Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46790 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46790 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CERCOLA il 03/04/1986
avverso l’ordinanza del 20/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, dott.ssa NOME COGNOME la quale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 20 giugno 2024, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato la richiesta di NOME COGNOME di ammissione alla liberaz condizionale con riferimento alla pena residua di ventiquattro anni, sei mes diciannove giorni di reclusione i~1 1 – risultante dal provvedimento di cumulo emesso nei suoi confronti il 12 marzo 2019 ed irrogatagli per aver commesso, sino al 2009, i reati di associazione mafiosa, estorsione tentat continuata, violazione della legislazione in materia di armi, tentato omicidio.
A tal fine – premesso che COGNOME, collaboratore di giustizia, scontando la sanzione in regime di detenzione domiciliare dal maggio del 2023 ha dato atto delle informazioni acquisite in ordine al positivo consolidame della collaborazione con la giustizia, alla regolarità della condotta serb seguito della collocazione in regime detentivo domiciliare, alla revoca de misura di prevenzione già disposta a suo carico, all’impegno dimostrato nel studio, alla dedizione ad attività di volontariato.
É, nondimeno, pervenuto al rigetto dell’istanza sul rilievo che il condanna giunto sul crinale della metà della pena in espiazione, ha seguitato, pur l’avvio del percorso collaborativo, risalente al 2016, a porre in e manifestazioni trasgressive, rendendosi autore, sino al 2019, di numero infrazioni disciplinari, sicché la dedotta regolarità del percorso riedu intramurario si è protratta, a ben vedere, per soli quattro anni.
Ha, quindi, stimato che i concorrenti elementi di valutazione (la costanz fruttuosità dell’apporto collaborativo; la regolarità della condotta carcerari data dal 2019; i progressi nello studio; la revoca della misura di prevenzi sono già stati considerati all’atto dell’ammissione alla detenzione domicili che l’unico sopravvenuto, costituito dall’interesse per lo svolgimento di attiv volontariato presso un centro di ascolto, è assai recente, in quanto risalent fine del 2023.
Ha, pertanto, concluso che dalle circostanze dedotte non possa «inferir alcuno step ulteriore di implementazione del percorso di ridefinizione della personalità né prova di operosa e credibile attivazione di volontà riparativa e simbolica, in una nuova prospettiva della eliminazione/attenuazione del conseguenze dannose dei reati commessi».
NOME COGNOME propone, con il ministero dell’avv. NOME COGNOME ricors per cassazione affidato a tre motivi, che possono essere enuncia congiuntamente e, in ossequio alla previsione dell’art. 173, comma 1, disp.
cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione, e che sono stati, successivamente, riproposti e sviluppati con memoria del 7 ottobre 2024.
Ascrive al Tribunale di sorveglianza, nell’ottica della violazione di legge e del vizio di motivazione, di essere pervenuto al rigetto dell’istanza di liberazione condizionale sulla mera considerazione della gravità dei reati commessi e dell’omessa adozione di condotte lato sensu riparatorie, omettendo, al contempo, di riconoscere la giusta rilevanza agli elementi di segno positivo, numerosi e pregnanti, allegati, con il supporto di idoneo riscontro probatorio.
Rilevato, in punto di fatto, che la decisione impugnata risente dell’imprecisa e penalizzante indicazione del quantum di sanzione già espiata, pari a due terzi, anziché alla metà, di quella complessivamente irrogatagli, lamenta che, illogicamente, sia stato attribuito rilievo pressoché nullo: alla durata del percorso collaborativo, che ha ormai raggiunto gli otto anni ed è stato coronato da costanti riconoscimenti in sede giurisdizionale; all’applicazione della liberazione anticipata per quasi mille giorni complessivi; ai risultati attestati dall’ammissione, in ossequio al principio della gradualità trattamentale, ai permessi premio e, quindi, alla detenzione domiciliare; ai pareri favorevoli espressi da tutte le autorità preposte.
Segnala, inoltre, che il mancato interessamento nei confronti delle vittime dei reati commessi e l’omessa promozione di iniziative riparatorie non costituiscono, in carenza di specifica previsione normativa, ragioni ostative alla liberazione condizionale e devono, invece, essere inserite nel quadro della globale delibazione di tutte le evidenze disponibili, finalizzata a comprendere se egli si sia o meno impegnato nella revisione critica della vita anteatta ed abbia manifestato una reale aspirazione al proprio riscatto morale, ovvero al compimento di una verifica che, nel caso di specie, avrebbe dovuto sortire esito senz’altro positivo.
Aggiunge, sotto altro aspetto, che l’evocazione di un imprecisato ed insondabile quid pluris in chiave di effettività e completezza del ravvedimento, il cui difetto osterebbe alla positiva definizione del procedimento, si traduce nell’attribuzione al tribunale di sorveglianza di una discrezionalità del tutto svincolata dai parametri di legge e, al contempo, sottratta alla verifica di coerenza logica e non contraddittorietà del provvedimento che, nel caso in esame, avrebbe dovuto essere compiuta con specifico riferimento alla immotivata svalutazione della miriade di indici che comprovano il suo definitivo abbandono delle pregresse logiche devianti (che, peraltro, hanno favorito la commissione di illeciti commessi non oltre quindici anni orsono) e la matura e stabile acquisizione dei valori che sottendono alla civile convivenza.
Ribadisce che l’esito dell’azione rieducativa sin qui svolta, che ha supportato l’ammissione ai permessi premio e, poscia, alla detenzione domiciliare, concorre con l’univoco tenore delle più recenti relazioni di sintesi dell’équipe penitenziaria nell’attestare che egli è soggetto ormai pienamente affidabile, in quanto protagonista di un duraturo cammino di riscatto personale, incentrato, innanzitutto, sul ripensamento dei trascorsi agiti delittuosi, secondo quanto, del resto, ulteriormente testimoniato dalla intervenuta revoca della misura di prevenzione.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
2. L’art. 16-nonies d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito nella legge 15 marzo 1991, n. 64, prevede, al comma 1, che «Nei confronti delle persone condannate per un delitto commesso per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale o per uno dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, che abbiano prestato, anche dopo la condanna, taluna delle condotte di collaborazione che consentono la concessione delle circostanze attenuanti previste dal codice penale o da disposizioni speciali, la liberazione condizionale, la concessione dei permessi premio e l’ammissione alla misura della detenzione domiciliare prevista dall’articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, sono disposte su proposta ovvero sentito il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo».
I successivi commi 2 e 3 dispongono, poi, tra l’altro, che «Nella proposta o nel parere il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo fornisce ogni utile informazione sulle caratteristiche della collaborazione prestata» e che «La proposta o il parere indicati nel comma 2 contengono inoltre la valutazione della condotta e della pericolosità sociale del condannato e precisano in specie se questi si è mai rifiutato di sottoporsi a interrogatorio o a esame o ad altro atto di indagine nel corso dei procedimenti penali in cui ha prestato la sua collaborazione. Precisano inoltre gli altri elementi rilevanti ai fi dell’accertamento del ravvedimento anche con riferimento alla attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva».
Ai sensi del comma 4, infine, «Acquisiti la proposta o il parere indicati nei commi 2 e 3, il tribunale o il magistrato di sorveglianza, se ritiene che
sussistano i presupposti di cui al comma 1, avuto riguardo all’importanza della collaborazione e sempre che sussista il ravvedimento e non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva, adotta il provvedimento indicato nel comma 1 anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai limiti di pena di cui all’artico 176 del codice penale e agli articoli 30-ter e 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Il provvedimento è specificamente motivato nei casi in cui le autorità indicate nel comma 2 del presente articolo hanno espresso parere sfavorevole».
3. La giurisprudenza di legittimità, chiamata a circoscrivere l’ambito della verifica demandata alla magistratura di sorveglianza in vista dell’ammissione dei collaboratori di giustizia ai benefici sopra indicati, ha costantemente ritenuto che l’istituto disciplinato dall’art. 16-nonies non è applicabile in modo indiscriminatamente generalizzato, giacché l’esito positivo della relativa istanza presuppone l’espressione di un giudizio favorevole in ordine al ravvedimento del soggetto che si apre alla collaborazione con l’autorità giudiziaria, fondato sulla condotta complessiva del collaboratore di giustizia e sul convincimento che l’azione rieducativa svolta abbia avuto come risultato il compiuto ravvedimento, all’esito di una revisione critica della vita anteatta (Sez. 1, n. 988 dell’01/02/2007, COGNOME, Rv. 236548; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 43207 del 16/10/2012, Russo, Rv. 253833; Sez. 1, n. 3422 del 14/01/2009, Diana, Rv. 242559).
Del resto, è stato ulteriormente notato, il requisito del «ravvedimento», previsto dall’art. 16-nonies, comma 3, non può essere oggetto di una sorta di presunzione, formulabile sulla sola base dell’avvenuta collaborazione e dell’assenza di persistenti collegamenti del condannato con la criminalità organizzata, ma richiede la presenza di distinti, specifici elementi, di qualsivoglia natura, che valgano a dimostrarne in positivo, sia pure in termini di mera, ragionevole probabilità, l’effettiva sussistenza (Sez. 1, n. 43256 del 22/05/2018, Sarno, Rv. 274517; Sez. 1, n. 48891 del 30/10/2013, Marino, Rv. 257671; Sez. 1, n. 1115 del 27/10/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 245945).
In questo ambito valutativo, tra gli elementi che possono essere utilizzati ai fini della formulazione di un giudizio prognostico favorevole al collaboratore di giustizia, devono prendersi in esame «i rapporti con i familiari, con il personale giudiziario, nonché lo svolgimento di attività lavorativa o di studio onde verificare se c’è stata da parte del reo una revisione critica della sua vita anteatta e una reale ispirazione al suo riscatto morale» (Sez. 1, n. 9887 dell’01/02/2007, Pepe, cit.).
Ne discende che, ai fini dell’accertamento del presupposto del ravvedimento, si deve avere riguardo non solo agli esiti del trattamento penitenziario, ma anche alla complessiva condotta del soggetto, affinché entrambi questi indici possano fondare, sulla base di obiettivi parametri di riferimento, un giudizio prognostico sicuro riguardo al venir meno della pericolosità sociale dello stesso e alla effettiva capacità del suo ordinato reinserimento nel tessuto sociale (tra le altre, Sez. 1, n. 34946 del 17/07/2012, COGNOME, Rv. 253183; Sez. 1, n. 9001 del 04/02/2009, COGNOME, Rv. 243419; Sez. 1, n. 18022 del 24/04/2007, COGNOME, Rv. 237365).
4. In questo solco si inserisce l’indirizzo ermeneutico che, in materia di concessione della liberazione condizionale chiesta da un collaboratore di giustizia, attesta la necessità di un vaglio ampio, che, pur all’interno di una cornice non segnata da canoni di ostatività, tenga conto di tutti gli elementi rilevanti in vista della formulazione di un giudizio prognostico di ravvedimento sulla base di un completato percorso trattamentale di rieducazione e recupero idoneo a sostenere la previsione, in termini di certezza, di una conformazione al quadro ordinamentale e sociale a suo tempo violato (Sez. 1, n. 3312 del 14/01/2020, COGNOME, Rv. 277886 – 01; Sez. 1, n. 10421 del 19/02/2009, COGNOME, Rv. 242900 – 01).
Appropriato si palesa, al contempo, il richiamo all’orientamento, attinente alle coordinate generali dell’istituto previsto dall’art. 176 cod. peri., secondo cui «In tema di liberazione condizionale, il presupposto del “sicuro ravvedimento” non consiste semplicemente nella ordinaria buona condotta del condannato, necessaria per fruire dei benefici previsti dall’ordinamento penitenziario, ma implica comportamenti positivi dai cui poter desumere l’abbandono delle scelte criminali, e tra i quali assume particolare significato la fattiva volontà del reo d eliminare o di attenuare le conseguenze dannose del reato» (Sez. 1, n. 486 del 25/09/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265471 – 01).
A quest’ultimo proposito, occorre, nondimeno, segnalare come la giurisprudenza di legittimità abbia avuto altresì modo di précisare, di recente, che «Ai fini della concessione della liberazione condizionale chiesta da un collaboratore di giustizia, ai sensi dell’art. art. 16-nonies, d.l. 15 gennaio 1991, n. 8 il giudice, nel valutare il sicuro ravvedimento dell’istante, deve tener conto di indici sintomatici del “sicuro ravvedimento”, quali l’ampiezza dell’arco temporale nel quale si è manifestato il rapporto collaborativo, i rapporti con i familiari e il personale giudiziario, lo svolgimento di attività lavorativa, di studio sociali, successive alla collaborazione, non potendo assumere rilievo determinante la sola assenza di iniziative risarcitorie nei confronti delle vittime
dei reati commessi» (Sez. 1, n. 17831 del 20/04/2021, Celona, Rv. 281360 01).
Risulta, per tale via, acclarato che «il mancato adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, pur non assumendo valenza ostativa all’accoglimento dell’istanza, stante la deroga alle disposizioni ordinarie contenuta all’art. 16-novies della legge 15 gennaio 1991, n. 8, rileva, unitamente agli altri indici di valutazione, quali i rapporti con i familiari personale giudiziario e gli altri soggetti qualificati nonché il proficuo svolgimento di attività di lavoro o di studio, ai fini del giudizio sul ravvedimento d condannato» (Sez. 1, n. 19854 del 22/06/2020, Licata, Rv. 279321 – 01).
Ritiene il Collegio che, nel caso in esame, il Tribunale di sorveglianza in esame si sia conformato ai richiamati e condivisi canoni ermeneutici.
L’ordinanza impugnata muove, invero, dalla considerazione del percorso rieducativo seguito da COGNOME a partire dall’avvio, nel 2016, del rapporto di collaborazione con la giustizia che, pur proficuo, è stato connotato, per il primo triennio, dall’irregolarità comportamentale del condannato il quale, in costanza di restrizione carceraria, si è reso protagonista di atti trasgressivi che gli sono valsi, a più riprese, l’inflizione di sanzioni disciplinari.
La successiva evoluzione della personalità dell’odierno ricorrente in direzione dell’abbandono di condotte oppositive ed antisociali e del consolidamento di più consoni modelli ed orizzonti di vita, accompagnati dall’impegno nello studio, ha consentito di sperimentare l’inserimento di COGNOME in ambiente extramurario che, inaugurato dalla concessione, a partire dal 2021, di permessi premio, è stato suggellato, nel maggio del 2023, dalla sua ammissione alla detenzione domiciliare.
Il Tribunale di sorveglianza, preso atto della consistenza della pena residua da espiare, pari a circa dodici anni, e della brevità del tempo trascorso da COGNOME in regime di detenzione domiciliare, ha, quindi, espressamente informato la decisione al principio, pacificamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le tante, Sez. 1, n. 49 del 11/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280211 – 01; Sez. 1, n. 23666 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 27945701), di progressività e gradualità del trattamento, in forza del quale è legittimo, anche quando siano emersi elementi positivi nel comportamento del detenuto, ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e lo svolgimento di altri esperimenti premiali, al fine di verificare l’attitudine del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni da imporre (così Sez. 1, n. 22443 del 17/01/2019, COGNOME, Rv. 276213 – 01; Sez. 1, n. 27264 del 14/01/2015, COGNOME, Rv. 264037 – 01; Sez. 1, n. 15064 del 06/03/2003, Chiara, Rv. 224029 – 01).
Il Tribunale di sorveglianza ha motivato la decisione, tra l’altro, sul postulato che l’unico elemento di novità rispetto alla situazione apprezzata – nell’ambito, peraltro, di procedimento introdotto al fine di conseguire l’ammissione alla liberazione condizionale e, solo in via subordinata, la detenzione domiciliare -nella primavera del 2023 e, quindi, a distanza di poco più di un anno è rappresentato dall’interesse manifestato da COGNOME per attività di volontariato, da svolgere presso un centro di ascolto, ovvero da una circostanza che, tanto più in quanto non accompagnata da iniziative di natura riparatoria, induce a ritenere prematura l’ammissione ad una misura alternativa alla detenzione che, pur connotata da prescrizioni, assegna al condannato amplissimi spazi di libertà ed autodeterminazione.
Nel caso di specie, dunque, l’esercizio del potere normativamente riservato al Tribunale di sorveglianza è stato orientato da circostanze di fatto che sono state inserite nel contesto di una valutazione esente da fratture razionali, in quanto ancorata alle tappe dell’iter rieducativo seguito dal condannato, alla rispettiva scansione cronologica ed all’evoluzione dei comportamenti di COGNOME e parametrata, ulteriormente, alla durata della pena da espiata e da espiare ed alla gravità delle condotte illecite che ne hanno determinato l’irrogazione.
A prescindere dall’imprecisione – priva di rilevanza decisiva nella complessiva economia dell’ordinanza decisione impugnata – relativa al rapporto tra restrizione già patita e sanzione residua, il Tribunale di sorveglianza, diversamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non ha affermato, apoditticamente, la necessità di attendere che egli completi il processo di ravvedimento né innestato in una non consentita prospettiva di ispirazione preclusiva la considerazione dell’essergli egli astenuto da azioni di carattere risarcitorio nei confronti delle vittime.
Ha, piuttosto, ritenuto che la lunghezza della pena che egli deve ancora scontare e l’epoca, recente, della sua ammissione alla detenzione domiciliare concorrono nel consigliare, allo stato, il mantenimento dell’attuale regime restrittivo, in tal modo esprimendo una valutazione che sfugge, per le ragioni indicate, ai poteri censori del giudice di legittimità, il cui esercizio presuppone la manifesta illogicità o la contraddittorietà della motivazione ovvero l’erronea applicazione della pertinente disciplina di settore, condizioni che, nella fattispecie, non è dato ravvisarsi.
Dal rigetto del ricorso discende la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen..
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 22/10/2024.