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Liberazione condizionale: ok anche senza pentimento

La Corte di Cassazione ha confermato la concessione della liberazione condizionale a un detenuto che sconta l’ergastolo per gravi reati, inclusa l’associazione mafiosa. È stato respinto il ricorso del Procuratore Generale, il quale contestava la mancanza di un’adeguata revisione critica del passato da parte del condannato e il persistente rischio di legami con l’ambiente criminale di origine. La Corte ha ritenuto che il Tribunale di Sorveglianza abbia correttamente valutato il percorso rieducativo e il ‘sicuro ravvedimento’, basandosi su elementi concreti come il distacco effettivo dall’ambiente mafioso e la condotta carceraria, ritenendoli sufficienti a superare anche la mancata ammissione di colpa per uno dei delitti più efferati.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liberazione condizionale per ergastolano: conta il percorso, non solo le parole

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35835 del 2025, ha affrontato un tema delicato e complesso: la concessione della liberazione condizionale a un condannato all’ergastolo per reati gravissimi, tra cui associazione mafiosa e omicidio. La pronuncia conferma che, ai fini della valutazione del ‘sicuro ravvedimento’, il giudice deve basarsi su un’analisi concreta e complessiva del percorso del detenuto, che può prevalere anche sulla mancata ammissione esplicita di colpa per i crimini più atroci.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo condannato all’ergastolo per una serie di delitti commessi tra il 1991 e il 1993, riconducibili a un’organizzazione mafiosa. Dopo anni di detenzione, il Tribunale di Sorveglianza gli aveva concesso la liberazione condizionale. Contro questa decisione, il Procuratore Generale ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale non avesse valutato adeguatamente alcuni elementi critici: l’attualità dei legami con l’ambiente di provenienza (considerato il ruolo apicale del padre, anch’egli detenuto in regime di massima sicurezza), il mancato adempimento delle obbligazioni civili verso le vittime e, soprattutto, l’assenza di una profonda revisione critica del proprio passato, manifestata da una certa ritrosia a parlare di uno degli omicidi più efferati, quello di un minore.

La decisione della Corte sulla liberazione condizionale

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del Procuratore, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Il punto centrale della sentenza è la distinzione tra un’analisi astratta del rischio e una valutazione concreta e individualizzata del percorso del detenuto. Secondo la Suprema Corte, il giudice di merito ha correttamente applicato i principi stabiliti dalla normativa, in particolare dall’art. 4-bis dell’Ordinamento Penitenziario, che richiede una prova rafforzata dell’assenza di collegamenti con la criminalità organizzata.

Le Motivazioni della Cassazione

Le motivazioni della Corte si fondano su diversi pilastri argomentativi.

In primo luogo, il concetto di ‘sicuro ravvedimento’ non si esaurisce in una dichiarazione verbale di pentimento. Esso deve emergere da un complesso di comportamenti concreti tenuti durante l’esecuzione della pena. Nel caso di specie, il Tribunale ha valorizzato elementi oggettivi: la recisione dei legami con il padre, il trasferimento dei familiari più stretti fuori dalla Sicilia e l’assenza totale di contatti, anche indiretti, con esponenti del contesto criminale di origine. Questi fatti, secondo la Corte, trasformano quelli che erano astratti indicatori di rischio in elementi superati da una scelta di vita radicalmente diversa.

In secondo luogo, la Corte ha affrontato la delicata questione della mancata confessione esplicita riguardo all’omicidio del minore. Il Tribunale aveva interpretato questa ritrosia non come una mancata presa di distanza, ma come una ‘passiva inaccessibilità’ dovuta al profondo disagio interiore nell’affrontare un delitto così efferato. La Cassazione ha ritenuto questa motivazione logica e non eccentrica, affermando che non costituisce un’aporia insuperabile nel percorso di ravvedimento, se controbilanciata da numerosi altri indicatori positivi.

Infine, per quanto riguarda le obbligazioni civili, la Corte ha ribadito che il loro adempimento è un indice della serietà della revisione critica, ma la sua valutazione non può prescindere dalle reali capacità economiche del condannato. L’interruzione del pagamento rateale è stata ritenuta giustificata nel contesto delle obiettive risorse e degli obblighi di assistenza familiare, non configurandosi quindi come un elemento ostativo.

Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza

Questa sentenza offre un’importante chiave di lettura sull’istituto della liberazione condizionale, specialmente per i reati di criminalità organizzata. Si afferma un principio di concretezza: la prognosi sulla pericolosità e sul ravvedimento non può basarsi su presunzioni o dati statici (come i legami familiari passati), ma deve fondarsi su una disamina approfondita e individualizzata dell’intero percorso carcerario e personale. La decisione sottolinea che un cambiamento di vita autentico, dimostrato con fatti concludenti come il taglio netto dei ponti con il proprio passato criminale, può avere un peso decisivo, anche a fronte di un’elaborazione psicologica del delitto non ancora pienamente manifestata verbalmente.

Per ottenere la liberazione condizionale è necessario un pentimento esplicito per ogni crimine commesso?
No. La sentenza chiarisce che il ‘sicuro ravvedimento’ si desume da un complesso di comportamenti e dal percorso rieducativo complessivo. Una mancata, esplicita, professione di pentimento per un crimine particolarmente grave può non essere un ostacolo insuperabile se la motivazione (come un blocco psicologico) è considerata razionale e se ci sono altri solidi indicatori di un cambiamento di vita.

Come viene valutato il rischio di riallacciare i rapporti con l’ambiente mafioso?
La valutazione non deve essere astratta, ma concreta. Elementi come i legami familiari con figure criminali perdono di significato se controbilanciati da prove effettive di distacco, come la totale assenza di contatti, anche indiretti, e il trasferimento della famiglia lontano dai luoghi di origine del sodalizio criminale. La prova deve dimostrare una scelta di vita che recide i legami con il passato.

Il mancato pagamento dei risarcimenti alle vittime impedisce sempre la concessione della liberazione condizionale?
Non necessariamente. Sebbene l’adempimento delle obbligazioni civili sia un importante indicatore della serietà della revisione critica, la sua valutazione deve tenere conto delle reali e documentate capacità economiche del condannato. Un’interruzione dei pagamenti, se giustificata da una situazione di impossibilità economica, non è considerata un indice ostativo al beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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