Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 24150 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 24150 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/12/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIONOMEAVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio,.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha rigettato l’istanza di liberazione condizionale proposta da NOME COGNOME (soggetto attualmente in stato di semilibertà presso la Casa di reclusione di Parma, in espiazione della pena dell’ergastolo, con decorrenza dal 07/05/1996, conseguente al cumulo operato dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Palermo il 26/03/2013, per reati di associazione di tipo mafioso, estorsione continuata, armi, furto, falso materiale, omicidio in concorso, commessi tra il 1981 e il 1997).
2. Ricorre per cassazione NOME AVV_NOTAIO, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo due motivi che – sebbene formalmente articolati in distinte doglianze – presentano una struttura tra loro pienamente sovrapponibile. Con il primo motivo, dunque, viene denunciata omessa e contraddittoria motivazione, in relazione agli elementi, pure acquisiti agli atti, non valutati dal Tribunale d sorveglianza. Con il secondo motivo, viene denunciata violazione di legge ex art. 176 cod. pen.
Trattasi di soggetto che non ha mai collaborato, ma che ha sempre tenuto una ineccepibile condotta in ambito carcerario, ricevendo note sempre positive; ha ottenuto sia la liberazione anticipata, sia permessi premio anche a Palermo (città nella quale ancora vivono i familiari delle vittime) senza mai dare origine a problemi di qualsivoglia genere. A suo carico, peraltro, non è applicabile l’art. 4bis legge 26 luglio 1975, n. 354; il ravvedimento di COGNOME, in definitiva, deve ritenersi sicuro. Quanto all’adempimento delle obbligazioni, il condannato non dispone sicuramente delle somme necessarie; la costante giurisprudenza, però, interpreta tale adempimento non quale elemento a sé stante, bensì quale parte della più ampia nozione di ravvedimento; del resto, al ricorrente è stata già accordata la semilibertà.
La contraddittorietà dell’ordinanza impugnata, quindi, si annida nell’aver dapprima considerato sicuro il ravvedimento del condannato, per poi negare l’auspicato beneficio. Molteplici sono, del resto, gli indici del suo cert cambiamento di vita (vi è stato il conseguimento del diploma di ragioniere; risulta il proficuo svolgimento di lavoro, all’esterno del carcere; è accertato l’espletamento di attività di volontariato in favore di soggetti anziani, ospiti di un casa di riposo). A ciò si aggiunga che sono in atti i pareri negativi espressi dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, ma anche le indicazioni delle Questure di Parma e Palermo, che hanno riferito di non disporre elementi deponenti nel senso della permanenza dei legami del condannato, con la criminalità organizzata
(quest’ultima Questura, inoltre, ha chiarito come NOME non abbia dato adito a problemi di sorta, durante la fruizione dei permessi in detta città).
3. Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnato provvedimento. La decisione avversata si fonda sul rilievo del difetto di adempimento delle obbligazioni civili nei confronti delle vittime, oltre che sulla mancanza – con riferimento a tale aspetto – di concrete forme di resipiscenza. Secondo la prevalente giurisprudenza, tale adempimento non basta da solo a costituire prova del ravvedimento, ma certamente rientra fra gli elementi all’uopo valutabili. L’impossibilità di adempiere non coincide con l’indigenza assoluta, dovendo essere valutata, invece, in senso relativo, in base alle reali condizioni economiche del condannato e all’entità pecuniaria delle obbligazioni. La dimostrazione circa l’impossibilità di adempiere non costituisce onere probatorio della parte, ma va accertata d’ufficio.
Contrasta con il percorso argomentativo della decisione adottata la concessione, prima, dell’autorizzazione al lavoro esterno e, in seguito, del beneficio della semilibertà. Sono stati prodotti, inoltre, il diploma di licenza media che il ricorrente ha conseguito in carcere nel 2005, il diploma di maturità del 2010, nonché vari attestati e un encomio ricevuti durante la carcerazione. Della indubbia valenza di tali atti, il Tribunale di sorveglianza non ha tenuto conto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Questa Corte ha costantemente affermato che la nozione di «ravvedimento», rilevante in punto di concessione dell’istituto della liberazione condizionale, abbraccia l’insieme dei comportamenti concretamente tenuti ed esteriorizzati dal condannato, entro l’arco temporale coperto dall’espiazione della pena, che siano obiettivamente atti a evocare, anche alla luce del progressivo percorso trattamentale di rieducazione e di recupero, la sussistenza di una convinta e sicura rivisitazione critica delle pregresse scelte criminali, oltre a essere idonei a consentire – in termini di certezza, o almeno di elevata e qualificata probabilità, confinante però con la certezza – la formulazione di un serio, affidabile e ragionevole giudizio prognostico, in ordine alla pragmatica conformazione della futura condotta di vita del soggetto, all’osservanza della legge penale in precedenza violata (Sez. 1, n. 486 del 25/09/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265471; Sez. 1, n. 45042 del 11/07/2014, COGNOME, Rv. 261269; Sez. 1, n. 34946 del 17/07/2012, Somma, Rv. 253183). Il Tribunale di sorveglianza deve fondare
le proprie valutazioni, in ordine alla valenza del già effettuato percorso trattamentale, sulle relazioni provenienti dagli organi ai quali è demandata l’osservazione del condannato, senza però essere vincolato dal tenore dei pregressi giudizi; compete quindi al medesimo giudice, dovendosi prescindere da ogni forma di automatismo, la definitiva valutazione, in ordine alla pregnanza e concludenza dell’operato percorso di revisione critica del vissuto criminale (Sez. 1, n. 19818 del 23/03/2021, COGNOME, Rv. 281366; Sez. 1, n. 23343 del 23/03/2017, Arzu, Rv. 270016; Sez. 1, n. 52627 del 14/11/2017, COGNOME, Rv. 271475; Sez. 1, n. 486 del 25/09/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265471; Sez. 1, n. 53761 del 22/09/2014, Palena, Rv. 261982; Sez. 1, n. 33343 del 04/04/2001, COGNOME, Rv. 220029). Laddove il carico di pregiudizi, oltre che la gravità dei reati perpetrati dal condannato, non siano intrinsecamente ostativi – in presenza dei presupposti di legge – alla concessione della liberazione condizionale, tali elementi rappresentano il momento iniziale della valutazione della personalità del condannato, al fine di accertarne il ravvedimento. Tale rinnovato atteggiamento deve apparire – per espresso dato testuale della norma – «sicuro», circostanza che obbliga al compimento di una valutazione tanto più rigorosa e penetrante, in ordine al comportamento serbato dal condannato nel corso dell’espiazione della pena, quanto più vasto si sia rivelato l’allarme sociale determinato dai crimini perpetrati (Sez. 1, n. 1699 del 29/05/1985, COGNOME, Rv. 169872).
Tale valutazione, in definitiva, non deve arrestarsi alla mera verifica, circa la partecipazione del condannato all’iter rieducativo; deve essere condotto, al contrario, un esame particolarmente attento e approfondito, finalizzato ad accertare l’esistenza sia di un effettivo e irreversibile mutamento, manifestato a mezzo della condanna totale del proprio pregresso agire illecito, sia del correlato profondo e sincero pentimento, da dimostrarsi con comportamenti rigorosamente nel tempo coerenti.
2.1. La giurisprudenza di legittimità è poi consolidata, nel ritenere che il mancato incolpevole adempimento alle obbligazioni civili non sia ostativo alla concessione della liberazione condizionale, a patto però che vi sia un interesse nei confronti delle vittime, da intendersi quale manifestazione sintomatica del più complessivo ravvedimento e cambiamento di vita. Può in proposito richiamarsi il dictum di Sez. 1, n. 12782 del 24/02/2021, COGNOME, Rv. 280864 – 01, secondo la quale: «In tema di liberazione condizionale il fatto che risulti dimostrata la obiettiva impossibilità di adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, secondo quanto previsto dall’ultimo comma dell’art. 176 cod. pen., non esclude che la manifestazione o meno di interesse per la vittima e di intendimenti di riparazione, se non sul piano materiale, quanto meno su quello morale, possano essere legittimamente valutati dal giudice ai fini del giudizio in ordine alla
sussistenza o meno del requisito del ravvedimento » (nello stesso senso, si vedano Sez. 5, n. 11331 del 10/12/2019, dep. 2020, Cesarano, Rv. 279041 – 01 e Sez. 1, n. 1635 del 13/04/1992, Nanni, Rv. 190107).
2.2. Le regole ermeneutiche elaborate da questa Corte, quindi, si imperniano sul fatto che il mancato adempimento, purché incolpevole – da parte del condannato – alle obbligazioni civili scaturenti dal reato commesso non sia immancabilmente ostativo alla concessione della liberazione condizionale; ciò a patto, però, che venga manifestato un concreto interesse nei confronti delle vittime, da intendersi quale fattore evocativo di un più complessivo ravvedimento e di un totale cambiamento di vita. In tale ottica, lo stesso adempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato esplica efficacia in sede di verifica, non tanto in punto di avvenuta eliminazione del pregiudizio cagionato, bensì in ordine alla serietà della revisione critica del condannato, rispetto alle pregresse scelte criminali (Sez. 1, n. 17831 del 20/04/2021, Celona, Rv. 281360 – 01).
2.3. Quanto all’esame specifico del ricorso, giova sottolineare come la avversata ordinanza si fondi sul presupposto del mancato risarcimento dei danni, in favore dei parenti delle vittime e sulla mancata dimostrazione di alcuna forma di effettivo interesse nei confronti degli stessi, non avendo il condannato assunto concrete iniziative in tal senso.
2.4. Tale profilo nodale della decisione impugnata viene però aggredito, ad opera della difesa, spendendo argomentazioni distoniche rispetto allo specifico tema.
2.4.1. Nell’atto di impugnazione viene fatto riferimento, infatti, all’esplicazione di attività di volontariato da parte del condannato; si omette, però, l’instaurazione di un rapporto dialettico con l’affermazione dei Giudici di sorveglianza, laddove questi hanno ritenuto esser state intraprese iniziative di natura assistenziale, che però non hanno comportato un diretto confronto con la tipologia di passato deviante del condannato e che, per questa specifica ragione, non possono essere reputate evocative di un sicuro ravvedimento, da parte del condannato.
2.4.2. Il Tribunale di sorveglianza, dunque, seguendo un percorso argomentativo giuridicamente ineccepibile, ha chiarito come il concreto impegno riparatorio verso le vittime possa ritenersi surrogato, in presenza di attività di diverso genere (quale è, nel caso di specie, l’opera di volontariato), solo se risulti la sicura instaurazione di un immediato confronto del condannato, con le sue precedenti condotte criminose. Un confronto che, ovviamente, deve essere stabilito proprio con la specifica tipologia di attività antigiuridica, per la quale s stata riportata la pena in espiazione. A tale ineccepibile affermazione, però, la
difesa manca di opporre argomentazioni pertinenti, finendo per delinear doglianze decisamente decentrate, rispetto al tema.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto d ricorso; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali.
Così deciso in Roma, il 26 aprile 2024.