettivo che, da solo, basta a integrare il reato, rendendo inefficace qualsiasi difesa basata su presunte irregolarità del procedimento amministrativo. Per gli operatori del settore, questa pronuncia è un chiaro monito a non iniziare alcuna attività prima di avere in mano il titolo autorizzativo valido ed efficace.

È reato gestire un centro scommesse senza la licenza dell’art. 88 TULPS, anche se la richiesta è stata già presentata alle autorità?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il fatto penalmente rilevante è l’esercizio effettivo dell’attività in assenza del titolo autorizzativo. La mera presentazione della domanda non è sufficiente a rendere lecita l’attività.

Una irregolarità formale, come la mancanza di una marca da bollo, che blocca il rilascio della licenza può giustificare l’operatività in attesa di una decisione?
No. La sentenza stabilisce che le ragioni per cui la licenza non è stata rilasciata, incluse quelle procedurali o amministrative, sono irrilevanti ai fini della sussistenza del reato. L’unica circostanza che conta è la mancanza oggettiva della licenza al momento dell’esercizio dell’attività.

È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione la valutazione del giudice sul pericolo che l’attività illecita continui (periculum in mora)?
No, non direttamente. Il ricorso per cassazione avverso un sequestro preventivo è limitato alla ‘violazione di legge’. Ciò significa che si può contestare solo un’errata applicazione di una norma giuridica o una motivazione del tutto assente o illogica, ma non la valutazione di merito del giudice se questa è supportata da un ragionamento comprensibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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