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Liberazione condizionale requisiti: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto che chiedeva la liberazione condizionale. La decisione si basa sulla valutazione che i requisiti per la liberazione condizionale non sono soddisfatti in assenza di un provato e irreversibile pentimento, nonostante la buona condotta carceraria e l’età avanzata del ricorrente. La Corte ha sottolineato come la lunga carriera criminale e una recente sottrazione all’esecuzione della pena dimostrino la mancanza di un reale ravvedimento.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liberazione condizionale requisiti: quando la buona condotta non basta

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nell’ambito dell’esecuzione della pena: i liberazione condizionale requisiti. La Suprema Corte ha stabilito che, per ottenere questo importante beneficio, non sono sufficienti né una regolare condotta durante la detenzione né l’età avanzata del condannato. È necessario, invece, dare prova di un cambiamento profondo, effettivo e irreversibile, che testimoni un sincero pentimento e un definitivo allontanamento dal passato criminale. Questo principio è stato affermato nel respingere il ricorso di un detenuto ultraottantenne con un lungo curriculum di reati.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un uomo, nato nel 1945, che ha presentato ricorso contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Napoli. Quest’ultimo aveva negato la sua richiesta di liberazione condizionale. Nel suo appello, il detenuto lamentava che il Tribunale non avesse adeguatamente considerato due elementi a suo favore: il comportamento tenuto durante l’esecuzione della pena, considerato sintomo di ravvedimento, e la sua età avanzata (superiore agli ottant’anni), che renderebbe la detenzione carceraria particolarmente afflittiva e incompatibile con le finalità rieducative della pena.

L’Analisi della Cassazione sui requisiti della Liberazione Condizionale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo che le argomentazioni del ricorrente fossero mere “doglianze in fatto”. In altre parole, il detenuto non contestava una errata applicazione della legge, ma chiedeva alla Suprema Corte una nuova valutazione dei fatti, un compito che non rientra nelle sue competenze. La Cassazione non è un giudice di terzo grado che può riesaminare il merito della vicenda, ma un giudice di legittimità, il cui ruolo è garantire l’uniforme e corretta interpretazione della legge.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha confermato la validità del ragionamento del Tribunale di Sorveglianza. Le motivazioni per il diniego si fondano su una serie di elementi negativi che, nel loro complesso, impediscono di ritenere raggiunto quel “sicuro ravvedimento” richiesto dall’art. 176 del codice penale. In particolare, è stato evidenziato che:

1. La Carriera Criminale: A carico del soggetto risultano dieci condanne per reati commessi tra il 1964 e il 2006, tra cui reati di notevole gravità come il favoreggiamento personale aggravato dal metodo mafioso e l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti.
2. Procedimenti Pendenti: Risultano ancora pendenti due procedimenti per ricettazione e violazione della legge sugli stupefacenti, a dimostrazione di una persistente inclinazione a delinquere.
3. La Sottrazione all’Esecuzione: Un elemento decisivo è stata la recente condotta del ricorrente, che si è reso irreperibile per sottrarsi a un ordine di esecuzione della pena emesso a fine 2019, venendo rintracciato solo alcuni mesi dopo. Questo comportamento, secondo la Corte, milita in senso contrario a un presunto processo di recupero e affrancamento dal passato.

In sintesi, i giudici hanno concluso che non è emersa alcuna “concreta condotta” che dimostri un cambiamento effettivo e un pentimento profondo. La semplice buona condotta in carcere e la precedente concessione della liberazione anticipata non sono sufficienti a soddisfare i più stringenti liberazione condizionale requisiti.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la liberazione condizionale non è un automatismo legato al trascorrere del tempo o a un comportamento formalmente corretto in istituto. È un beneficio che presuppone una revisione critica del proprio passato e la dimostrazione, con fatti concreti e coerenti, di aver intrapreso un percorso di cambiamento irreversibile. La sottrazione alla giustizia e un curriculum criminale significativo sono ostacoli quasi insormontabili, poiché contraddicono la presunzione di un avvenuto e sicuro ravvedimento, elemento cardine per la concessione del beneficio.

La buona condotta in carcere è sufficiente per ottenere la liberazione condizionale?
No, secondo questa ordinanza, la buona condotta carceraria e la precedente concessione della liberazione anticipata non sono, da sole, sufficienti. È richiesta la prova di un profondo, sincero e irreversibile ravvedimento, che dimostri un totale distacco dal passato criminale.

L’età avanzata del detenuto può essere un fattore determinante per la concessione della liberazione condizionale?
Sebbene l’età sia un elemento da considerare, in questo caso non è stata ritenuta decisiva. La Corte ha dato maggior peso alla mancanza di prove di un effettivo pentimento e alla pericolosità sociale del soggetto, desunta dalla sua lunga carriera criminale e da comportamenti recenti, come la sottrazione all’esecuzione della pena.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le lamentele del ricorrente (le “doglianze”) riguardavano la valutazione dei fatti (come l’interpretazione del suo comportamento e della sua età), e non la violazione di norme di legge. La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti di un caso, ma solo controllare la corretta applicazione del diritto da parte dei giudici dei gradi precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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