Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35835 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 35835 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal:
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA SEZIONE DISTACCATA DELLA CORTE D’APPELLO DI SASSARI
Nel procedimento relativo a: RAGIONE_SOCIALE NOME, nato a SAN CIPIRELLO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Sassari del 10/04/2025 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione, COGNOME, che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata, deliberata il 20 marzo 2025 ed emessa in sede di rinvio a seguito di annullamento, statuito dalla Prima sezione di questa Corte con sentenza n. 15813 del 26 giugno 2024, del provvedimento in data 15 febbraio 2024, con il quale era stata concessa a NOME COGNOME la liberazione condizionale in relazione alla pena dell’ergastolo, con isolamento diurno per mesi sei, determinata con provvedimento di cumulo emesso il 5 gennaio 2009 dalla Procura Generale di Palermo, il Tribunale di Sorveglianza di Sassari ha confermato il beneficio, con la libertà vigilata, secondo le prescrizioni accessorie.
Avverso l’ordinanza indicata del 20 marzo 2025 ha proposto ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la sezione distaccata della Corte d’appello di Sassari, affidando le proprie censure ad un unico motivo, con il quale deduce vizio della motivazione ex art. 606, comma 1, e) cod. proc. pen.
Richiamate le coordinate della sentenza d’annullamento, il Procuratore generale deduce che il Tribunale di Sorveglianza non avrebbe tenuto in adeguata considerazione i profili di criticità rilevati sui punti, letti alla luce dei reati per i l’istante ha riportato condanna (sequestro di persona a scopo di estorsione; associazione mafiosa; detenzione illegale di armi; incendio; danneggiamento; rapina aggravata; omicidio e distruzione di cadavere in concorso, commessi in Palermo tra il 1991 ed il 1993) dell’attualità dei collegamenti dell’COGNOME con l’ambiente di provenienza, anche in considerazione del ruolo apicale del padre, NOME COGNOME, allo stato detenuto in regime di massimo rigore, nonché dell’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria derivanti dal reato, rimasti insoluti.
Si evidenzia, in particolare, come il provvedimento impugnato si basi su una nuova relazione del funzionario giuridico-pedagogico penitenziario e sulle relazioni già elaborate in passato dagli esperti, senza tener conto che la relativa analisi era stata già ritenuta insufficiente dall’equipe ai fini dell’ammissione al beneficio e che quanto alla relazione aggiornata – la stessa, pur dando atto del positivo percorso del detenuto, si limita a condividere acriticamente le dichiarazioni autoreferenziali del medesimo, che non rivelano una profonda e spontanea revisione critica dei fatti
per i quali è in corso d’esecuzione la condanna. Risultano, ancora, ingiustificatamente svalutate le infrazioni accertate nel corso dell’esecuzione della misura, concessa e non sospesa pur all’sito dell’impugnazione di legittimità originaria, ed omesso un approfondito scrutinio riguardo la pericolosità dell’istante, tuttora in rapporto con i familiari ed il cui distacco dall’ambiente di provenienza risulta meramente asserito.
Si contestano, infine, le valutazioni svolte riguardo l’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato per essere stata, anche sul punto, irragionevolmente svalutata la capacità patrimoniale a farvi fronte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del Procuratore generale è infondato.
Al fine della disamina delle censure articolate con il ricorso, va, preliminarmente, tracciato l’ambito cognitivo del giudizio di rinvio, introdotto dalla declaratoria di annullamento dell’ordinanza del 15 febbraio 2024, con la quale è stata concessa a COGNOME la liberazione condizionale in relazione alla pena dell’ergastolo, con isolamento diurno per mesi sei, determinata con provvedimento di cumulo emesso il 5 gennaio 2009 dalla Procura Generale di Palermo, statuita dalla Prima sezione di questa Corte con la sentenza n. 15813 del 26 giugno 2024.
1.1. Premessa la nozione di “ravvedimento” ex art. 176 cod. pen., rilevante ai fini dell’accoglimento della richiesta di liberazione condizionale, come declinata dalla giurisprudenza di questa Corte, e ritenuta l’applicabilità, nel caso di specie, dell’art.4-bis 0.p., nel testo introdotto con d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, la Prima sezione ha sottolineato come sia demandato al giudice, alla luce della mutata natura della presunzione – divenuta relativa – di mantenimento dei collegamenti con l’organizzazione criminale, la valutazione del percorso rieducativo del condannato e dell’assenza di collegamenti, attuali o potenziali, con la criminalità organizzata e con il contesto mafioso, mediante gli ampliati poteri istruttori di cui all’art. 4-bis, comma 2, 0.p. (Sez. 1, n. 35682 del 23/05/2023, COGNOME, Rv. 284921 – 01). Ha, quindi ribadito come i benefici penitenziari e le misure alternative alla detenzione possano essere concessi, anche in assenza di collaborazione con la giustizia, ai detenuti e agli internati, purché gli stessi dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento e alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla
regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile. Ha segnalato, ancora, come, al fine della concessione dei benefici, il giudice accerti, altresì, la sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa.
Quanto all’onere della prova, la Prima sezione ha ribadito come, sulla base della nuova disciplina, qualora la persona detenuta presenti richiesta di liberazione condizionale, essa dovrà allegare specificamente i concreti elementi in base ai quali, anche in via logica, escludere sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo di un loro rispristino (Sez. 1, n. 33743 del 14/07/2021, Marazzotta, Rv. 281764 – 01), dovendo il giudice, a seguito di tali allegazioni, compiere un esame in concreto degli elementi «individualizzanti» che caratterizzano il percorso rieducativo della persona detenuta, dai quali si possa desumere la proiezione attuale a recidere i collegamenti criminali mafiosi e a non riattivarli in futuro (Sez. 5, n. 19536 del 28/02/2022, Barranca, Rv. 283096 – 01).
1.2. Tanto premesso, la Prima sezione ha reputato che il Tribunale di sorveglianza non si fosse adeguato ai suddetti principi, riconoscendo la liberazione anticipata all’istante alla stregua di una valutazione limitata esclusivamente al percorso infrannurario, senza considerare il parere degli stessi operatori penitenziari che, nella relazione di sintesi, pur dando atto del positivo percorso trattannentale del detenuto, concludevano che la richiesta fosse prematura e suggerivano un ulteriore periodo di osservazione, né le conclusioni della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo in ordine all’attuale operatività del sodalizio criminale d’appartenenza, che aveva sottolineato come: – il padre dell’istante, NOME COGNOME, attualmente detenuto secondo il regime di cui all’art. 41 bis 0.p., rivesta un ruolo apicale all’interno del sodalizio; – il condannato mantenga rapporti con la famiglia di origine (in particolare con la madre e con la sorella), che vivono in Sicilia; – l’associazione mafiosa è ancora operativa.
Da tanto si è concluso che non è stata svolta la necessaria verifica in ordine all’assenza di pericolo di ripristino di tali collegamenti, secondo la linea tracciata dall’art. 4-bis 0.p.
Allo stesso modo, la Prima sezione ha ritenuto che l’impugnata ordinanza fosse carente anche sotto il diverso profilo, relativo alla ritenuta sussistenza del presupposto dell’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria derivanti dal reato, necessario secondo il novellato art.4-bis ord. pen.
Nel quadro così delineato, le censure del Procuratore generale ricorrente non colgono nel segno.
2.1. Va, in primo luogo, ribadito che la delibazione della congruità della motivazione, devoluta in via esclusiva con il ricorso di legittimità all’odierno vaglio, deve essere condotta secondo lo standard delineato dall’art. 4-bis 0.p., nel testo introdotto con d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, come indicato nella sentenza d’annullamento, le cui statuizioni sono – come noto – insindacabili, in virtù del generale canone per cui il giudice del rinvio deve ritenersi vincolato ai principi e alle questioni di diritto decis con la sentenza di annullamento.
Tanto premesso, l’ordinanza impugnata si sottrae alle censure del Procuratore generale ricorrente.
Il Tribunale di Sorveglianza ha, invero, adeguatamente motivato sia in ordine al requisito del “sicuro ravvedimento”, sia in merito al giudizio predittivo circa l’insussistenza di un pericolo concreto di ripristino dei collegamenti con la criminalità organizzata, entrambi ritenuti necessari, alla luce dei gravi ed efferati delitti i espiazione, dalla sentenza rescindente.
Quanto al primo, va senz’altro ribadito che la nozione di “ravvedimento” comprende il complesso dei comportamenti tenuti ed esteriorizzati dal soggetto durante il tempo dell’esecuzione della pena, obiettivamente idonei a dimostrare, anche sulla base del progressivo percorso trattamentale di rieducazione e recupero, la convinta revisione critica delle pregresse scelte criminali ed a formulare – in termini di certezza, ovvero di elevata e qualifica probabilità confinante con la certezza – un serio, affidabile e ragionevole giudizio prognostico di pragmatica conformazione della futura condotta di vita del condannato all’osservanza delle leggi in precedenza violate (Sez. 1, n. 19818 del 23/03/2021, Vallanzasca, Rv. 281366 – 02); comportamenti diversi ed ulteriori rispetto alla generica buona condotta tenuta all’interno del carcere, ovvero con la partecipazione all’opera di rieducazione del condannato, perché l’aggettivo «sicuro» deve essere inteso nel significato di una elevata probabilità della conclusione raggiunta (Sez. 1, n. 34946 del 17/7/2012, Somma, Rv. 253183; Sez. 5, n. 2430 del 18/12/1991, dep. 1992, COGNOME, Rv. 189981), cosicché non è nemmeno sufficiente la mancanza di elementi che giustificano una valutazione negativa, ma
occorre la presenza di positivi indicatori dai quali desumere la netta scelta di revisione critica operata rispetto al proprio passato, che parta dal riconoscimento degli errori commessi e aderisca a nuovi modelli di vita socialmente accettati (Sez. 1, n. 486 del 25/9/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265471; Sez. 1, n. 26754 del 29/5/2009 COGNOME, Rv. 244654; Sez. 1, n. 4222 del 23/11/1990, dep. 1991, COGNOME, Rv. 186558).
Sul punto, l’ordinanza impugnata dà atto che l’equipe di trattamento e osservazione della casa circondariale di Nuoro aveva espresso un parere non positivo rispetto all’ammissione del condannato alla misura ed aveva indicato la necessità di un proseguimento di osservazione inframuraria, ma valorizza la successiva relazione integrativa – richiesta proprio al fine di colmare le lacune segnalate in sede di annullamento – che, pur nel breve periodo di osservazione antecedente alla scarcerazione, conferma l’esito positivo del percorso rieducativo.
Né siffatta valutazione può ritenersi inficiata – come ribadito anche dal Procuratore generale presso questa Corte nella requisitoria scritta – dalla mancata, esplicita, professione di ravvedimento in relazione alla “brutale vicenda dell’assassinio del piccolo COGNOME“, rispetto all’elaborazione della quale si è registrata una perdurante ritrosia dell’COGNOME. La motivazione resa al riguardo, che riconduce ad una sorta di passiva inaccessibilità del condannato ad affrontare il tema, dovuta al disagio interiore del medesimo nel dichiararsi partecipe di un delitto così efferato, indelebile nella memoria collettiva, non introduce una decisiva aporia nel discorso giustificativo poiché razionalmente espressa, non eccentrica rispetto a consolidate massime di esperienza ed inidonea, ex se, a compromettere gli ulteriori indicatori segnalati sul punto della complessiva revisione critica del passato criminale.
Pecca di decisività anche l’ulteriore deduzione che, nel censurare la sottovalutazione di una lieve infrazione disciplinare, non si confronta con la mancata segnalazione di ulteriori inosservanze nell’apprezzabile lasso temporale di esecuzione del beneficio, a tutt’oggi in corso, invece valorizzata dal Tribunale come indice di positivo ravvedimento.
2.2. Allo stesso modo, si rivela insindacabile anche la motivazione resa sul punto della valutazione sulla sussistenza di un pericolo di riattivazione dei collegamenti criminali e, ancor prima, di una definitiva scissione dei collegamenti medesimi.
Ponendosi in dialettico confronto con il mandato di rinvio, il Tribunale di Sorveglianza ha proceduto ad una valutazione di prognosi di pericolosità in concreto, reputando – con ragionamento che resiste alle critiche del Procuratore generale ricorrente – che i dati segnalati nelle note della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, in astratto suggestivi di un potenziale rischio di ripristino dei collegamenti
con l’associazione mafiosa di riferimento, tuttora attiva, perdono, invece, alla stregua della necessarie verifica in concreto, l’univoco significato di indicatori del rischio, al luce della recisione dei legami del condannato con il padre detenuto al regime di massima sicurezza; del trasferimento dei familiari fuori dalla Sicilia; dell’assoluta mancanza di indizi di corrispondenza con esponenti di RAGIONE_SOCIALE.
In tal modo argomentando, il Tribunale di Sorveglianza ha reso una motivazione rafforzata che, letta alla luce delle indicazioni rese nella sentenza di annullamento, supera i rilievi dell’impugnante che insiste, invece, su dati smentiti (residenza in Sicilia della madre e della sorella del condannato, invece trasferitesi altrove) o meramente ricognitivi (detenzione in regime ex art. 41 -bis ord. pen. di AVV_NOTAIO, ritenuto tuttora al vertice del sodalizio) e che, se intesi nella loro dimensione statica, sarebbero sempre ostativi ad un favorevole esito del giudizio di pericolosità.
2.3. Non colgono, infine, nel segno le censure svolte sul punto dell’adempimento delle obbligazioni civili.
Va qui ribadito che l’adempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato assume rilievo ai fini della verifica non tanto dell’avvenuta eliminazione del pregiudizio cagionato, quanto piuttosto della serietà della revisione critica del condannato rispetto alle pregresse scelte criminali (Sez. 5, n. 11331 del 10/12/2019, dep. 2020, Cesarano, Rv. 279041 – 01); e, sul punto, il Tribunale di Sorveglianza si è mosso nella prospettiva indicata, escludendo – nel quadro delle obiettive e documentate risorse del condannato e degli obblighi di assistenza familiare – che la sopravvenuta interruzione dell’adempimento del pagamento rateale del debito potesse qualificarsi come indice ostativo del ritenuto ravvedimento.
In conclusione, il ricorso, oltre ad articolare rilievi che attingono il merito che si risolvono in una manifestazione di dissenso, palesemente estranei all’ambito del sindacato consentito a questa Corte di legittimità, non evidenzia deficit motivazionali, censurabili in questa sede.
Sia in relazione agli indicatori di sicuro ravvedimento, che alla prognosi negativa di pericolosità sciale, il giudizio è desunto, in definitiva, da una complessa serie di elementi: l’assenza di contatti, in qualunque forma, con soggetti coinvolti nel gruppo malavitoso di appartenenza; la mancata segnalazione di elementi anche solo di concreto sospetto o di condanne ulteriori rispetto a quelle concernenti i fatti fino al 1994; la natura esclusivamente affettiva delle relazioni familiari; il merito carcerario, non compromesso da alcuna infrazione, anche nella fruizione del beneficio già in atto.
Alla luce di quanto sin qui argomentato, il ricorso del Procuratore generale deve essere rigettato.
P.Q.M.
rigetta il ricorso del Procuratore generale.
Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2025
GLYPH Il Presidente
Il Consigliere estensore