Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30530 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30530 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Sciacca il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Sciacca il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 21/11/2023 della Corte di appello di Palermo; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dell’Il ottobre 2022, il Tribunale di Sciacca condannava NOME COGNOME e NOME COGNOME alla pena rispettiva di mesi tre di arresto ed euro 2.300,00 di ammenda il COGNOME e di mesi tre di arresto ed euro 2.500,00 di ammenda il COGNOME, in quanto ritenuti colpevoli dei reati di cui agli artt. 110 681 cod. pen. in relazione all’art. 80 T.U.L.P.S. (capo A), di cui agli artt. 110 cod pen., 5, comma 1, lett. b, e 6 I. n. 283/1962 (capo B), il COGNOME inoltre de reato di cui all’art. 64, comma 1, lett. e, d.lgs. n. 81/2008 (capo C).
Con sentenza del 21 novembre 202:3, la Corte di appello di Palermo confermava la pronuncia di primo grado.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, NOME COGNOME e NOME COGNOME, tramite il loro difensore, hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando tre motivi.
Con il primo motivo, la difesa lamenta violazione e falsa applicazione di legge ex artt. 546, comma 1, lett. e) e 606, comma 1, lett. a) e b), cod. proc. pen., in relazione all’errore di applicazione di norma sostanziale, insussistenza della contravvenzione di cui agli artt. 681 cod. proc. pen. in relazione all’art. T.U.L.P.S.
Il locale denominato “RAGIONE_SOCIALE“, sito in Sciacca, INDIRIZZO, concesso in uso all’RAGIONE_SOCIALE“, avente finalità di carattere RAGIONE_SOCIALE e ricreativo, costituiva un club privato, come tale accessibil non solo a tutti i soci, ma anche a chiunque, mediante il pagamento della quota di adesione all’evento, avesse voluto partecipare alle attività ricreative compreso il concerto di musica dal vivo organizzato per la sera del 5 aprile 2019, cosicché nessuna autorizzazione andava richiesta, perché la serata doveva considerarsi quale festa privata.
Con il secondo motivo, articolato in tre sottopunti, la difesa lamenta innanzitutto, al sottopunto 1), violazione e falsa applicazione di legge ex artt. 546, comma 1, lett. e) e 606, comma 1, lett. a) e b), cod. proc. pen., in relazione all’erronea applicazione ed interpretazione dell’art. 5 I. n. 283/1962, insussistenza della contravvenzione di cui all’art. 5, comma 1, lette. B), I. n 283/1962, mancanza di prova del cattivo stato di conservazione e detenzione a fini di vendita.
I ricorrenti sostengono essere emerso come il cibo fosse stato conservato in una cella frigo, senza essere servito agli astanti, con la conseguenza che tale modalità di conservazione non poteva ritenersi idonea a determinare il pericolo
di danno o il deterioramento delle sostanze, né per altro verso, in assenza di analisi specifiche, era stato accertato il cattivo stato di conservazione.
Con il sottopunto 2) i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 40 e 43 cod. pen., vizio di motivazione in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. e I. 283/1962, art. 5, lett. b). Non era stata accertata l’origine della contaminazione, dal momento che presso le cucine del ristorante non era stata evidenziata alcuna carenza e l’alimento non era mai stato consumato dai commensali, per cui ci si troverebbe di fronte ad un tentativo non punibile in caso di fattispecie colpose.
Con il sottopunto 3) i ricorrenti invocano l’applicazione della norma più favorevole ai sensi dell’art. 2, comma 4, cod. pen., in relazione all’entrata i vigore del d.lgs. n. 31 del 19 maggio 2024, nella parte in cui, modificando l’art. 12-ter I. n. 283/1962, è stata introdotta una procedura di regolarizzazione finalizzata alla estinzione della contravvenzione. Chiedono, pertanto, la restituzione degli atti al giudice di merito e, conseguentemente, all’Autorità amministrativa per le relative prescrizioni e sanzioni, al fine di ottenere declaratoria di estinzione del reato.
Con il terzo motivo, lamentano violazione di legge, per mancata applicazione dell’istituto di cui all’art. 131-bis cod. peri., dal momento che, in entrambe decisioni di merito, risultano evidenziati elementi di fatto deponenti per la sicur applicabilità del predetto istituto. Chiedono, pertanto, l’annullamento della decisione impugnata per mancata valutazione dei presupposti integranti la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.
3. E’ pervenuta memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia di NOME COGNOME e NOME COGNOME, con la quale si ribadisce sul motivo di cui al capo A) del ricorso che la vicenda non integra gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 681 cod. pen. in relazione all’art. 80 T.U.L.P.S., momento che, dal controllo amministrativo eseguito in loco, era emerso che era in corso una festa privata aperta non al pubblico, ma ai soli soci e a coloro che, nell’accedere, divenivano tali con preciso tesseramento. In secondo luogo, con riferimento al motivo di cui al capo B) del ricorso, ribadiva la insussistenza dell’elemento oggettivo del reato contravvenzionale di cui all’art. 5, comma 1, lettera b) I. n. 283/1962, dal momento che la responsabilità dei prevenuti era stata affermata non sulla base di parametri oggettivi (analisi di laboratorio o somministrazione agli astanti) ma solo su mere congetture, non potendo sussistere l’accertamento del cattivo stato di conservazione degli alimenti in assenza di prelievi di campioni ovvero di specifiche analisi di laboratorio. In terz luogo, ai sensi dell’art. 2 cod. pen., si ribadisce l’applicabilità della normativ cui al d.lgs. n. 31/2024 che ha ricompreso la fattispecie di cui all’art. 5, comma
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1, lett. b) I. n. 283/1962 nel novero delle contravvenzioni estinguibili pe adempimento delle prescrizioni impartite dall’organo accertatore e fatte salve le relative sanzioni amministrative. Infine, si ribadisce la doglianza relativa all mancata valutazione, da parte di entrambi i giudici di merito, dei presupposti integranti la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pe indipendentemente dalla richiesta del difensore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
I ricorrenti incentrano le proprie doglianze sulla assunta non necessità dell’autorizzazione, perché la serata doveva considerarsi quale festa privata non soggetta a licenza di polizia, senza in alcun modo confrontarsi né con il capo di imputazione, dove si contesta l’apertura di un luogo di pubblico spettacolo dall’accesso libero in cui era stato organizzato un concerto di musica dal vivo, senza osservare le prescrizioni dell’Autorità di pubblica sicurezza, né con le argomentazioni della sentenza impugnata che ha fondato la sua decisione sugli esiti di un controllo di polizia giudiziaria.
La Corte palermitana ha infatti messo chiaramente in luce come all’interno di quello che formalmente risultava essere un circolo privato, dove era stata costituita una associazione RAGIONE_SOCIALE denominata “RAGIONE_SOCIALE“, per il quale non era necessaria una licenza di polizia, era stato invece organizzato un evento musicale e il numero di soci era di gran lunga minore rispetto a quello dei soggetti presenti in sala, i quali non risultavano iscritti nel libro dei dell’associazione, come peraltro confermato da diversi testi escussi quel giorno, presenti nel locale senza essere soci della associazione “RAGIONE_SOCIALE“.
Elementi quelli esposti ampiamente sufficienti ad integrare la fattispecie contravvenzionale contestata prevista dall’art. 681 c.p., che, avendo come scopo la tutela del pubblico che assiste ad uno spettacolo così da prevenire, attraverso l’adempimento a tutte le prescrizioni, anche particolari, imposte dall’Autorità di P.S., pericoli alle persone, ricorre, per costante giurisprudenza di questa Corte, ogniqualvolta l’agente organizzi un pubblico spettacolo senza avere osservato le prescrizioni dell’Autorità a tutela dell’incolumità pubblica secondo le indicazioni d cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 80 “T.U.L.P.S.” (Sez. 1, n. 13055 del 24.3.2005, COGNOME, Rv. 231599 – 01; Sez. 3, n. 55361 del 09/11/2018, COGNOME, Rv. 274565 – 01), a nulla rilevando che si tratti di attività esercitata in permanente e professionale, ovvero soltanto episodica ed occasionale, trovando applicazione anche nei confronti di chi, sia pure per una sola volta, abbia aperto
un luogo di pubblico spettacolo (Sez. 1, n. 2196 del 01/12/1995, Paoletti, Rv. 203829).
I primi due sottopunti del secondo motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono manifestamente infondati, avendo i giudici di merito, le cui conformi sentenze si saldano per formare un unico percorso argomentativo, puntualizzato che il teste COGNOME NOME, medico veterinario dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, aveva accertato la presenza di alimenti privi di tracciabilità e congelati con una metodica non idonea; si trattava in particolare di “cinque chilogrammi di pesce spada, quattro moscardini, uno di gambero rosso, mezzo chilogrammo di trinca di maiale, tre chili di merluzzetti, due chilogrammi di totani e due di gambero rosso”, complessivamente “una ventina di chili di materiale”.
E che si trattasse di materiale detenuto per la somministrazione e destinato ad essere consumato durante la serata danzante che era stata organizzata è affermato a pag. 9 della sentenza di primo grado, dove si ritengono inverosimili le dichiarazioni spontanee rese da COGNOME NOME in merito alla circostanza che gli alimenti rinvenuti nel frigorifero – venti chili di materiale – fossero per personale e si fa riferimento alle dichiarazioni rese in sede di esame da COGNOME NOME e COGNOME NOME: il primo dei due affermava che nel frigorifero vi era una frittura di paranza acquistata per essere consumata il sabato sera, mentre il secondo affermava che il cibo rinvenuto nel congelatore era quello che utilizzavano per la serata.
A fronte di tanto, i primi due sottopunto del secondo motivo nella parte in cui contestano che il cibo fosse stato destinato al consumo durante la serata danzante sono del tutto generici, perché non si confrontano con le specifiche e logiche argomentazioni contenute nelle sentenze di merito.
Detti sottopunti sono invece manifestamente infondati nella parte in cui contestano che il cibo ivi rinvenuto si trovasse in cattivo stato di conservazione e che, conseguentemente, sussistesse colpa degli imputati.
I giudici di merito si sono infatti attenuti ai principi ripetutamente afferm nella giurisprudenza di legittimità secondo cui il reato di detenzione di prodott alimentari in cattivo stato di conservazione – per il quale non è necessario accertare la sussistenza di un concreto danno per la salute o un concreto deterioramento del prodotto, in quanto, trattandosi di un reato di pericolo, è sufficiente che le modalità di conservazione possano determinare il pericolo di un tale danno o deterioramento (Sez. 3, n. 15049 del 09/01/2007, COGNOME, Rv. 236332 – 01) – è anche integrato dal congelamento del prodotto effettuato in maniera inappropriata, come nella fattispecie accertato dal medico veterinario
dell’RAGIONE_SOCIALE, in quanto il cattivo stato di conservazione è riferibile non soltanto alle caratteristiche intrinseche del prodotto alimentare, ma anche alle modalità estrinseche con cui si realizza, le quali devono uniformarsi alle prescrizioni normative o, in mancanza di queste, alle regole di comune esperienza (Sez. U, n. 443 del 19/12/2001, Butti, Rv. 220716; Sez. 3, n. 15094 dell’11/03/2010, Greco, Rv. 246970 – 01).
3. Il terzo sottopunto del secondo motivo di ricorso è inammissibile.
I ricorrenti invocano l’applicazione retroattiva, ai sensi dell’art. 2, comma 4, cod. pen., della procedura estintiva delle contravvenzioni prevista dall’art. 12-ter I. n. 283/1962 inserito dall’art. 70, comma 1, id.lgs. n. 150/2022.
Ai sensi dell’art. 96 d.lgs. n. 150/2022, l’art. 70 del medesimo d.lgs. n. 150/2022, che ha inserito gli artt. 12-ter, 12-quater, 12-quinquies, 12-sexies, 12-septies, 12-octies, 12-novies I. n. 283/1962 disciplinanti la procedura estintiva invocata, non è tuttavia applicabile in quei procedimenti per i quali, alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022, vale a dire al 30 dicembre 2022, era già stata esercitata l’azione penale. E questo perché la causa estintiva del reato è concepita e strutturata per operare solo nella fase delle indagini preliminari.
Ed il procedimento a carico degli odierni ricorrenti alla data indicata aveva già esaurito la fase dibattimentale del procedimento di primo grado, essendo stata emessa la sentenza del Tribunale di Sciacca in data 11 ottobre 2022.
4. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile perché nuovo.
La causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. non è stata richiesta nei motivi di appello e, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, dal Collegio condivisa, «In tema di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis co pen. non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all’art. 606, comma terzo, cod. proc. pen., se il predetto articolo», come nella specie, «era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza impugnata, né sul giudice di merito grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilità» (Sez. 3, n. 19207 del 16/03/2017, COGNOME, Rv. 269913 – 01; cfr. pure Sez. 2, n. 21465 del 20/03/2019, Semmah, Rv. 275782 – 01; Sez. 5, n. 57491 del 23/11/2017, COGNOME, Rv. 271877 – 01 Sez. 5, n. 4835 del 27/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282773 – 01).
In conclusione, stante la manifesta infondatezza delle doglianze formulate, il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, inoltre, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che i ricorrenti versino la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 05/07/2024