Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 15160 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 15160 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a PALERMO il 22/08/1969
avverso l’ordinanza del 6/11/2024 del TRIBUNALE di RAGIONE_SOCIALE di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 14 dicembre 2023 il Tribunale di sorveglianza di Roma aveva respinto l’istanza di concessione della liberazione condizionale presentata da NOME COGNOME in relazione alla pena determinata con il provvedimento di cumulo emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo in data 30 settembre 2017. Il Tribunale aveva rilevato che: l’istante era un collaboratore di giustizia e stava espiando, dal 3 aprile 2019 in regime di detenzione domiciliare, un residuo pena di dodici anni, sei mesi e tre giorni di reclusione; un’istanza analoga era stata respinta in data 11 marzo 2021; il parere della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo (di seguito PNAA), datato 8 novembre 2022, era favorevole, stanti l’importanza della collaborazione fornita, la recisione dei legami con la criminalità organizzata e le positive informazioni di polizia, nelle quali si dava atto della sua condotta regolare nella località protetta in cui viveva, con la compagna e la figlia, e dove lavorava; il necessario requisito del sicuro ravvedimento non risultava provato, mancando, in particolare, ogni iniziativa di carattere risarcitorio nei confronti delle vittime dei reati commessi, limitate a pochi versamenti di 50 euro in favore di un’associazione di volontariato; il suo reinserimento sociale non poteva valutarsi come pienamente consolidato, essendo ancora recente, rispetto al fine pena, indicato nel 7 dicembre 2027, la sua ammissione alla detenzione domiciliare; al di là della positiva proiezione sul versante lavorativo e affettivo, egli non si era «dato una nuova dimensione esistenziale (…) realmente espressiva del completamento del percorso di ridefinizione della personalità».
1.1. Con sentenza in data 6 novembre 2024, la Prima Sezione della Corte di cassazione annullò il predetto provvedimento ritenendo che la motivazione fosse apodittica, apparente nonché contraddittoria. Ciò in quanto il Tribunale aveva richiamato i requisiti richiesti dall’art. 176 cod. pen. per la concessione della liberazione condizionale e, in particolare, quello del «sicuro ravvedimento» del condannato, ma non aveva valutato l’effettivo raggiungimento di tale obiettivo sulla base di tutti gli indici favorevoli, che pure aveva richiamato (in particolare: i parere favorevole della PNAA, quando alla importanza della collaborazione prestata, ritenuta sintomatica della rescissione dei rapporti con l’associazione criminosa di appartenenza; le informazioni positive del Servizio Centrale di Protezione circa l’adozione di uno stile di vita regolare, lo svolgimento di attività lavorativa quanto meno dal 2022, l’attuale mantenimento del lavoro e l’assenza di condotte, anche occasionali, contrastanti con uno stile di vita improntato all’accettazione delle regole), essendo stati valorizzati unicamente il mancato adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato e l’omessa attuazione di concrete iniziative riparatorie nei confronti delle vittime. In questo modo, invero,
l’ordinanza era risultata contraddittoria laddove l’assenza di condotte riparatorie veniva smentita dal riferito periodico versamento di una somma di denaro in favore di un’associazione di volontariato, ritenuta esigua senza però considerare le capacità economiche di COGNOME. Così come contraddittorie erano le affermazioni sia della brevità del tempo decorso dalla concessione della detenzione domiciliare, rispetto al fine pena, atteso che questo era fissato al 7 dicembre 2027 e che, quindi, alla data di emissione della ordinanza, era decorsa oltre la metà della pena ancora da espiare; sia del fatto che il ricorrente fosse alla ricerca di un lavoro, avendo il Servizio Centrale di Protezione affermato che egli lavorava dal 2022, da circa due anni, e che dall’ottobre 2023 aveva un contratto a tempo indeterminato.
1.2. Con ordinanza in data 6 novembre 2024, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha concesso la liberazione condizionale richiesta da COGNOME dando atto che: egli svolge, a quella data, attività lavorativa a tempo indeterminato in una pizzeria e che si stava attivando per reperire un’altra opportunità che lo occupasse per l’intera giornata atteso che il suo nucleo familiare, costituito dalla compagna e dalla figlia nata nel 2022, non disponeva di altri redditi; dal novembre 2022 egli versava mensilmente 50 euro al Centro di RAGIONE_SOCIALE, somma ritenuta congrua rispetto alle possibilità economiche accertate e sintomatico dell’adesione ai valori di legalità, anche in considerazione della corretta gestione della detenzione domiciliare e dell’importanza e affidabilità della collaborazione prestata. Nell’applicare il beneficio, il Tribunale ha sottoposto COGNOME alla libertà vigilata per la durata di cinque anni, imponendogli, tra le altre, la prescrizione, indicata al punto n. 9, di corrispondere mensilmente a un’associazione di volontariato la somma di 50 euro, con l’obbligo, ai fini della declaratoria di estinzione della misura, di conservare la relativa documentazione e di esibirla.
NOME COGNOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento per mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 176 cod. pen. e 16-nonies, legge n. 82 della 1991 nella parte in cui il Tribunale ha imposto l’obbligo di corrispondere mensilmente a un’associazione di volontariato la somma di 50 euro, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione a tale prescrizione, asseritamente abnorme. Nel dettaglio, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., che il Tribunale abbia illegittimamente imposto, al punto n. 9), la prescrizione in parola, non contemplata dalla legge e introdotta senza alcuna motivazione, cui sarebbe stato finanche subordinato il giudizio finale sulla estinzione della pena.
In data 20 gennaio 2025 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stato chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
L’art. 16 – nonies, commi 1 e 4, legge 15 marzo 1991, n. 82 prevede che la liberazione condizionale può essere disposta per i collaboratori di giustizia «avuto riguardo all’importanza della collaborazione e sempre che sussista il ravvedimento e non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva, anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai limiti di pena di cui all’art. 176 del codice penale».
Dunque, tale disposizione consente di concedere al collaboratore di giustizia la liberazione condizionale in deroga alle previsioni dell’art. 176 cod. pen., ivi comprese quelle relative ai limiti di pena. Nondimeno, secondo la giurisprudenza di legittimità, il giudice deve verificare l’opportunità della ammissione al beneficio, che deve concernere i presupposti di meritevolezza e la fruibilità concreta del beneficio, in relazione alla personalità del condannato.
A tal fine, il giudice deve tenere conto di indici sintomatici del «sicuro ravvedimento» quali l’ampiezza dell’arco temporale nel quale si è manifestato II rapporto collaborativo, i rapporti con i familiari e il personale giudiziario, l svolgimento di attività lavorativa, di studio o sociali, successive alla collaborazione, non potendo assumere rilievo determinante la sola assenza di iniziative risarcitorie nei confronti delle vittime dei reati commessi» (Sez. 1, n. 17381 del 20/04/2021, Rv. 281360 – 01; Sez. 1, n. 42357 del 11/09/2019, COGNOME, Rv. 277141 – 01). Ciò in quanto l’art. 16 -nonies, nel prevedere che tale beneficio possa essere riconosciuto al collaboratore di giustizia, anche in deroga alle vigenti disposizioni, si riferisce non solo ai limiti di pena previsti dall’art. 176 cod. pen., espressamente richiamati, ma anche alla generale previsione del comma quarto di tale articolo, che subordina la concessione della liberazione condizionale a siffatto adempimento.
Nondimeno, nel caso in esame, la prescrizione di corrispondere mensilmente ad associazioni di volontariato la somma di euro 50 non è stata disposta dal Tribunale di sorveglianza quale adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, quanto quale manifestazione sintomatica di adesione ai valori di legalità, come già precisato con la sentenza rescindente nell’indicare possibili comportamenti indicati del sicuro ravvedimento, coerentemente con l’indirizzo di
legittimità secondo cui il mancato adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, pur non assumendo, come detto, alcuna valenza ostativa
all’accoglimento dell’istanza, comunque può essere valutato dal tribunale in sede di accoglimento della richiesta unitamente agli altri indici di valutazione (Sez. 1,
n. 19854 del 22/06/2020, Licata, Rv. 279321 – 01). Ne consegue che non appare irragionevole né manifestamente illogica la decisione che individui una siffatta
prescrizione nell’ambito delle azioni positive dirette a consolidare il percorso riabilitativo intrapreso, con il definitivo affrancamento da modelli comportamentali
di tipo deviante. Ne consegue la legittima apposizione della prescrizione in esame, anche tenuto conto della sua congruità, che il tribunale è in ogni caso tenuto a
verificare, rispetto alle accertate condizioni economiche dell’interessato, in alcun modo incise da una somma di entità comunque contenuta.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in data 25 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente