Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 17287 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 17287 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME NOMECOGNOME nato a San Pietro Vernotico il 07/07/1995, avverso l’ordinanza in data 19/06/2024 del Tribunale di Brindisi, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal presidente NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito per il ricorrente l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 19 giugno 2024 il Tribunale del riesame di Brindisi ha rigettato la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro preventivo in data 21 maggio 2024 del G.i.p. del Tribunale di Brindisi in relazione alle violazioni dell’art. 4, comma 4-bis, legge n. 401 del 1989 e dell’art. 88 T.U.L.P.S.
L’indagato eccepisce nel ricorso, e ribadisce tale eccezione nella memoria di replica alla requisitoria del Procuratore generale, la violazione di legge perché la cosiddetta legge di stabilità n. 190 del 2014 non aveva determinato un’efficacia
sanante del reato dell’art. 4, comma 4-bis, legge n. 401 del 1989, perché la Stanleybet continuava a subire discriminazioni a causa dei procedimenti penali in corso, perché tali discriminazioni erano state definitivamente accertate dalla giurisprudenza. La regolarizzazione fiscale consentiva un provvisorio e temporaneo collegamento al totalizzatore nazionale ma non aveva effetti sui reati contestati per cui non rimuoveva l’ostacolo all’accesso alla licenza necessaria a ottenere la concessione. Attesa la peculiarità della condizione di Stanleybet e richiamate le sentenze favorevoli, insiste per il riconoscimento della liceità della sua attività di raccolta delle scommesse. Aggiunge che, come operatore, aveva aperto nel 2023 e non aveva potuto aderire alla regolarizzazione fiscale limitata ai centri aperti a ottobre 2014; aveva ottemperato ai controlli di ordine pubblico e non aveva mai subìto rilievi; non aveva la licenza la cui richiesta costituiva di per sé un elemento di discriminazione. Conclude, pertanto, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza, in via subordinata la sospensione pregiudiziale del giudizio per un rinvio interpretativo alla Corte di Giustizia UE, in via ancora più subordinata la rimessione della causa alle Sezioni Unite per dirimere il contrasto interpretativo tra le sentenze n. 21684 del 2023, 32459 del 2023 e 25439 del 2020.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
I Giudici della cautela hanno accertato in fatto che il personale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli aveva verificato che NOME COGNOME era il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE che, senza l’autorizzazione di cui all’art. 88 T.U.L.P.S., raccoglieva scommesse per la Stanleybet, che non era titolare di concessione amministrativa nel territorio italiano e non aveva partecipato alla procedura di regolarizzazione del 2015.
Di qui il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, ai sensi dell’art. 5bis legge n. 401 del 1989, di due postazioni per la raccolta di scommesse con relativi accessori, di dodici prenotatori di scommesse con relativi accessori, di nove televisori.
Le attività di raccolta e di gestione delle scommesse sul territorio italiano sono esercitabili solo da soggetti che abbiano ottenuto, al termine di una pubblica gara, la concessione e che siano dotati dell’autorizzazione di polizia che, ai sensi dell’art. 88 T.U.L.P.S., «può essere concessa esclusivamente a soggetti concessionari o autorizzati da parte di Ministeri o altri enti ai quali la legge riserv la facoltà di organizzazione e gestione delle scommesse, nonché a soggetti incaricati dal concessionario o dal titolare di autorizzazione in forza della stessa concessione o autorizzazione». La proposta al pubblico di giochi d’azzardo senza
concessione e/o autorizzazione di polizia è sanzionata penalmente ai sensi dell’art. 4, comma 4-bis, legge n. 401 del 1989.
La CGUE ha ritenuto compatibile la disciplina nazionale con gli art. 49 e 56 TFUE, espressamente affermando che la previsione della concessione e dell’autorizzazione di polizia sono misure che giustificano, in modo proporzionato, la restrizione delle libertà fondamentali in relazione agli obiettivi di lotta contro criminalità collegata ai giochi d’azzardo (sentenze Placanica, 6 marzo 2007, C338/04, C-359/04 e C-360/04; Costa-Cifone, 16 febbraio 2012, cause riunite C72/10 e C-77/10; Biasci, 12 settembre 2013, C-660/11). Tuttavia, poiché le autorizzazioni di polizia sono rilasciate unicamente ai titolari di una concessione, non si può addebitare al soggetto il mancato ottenimento dell’autorizzazione quando questo dipenda dalla mancanza di concessione che, a sua volta, dipenda dall’illegittimità delle procedure di gara (si veda in particolare il punto 28 dell sentenza COGNOME che richiama il punto 67 della sentenza COGNOME).
Nella consapevolezza di plurime criticità connesse all’attribuzione delle concessioni, a causa delle discriminazioni dei bandi di gara, e in attesa del riordino della materia dei giochi pubblici in attuazione dell’art. 14 della legge n. 23 del 2014, il legislatore nazionale ha inserito nell’art. 1 della cosiddetta legge di stabili n. 190 del 2014, i commi 643 e 644, e successiva proroga stabilita a far data dal 01/01/2016 in virtù dell’art. 1, comma 926, della legge di stabilità 2016, che hanno consentito alle società estere di ottenere delle licenze temporanee e di regolarizzare le proprie posizioni nonché di esercitare l’attività a determinate condizioni. D’altra parte, la giurisprudenza nazionale ha disapplicato la legislazione penale nazionale per contrasto delle norme dell’Unione europea, escludendo il reato dell’art. 4, comma 4-bis, legge n. 401 del 1989, quando vi è stata una illegittima discriminazione (v. amplius, Sez. 3, n. 32459 del 02/05/2023, COGNOME, Rv. 284903 – 01 che cita Sez. 3, n. 2262 del 16/11/2016, dep. 2017, COGNOME e a., Rv. 269054; Sez. 3, n. 43955 del 15/09/2016, COGNOME, Rv. 267936, relativa a Stanleybet; Sez. 3, n. 27864 del 03/05/2016, COGNOME, Rv. 267468; e con riguardo a Stanleybet: Sez. 3, n. 7223 del 08/10/2019, dep. 2020, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 50012 del 09/10/2019, non massimata; Sez.3,n. 25439 del 09/07/2020, Rv. 279869 – 01).
Nella sentenza COGNOME, questa Sezione ha ulteriormente ricordato che la procedura prevista dall’art. 1, comma 643 della legge di stabilità 2014, consente, nel rispetto delle perviste condizioni disciplinate dalla legge, alle società estere che aderiscano alla procedura, di ottenere l’attribuzione di licenze temporanee per l’esercizio di attività che viene sottoposta a rigida regolamentazione amministrativa; la nuova normativa temporanea, attribuisce a date condizioni titoli provvisori, subordinati a rigidi presupposti e controlli da parte della competente autorità amministrativa, sicché i soggetti che hanno aderito alla disciplina
dell’emersione non esercitano la propria attività a prescindere dall’autorizzazione di pubblica sicurezza, ma la ottengono all’esito del procedimento, se possiedono tutti i requisiti di legge (Sez. 3, n. 6709 del 19/01/2016, Ry.266099 – 01, in motivazione, paragrafo 10 e 10.1.); che la legge di stabilità non pone restrizioni alle libertà sancite dal Trattato UE per ragioni fiscali, atteso che proprio la legge n. 190 del 2014, incrementando le concessioni provvisorie, rimuove i limiti all’esercizio del diritto di stabilimento, subordinandone legittimamente il rilascio all’adesione ad una complessa procedura, volta a verificare in capo al concessionario pro tempore la sussistenza delle condizioni per la tutela dell’ordine pubblico (Sez. 3, n. 6709 del 19/01/2016, cit.); che la chiara finalità della normativa transitoria dell’art. 1, commi 643 e 644, legge n. 190 del 2014 (come prorogata dalla legge di stabilità del 2016) è quella, anzitutto, di porre rimedio, seppure in forma “transitoria” ai presunti effetti discriminatori del cd. bando Monti, ampliando cioè il numero dei soggetti cui è consentito esercitare l’attività di raccolta di scommesse sul territorio nazionale seguendo la procedura indicata dalla legge di stabilità (Sez. 3, n. 54522 del 2016, COGNOME, non massimata); che la ratio dell’art.1, comma 643, della legge n. 190 del 2014, è proprio quella di consentire l’attività ai soggetti che “comunque” offrono scommesse con vincite in denaro in Italia, per conto proprio ovvero di soggetti terzi, anche esteri fissando un preciso procedimento di regolarizzazione dell’attività in questione, testualmente finalizzato, come chiarito dalla circolare del Ministero dell’Interno del 27 gennaio 2015, al rilascio di titolo abilitativo ai sensi dell’art. 88 T.U.L.P.S. (Sez.3, n. 184 del 25/01/2017, Armenio, Rv. 269694 01); che, con riferimento alla speciale procedura di regolarizzazione prevista dal comma 643 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, la mancata richiesta della licenza da parte del soggetto che esercitava l’attività di raccolta delle scommesse rende irrilevante qualunque questione relativa ad eventuali discriminazioni che il bookmaker straniero al quale egli è legato da un contratto di servizi possa avere subito in conseguenza della disciplina concessoria nazionale, in quanto tali discriminazioni potrebbero rilevare solo qualora la mancanza di concessione in capo a tale soggetto straniero fosse la causa del diniego della licenza al centro raccolta scommesse italiano (Sez.3, n. 39968 del 2019, COGNOME, non massimata). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
E’ stato accertato che sia la Stanleybet che Cesano non hanno aderito a tale procedura e che, in particolare, Cesano ha chiesto alla Questura la licenza dell’art. 88 T.U.L.P.S. e non l’ha ricevuta (al momento della decisione del Tribunale del riesame non era pervenuta alcuna risposta, come si desume dalla ricostruzione del fatto a pag. 3 dell’ordinanza impugnata, sebbene a pag. 8 si dia conto di un diniego della Questura di Brindisi in data 22 gennaio 2024 per mancanza di concessione dell’operatore straniero, provvedimento non impugnato).
Il Tribunale del riesame ha ben spiegato, sulla scorta della giurisprudenza nazionale, che non vi è alcuna ragione per attribuire una condizione di privilegio alla Stanleybet, una volta che sono state rimosse le discriminazioni ed è stato consentito l’accesso alle gare delle concessioni a partire dalla legge di stabilità 2014, successivamente prorogata. In particolare, l’ostacolo della presenza di procedimenti penali a carico dei vertici della Stanleybet è stato risolto con l’ordine impartito dal Ministero dell’Interno alle varie Questure di riconoscere in ogni caso le licenze, perché la sottoscrizione del disciplinare attestata dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli teneva luogo, ai fini del conseguimento della licenza, del titolo concessorio dell’art. 88 T.U.L.P.S.
Ciò nondimeno, la Stanleybet ha deciso di non accedere alla regolarizzazione fiscale sulla base di non meglio chiarite ragioni, non costituendo più l’eventuale pendenza di procedimenti penali un ostacolo. Il Tribunale del riesame, dopo aver definito “alluvionale” l’istanza di riesame, ha precisato che l’ordinamento italiano ha rimosso le ragioni di discriminazione nei confronti della Stanleybet, la quale ha tuttavia deliberatamente omesso di regolarizzare la propria posizione, mentre il ricorrente ha deciso di operare nonostante non fosse titolare di licenza. La motivazione dell’ordinanza impugnata è immune da censure. Non ricorrono quindi i presupposti per adire nuovamente la CGUE né ricorre il paventato contrasto giurisprudenziale tra sentenze di questa Sezione: la sentenza n. 21864 del 2023 ha dichiarato inammissibile il ricorso del P.g. per motivi formali, la sentenza n. 25439 del 2020 ha affermato il principio della disapplicazione della legge penale in presenza di comportamento discriminatorio, principio ribadito dalla successiva sentenza n. 32459 del 2023 che ha però, in accoglimento del ricorso del P.m., disposto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata che aveva mal interpretato la legge di stabilità del 2014.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile. Consegue alla dichiarazione di inammissibilità l’onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata, in ragione della consistenza della causa di inammissibilità del ricorso, in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso, il 5 dicembre 2024
Il Consigliere estensore