LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Licenza premio: limiti e condizioni per l’ergastolano

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto condannato all’ergastolo e in regime di semilibertà, che si era visto negare una licenza premio per recarsi nella sua città d’origine. La decisione si fonda sulla necessità di prevenire contatti con l’ambiente criminale di appartenenza, un rischio ritenuto prevalente rispetto alle esigenze personali e familiari del ricorrente. Il ricorso è stato giudicato manifestamente infondato e basato su censure di fatto, non ammissibili in sede di legittimità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Licenza Premio per Ergastolano: la Cassazione fissa i paletti

L’ordinanza in esame offre un’importante chiave di lettura sui criteri di concessione della licenza premio a detenuti condannati a pene severe, come l’ergastolo, e già ammessi al regime di semilibertà. La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ribadisce un principio fondamentale: la necessità di evitare contatti con l’ambiente criminale di provenienza può prevalere sulle esigenze personali del condannato, anche quando queste appaiono umanamente comprensibili.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo, condannato alla pena dell’ergastolo, che dal 2020 si trova in regime di semilibertà presso un istituto penitenziario di Napoli. L’uomo aveva presentato richiesta di una licenza premio per potersi recare a Partinico, suo luogo di residenza, al fine di incontrare i suoi anziani genitori. Il Giudice di sorveglianza di Napoli aveva rigettato tale richiesta.

Contro questo diniego, la difesa del detenuto ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando l’errata applicazione della legge e un vizio nella motivazione del provvedimento. Secondo il ricorrente, la decisione non avrebbe tenuto in debito conto le sue condizioni personali e familiari.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la decisione del giudice di sorveglianza. La decisione si articola su due pilastri argomentativi principali: l’inammissibilità delle censure proposte e la manifesta infondatezza delle stesse nel merito.

Il Motivo di Ricorso: perché è stato dichiarato inammissibile

La Corte ha osservato che le doglianze della difesa erano essenzialmente ‘versate in fatto’. In altre parole, il ricorso non contestava una violazione di legge, ma cercava di ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione dei fatti e delle circostanze personali, un’operazione che non rientra nei poteri del giudice di legittimità. Il ricorso, quindi, è stato ritenuto inammissibile perché proponeva censure non consentite in quella sede.

La valutazione della pericolosità e il diniego della licenza premio

Anche entrando nel merito, la Corte ha definito il ricorso ‘manifestamente infondato’. Il provvedimento impugnato, infatti, era tutt’altro che immotivato. Faceva riferimento esplicito ai pareri negativi espressi dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Palermo e dalla Direzione Nazionale Antimafia (DNAA). Inoltre, sottolineava come la stessa misura della semilibertà fosse stata concessa con una precisa condizione: eventuali licenze premio avrebbero dovuto essere fruite nella stessa area di Napoli, proprio per recidere i legami con l’associazione criminale di appartenenza.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si concentra sulla logicità e coerenza del provvedimento del Giudice di sorveglianza. Quest’ultimo aveva correttamente bilanciato i diversi interessi in gioco. Da un lato, il percorso di risocializzazione del detenuto, che aveva già beneficiato di permessi premio (seppur territorialmente limitati). Dall’altro, l’esigenza di prevenzione sociale, che in questo caso specifico richiedeva di evitare il ritorno del soggetto, anche solo temporaneo, nel contesto territoriale di origine, notoriamente legato alla sua passata attività criminale.

Il ricorrente, secondo la Corte, non è riuscito a fornire argomenti ‘decisivi’ che rendessero indispensabile il suo viaggio. Anzi, gli elementi portati a sostegno della richiesta (come l’età e le condizioni dei familiari) non sono stati ritenuti sufficienti a superare le fondate preoccupazioni relative al pericolo di riallacciare contatti con ambienti malavitosi. La decisione impugnata, quindi, non presentava alcun vizio di motivazione, essendo basata su una valutazione completa e prudente di tutti gli elementi a disposizione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma che la concessione di benefici penitenziari, inclusa la licenza premio, non è un diritto automatico ma il risultato di un’attenta valutazione discrezionale del magistrato di sorveglianza. Nel caso di detenuti per reati di criminalità organizzata, il criterio della ‘pericolosità sociale’ e il rischio di collegamenti con l’ambiente di provenienza assumono un peso determinante. La decisione sottolinea come le restrizioni territoriali possano essere uno strumento legittimo per conciliare il percorso di reinserimento del singolo con la tutela della collettività, anche quando il detenuto si trovi già in un regime di libertà attenuata come la semilibertà.

Una licenza premio può essere negata a un detenuto in regime di semilibertà?
Sì, la concessione non è automatica. Può essere negata se il giudice ritiene che sussistano rischi per la sicurezza pubblica, come il pericolo che il detenuto riallacci i contatti con l’associazione criminale di appartenenza, anche se la sua condotta in carcere è regolare.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché le critiche mosse alla decisione del giudice di sorveglianza erano di fatto e non di diritto. Il ricorrente chiedeva una nuova valutazione delle circostanze, compito che non spetta alla Corte di Cassazione, la quale si limita a verificare la corretta applicazione della legge.

Quale importanza hanno i pareri delle direzioni antimafia (DDA e DNAA)?
I pareri di DDA e DNAA, sebbene non vincolanti, costituiscono un elemento fondamentale nella valutazione del giudice. In questo caso, i pareri negativi hanno rafforzato la decisione di negare la licenza premio, evidenziando la persistente pericolosità sociale legata ai possibili contatti del detenuto con il suo ambiente di origine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati