Libertà Vigilata: la Cassazione Conferma la Decisione del Tribunale di Sorveglianza
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema dei requisiti di ammissibilità di un ricorso contro l’applicazione della libertà vigilata. La decisione sottolinea un principio fondamentale: il giudizio della Corte Suprema non può trasformarsi in una nuova valutazione dei fatti, ma deve limitarsi a verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere i limiti del sindacato di legittimità sulle misure di sicurezza.
Il Contesto: l’Ordinanza del Tribunale di Sorveglianza
La vicenda ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Napoli, che aveva disposto l’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata nei confronti di un individuo. Il difensore di quest’ultimo ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione riguardo alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione di tale misura, in particolare sulla valutazione della pericolosità sociale del suo assistito.
L’Analisi della Cassazione sulla corretta applicazione della Libertà vigilata
La Corte di Cassazione ha ritenuto le censure proposte dal ricorrente come “manifestamente infondate”. Secondo i giudici supremi, il Tribunale di Sorveglianza aveva correttamente operato, basando la sua decisione su un’argomentazione logica e coerente. In particolare, il tribunale di merito aveva valorizzato una serie di “elementi sintomatici” che indicavano una persistente pericolosità sociale del soggetto.
Tra questi elementi spiccavano:
1. La violazione di misure di prevenzione, commessa pochi giorni dopo l’applicazione della misura di sicurezza stessa.
2. I precedenti penali, considerati di particolare allarme sociale.
La Corte ha specificato che il Tribunale di Sorveglianza non aveva trascurato gli eventuali elementi positivi a favore del ricorrente, ma li aveva semplicemente ritenuti non risolutivi, ossia non sufficienti a superare il quadro di pericolosità delineato dagli altri fattori.
I Limiti del Giudizio di Legittimità in tema di Libertà Vigilata
Il punto centrale della decisione della Cassazione risiede nella natura del ricorso. I giudici hanno osservato che le critiche mosse dal difensore non evidenziavano reali vizi di legge o illogicità manifeste nella motivazione dell’ordinanza. Piuttosto, il ricorso si limitava a esprimere un “mero dissenso” rispetto alla valutazione di merito compiuta dal Tribunale, proponendo una “non consentita rilettura delle emergenze processuali”.
In altre parole, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di riesaminare i fatti e di giungere a una conclusione diversa, un compito che esula dalle competenze del giudice di legittimità. La Corte Suprema non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma ha il compito di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge.
Le motivazioni
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le censure erano manifestamente infondate. Il Tribunale di Sorveglianza aveva fornito una motivazione non illogica, apprezzando correttamente gli elementi sintomatici della persistente pericolosità sociale del ricorrente. Il ricorso, al contrario, non contestava vizi di legittimità, ma esprimeva un semplice dissenso rispetto alla valutazione operata dal giudice di merito, cercando di ottenere una nuova e non permessa valutazione dei fatti processuali. Di conseguenza, non sussistevano i presupposti per un esame nel merito dell’impugnazione.
Le conclusioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Come conseguenza di tale declaratoria, e in assenza di ipotesi di esonero, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale. Questa ordinanza ribadisce che la valutazione sulla pericolosità sociale è di competenza esclusiva del giudice di merito e può essere censurata in sede di legittimità solo se basata su una motivazione palesemente illogica o giuridicamente errata, e non per un semplice disaccordo sull’interpretazione dei fatti.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione sulla pericolosità sociale fatta dal Tribunale di Sorveglianza?
Sì, ma solo se si denunciano vizi di legittimità, come un’errata applicazione della legge o una motivazione manifestamente illogica. Non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti per giungere a una diversa conclusione.
Quali elementi sono stati considerati decisivi per confermare l’applicazione della libertà vigilata?
Il Tribunale ha ritenuto decisivi gli elementi sintomatici di una non ancora cessata pericolosità sociale, quali la violazione di misure di prevenzione commessa poco dopo l’applicazione della misura di sicurezza e i precedenti penali di particolare allarme sociale.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza?
Comporta che il ricorso non viene esaminato nel merito. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43517 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43517 Anno 2024
Presidente: FIORDALISI DOMENICO
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
4 Efekte – a – v-v 4 s . e – allei , a – lti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Rilevato che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore si duole del vizio di motivazione in merito alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione della libertà vigilata – sono manifestamente infondate.
Invero, il Tribunale di sorveglianza di Napoli, con argomentare non illogico, ha apprezzato una serie di elementi sintomatici di una non ancora cessata pericolosità sociale del ricorrente (come la violazione delle misure di prevenzione commessa pochi giorni dopo l’applicazione della misura di sicurezza applicata, nonché i precedenti penali di particolare allarme sociale), non trascurando di evidenziare gli elementi positivi acquisiti, di cui, tuttavia, non è stata apprezzata la portata risolutiva.
Il ricorso, di contro, muove censure che si limitano ad esprimere un mero dissenso rispetto alla valutazione operata dal Tribunale, opponendo ad essa una non consentita rilettura delle emergenze processuali.
Osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2024.