Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 36911 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 36911 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Taurianova il DATA_NASCITA;
avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Bologna del 23/01/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha dichiarato inammissibile la domanda di liberazione condizionale presentata nell’interesse di NOME COGNOME detenuto in espiazione della pena dell’ergastolo di cui al provvedimento di cumulo emesso in data 14 novembre 2005 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palmi per i reati di omicidio aggravato, associazione di stampo mafioso, violazione della legge armi, estorsione ed altro.
Il Tribunale di sorveglianza, in sostanza, ha osservato che non vi erano elementi a conferma del sicuro ravvedimento del condannato (detenuto dal 23 gennaio 1994) non avendo egli allegato alcunché circa la cessazione dei suoi legami con la criminalità organizzata, l’impossibilità di adempiere le obbligazioni civili nascenti dai gravi reati commessi e per l’assenza di un vero processo di revisione critica da parte sua.
Avverso la predetta ordinanza NOME AVV_NOTAIO, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insistend l’annullamento del provvedimento impugnato.
2.1. Con il primo motivo egli lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 4-bis Ord. pen. ed il relativo vizio di motivazione con riferimento al rilievo dato dal Tribunale di sorveglianza alla sua mancata collaborazione con la giustizia nonostante l’assenza di prova circa suoi legami con la criminalità organizzata.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione ed errata applicazione della disposizione transitoria di cui all’art. 3 d.l. n.162/2022 a causa della omessa valutazione della mancanza di collegamenti con ambienti mafiosi.
2.3. Con il terzo motivo, infine, il condannato lamenta l’errata valutazione, da parte del Tribunale di sorveglianza, delle risultanze dell’osservazione inframuraria per non avere colto le contraddizioni contenute nella relazione del gruppo di osservazione rispetto alla sua condotta infrannuraria ed al suo ravvedimento in genere.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
2.Come noto l’art. 176 cod. pen. prevede, al primo comma, che il condannato a pena detentiva che, durante il tempo di esecuzione della pena, abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, può essere
ammesso alla liberazione condizionale, la cui concessione è tuttavia, subordinata, secondo quanto indicato al quarto comma, all’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che il condannato dimostri di trovarsi nell’impossibilità d adempierle. In proposito, la giurisprudenza di legittimità ritiene, da un canto, che «la nozione di ravvedimento comprende il complesso dei comportamenti tenuti ed esteriorizzati dal soggetto durante il tempo dell’esecuzione della pena, obiettivamente idonei a dimostrare, anche sulla base del progressivo percorso trattamentale di rieducazione e recupero, la convinta revisione critica delle pregresse scelte criminali ed a formulare – in termini di certezza ovvero di elevata e qualifica probabilità confinante con la certezza – un serio, affidabile e ragionevole giudizio prognostico di pragmatica conformazione della futura condotta di vita del condannato all’osservanza delle leggi in precedenza violate» (Sez. 1, n. 19818 del 23/03/2021, Vallanzasca, Rv. 281366 – 02; Sez. 1, n. 34946 del 17/07/2012, Somma, Rv. 253183 – 01). La giurisprudenza di questa Corte di cassazione ha chiarito che il presupposto del “sicuro ravvedimento” non consiste semplicemente nella ordinaria buona condotta del condannato, necessaria per fruire dei benefici previsti dall’ordinamento penitenziario, ma implica comportamenti positivi da cui poter desumere l’abbandono delle scelte criminali, e tra i quali assume particolare significato la fattiva volontà del reo di eliminare o di attenuare le conseguenze dannose del reato (Sez. 1, n. 486 del 25/09/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265471 – 01), concretizzata, in caso di indisponibilità di sufficienti risorse economiche, d «atti e comportamenti di concreta apertura e disponibilità relazionale verso i parenti delle vittime dei gravi delitti commessi» (in questo senso, in specie, Sez. 1, n. 45042 del 11/07/2014, COGNOME, Rv. 261269 – 01).
Ritiene il Collegio che, nel caso in esame, il Tribunale di sorveglianza di Bologna sì sia conformato ai richiamati e condivisi canoni ermeneutici.
La motivazione (adeguata e non contraddittoria) dell’ordinanza impugnata poggia, tra l’altro, sul postulato che l’COGNOME – pur avendo serbato regolare condotta in carcere – non ha ancora portato a compimento un serio processo di revisione critica rispetto ai gravi reati per i quali è stato condanna irrevocabilmente, come emerge dalle risultanze dell’osservazione della personalità che ha, invece, evidenziato una minimizzazione della proprie responsabilità continuando egli a sostenere di essersi solo accompagnato ai sodali senza mai avere fatto parte della cosca mafiosa.
Tanto ha indotto il Tribunale di sorveglianza, in modo non manifestamente illogico, a ritenere – al di là della assenza di allegazioni circa la cessazione d legami con la criminalità organizzata – che l’odierno ricorrente non possa dirsi soggetto sicuramente ravvedutosi secondo quanto, del resto, confermato dalla
ritrosia ad adempiere, nei limiti delle proprie possibilità, agli obblighi risarcitori confronti delle parti civili ed a concludere – con carattere assorbente rispetto alle censure mosse con il ricorso – nel senso dell’impossibilità di escludere in radice, alla luce dell’evoluzione della personalità del condannato, il pericolo di recidiva.
A fronte di un ragionamento esente da vizi logici, aderente al quadro normativo, alle coordinate interpretative delineate dalla giurisprudenza di legittimità ed ai risultati dell’osservazione in carcere, il ricorrente frapp obiezioni del tutto inidonee ad evidenziare la dedotta violazione di legge o eventuali vizi motivazionali e sollecita a questa Corte una non consentita lettura alternativa degli elementi processuali rispetto a quella coerentemente effettuata dal giudice a quo.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 9 luglio 2024.