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Liberazione condizionale: non basta la buona condotta

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22508/2024, ha negato la liberazione condizionale a una donna condannata all’ergastolo. Nonostante un lungo periodo di detenzione e una buona condotta, la Corte ha ritenuto assente il requisito del ‘sicuro ravvedimento’. La decisione si basa sulla mancata revisione critica del crimine commesso e sulla persistente indifferenza verso le vittime e i loro familiari, elementi ritenuti indispensabili per ottenere il beneficio.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liberazione Condizionale: Perché la Buona Condotta Non Basta

La concessione della liberazione condizionale, specialmente per chi sconta una pena come l’ergastolo, rappresenta un momento cruciale nel percorso di esecuzione della pena. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 22508/2024) ha ribadito un principio fondamentale: un lungo periodo di detenzione e una condotta impeccabile non sono sufficienti se non accompagnati da un ‘sicuro ravvedimento’. Quest’ultimo deve manifestarsi attraverso una profonda revisione critica del proprio passato e un’assunzione di responsabilità verso le vittime.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda una donna condannata alla pena dell’ergastolo per un omicidio volontario aggravato, commesso per motivi passionali. Dopo aver scontato una parte considerevole della sua pena, ininterrottamente dal 1993 e in detenzione domiciliare dal 2009, la condannata ha presentato istanza per ottenere la liberazione condizionale.

Il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto la richiesta, pur riconoscendo il percorso rieducativo positivo intrapreso dalla donna. La ragione del diniego risiedeva nel fatto che la condannata non aveva mai veramente affrontato il crimine commesso, mantenendo un atteggiamento elusivo e non mostrando alcun segno di pentimento o di assunzione di responsabilità nei confronti della famiglia della vittima, in particolare della figlia, all’epoca dei fatti molto piccola. Inoltre, il Tribunale ha sottolineato la sua ‘ostinata ed incoercibile indifferenza’ nel non aver mai cercato di provvedere, neppure in parte, al risarcimento dei danni, nonostante disponesse di una certa capacità economica.

Il Ricorso in Cassazione

La difesa della condannata ha impugnato la decisione del Tribunale di Sorveglianza, sostenendo che i giudici non avessero tenuto adeguatamente conto degli elementi positivi emersi durante il lungo percorso detentivo, come le relazioni favorevoli degli operatori penitenziari e i sedici anni trascorsi in regime alternativo senza commettere alcuna infrazione. Secondo la ricorrente, la decisione era viziata da una sorta di ‘miopia’ che svalutava gli indici di un concreto ravvedimento.

Le Motivazioni della Cassazione sulla liberazione condizionale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza e offrendo importanti chiarimenti sui requisiti per la liberazione condizionale.

Il Concetto di ‘Sicuro Ravvedimento’

Il fulcro della decisione ruota attorno all’interpretazione dell’art. 176 del codice penale, che richiede un ‘sicuro ravvedimento’ del condannato. La Corte ha ribadito che questo concetto va ben oltre la semplice ‘buona condotta’. Non è sufficiente non creare problemi durante la detenzione; è necessaria una trasformazione interiore che porti a una ‘convinta revisione critica delle pregresse scelte criminali’. Questo processo deve essere così profondo da permettere un giudizio prognostico certo, o quasi certo, sulla futura conformità della condotta del soggetto alle leggi.

La Revisione Critica e il Rapporto con le Vittime

La Cassazione ha evidenziato come il Tribunale di Sorveglianza abbia correttamente rilevato l’incompletezza del percorso di maturazione della condannata. Il suo atteggiamento ‘reticente’ riguardo alla genesi dell’omicidio e alle pulsioni che lo determinarono, unito all’assenza di qualsiasi sintomo di consapevolezza per il dolore arrecato alla vittima e ai suoi familiari, è stato decisivo. Secondo la Corte, la fattiva volontà di attenuare le conseguenze dannose del reato è una componente essenziale del ravvedimento. In assenza di risorse economiche, ciò può manifestarsi attraverso ‘atti e comportamenti di concreta apertura e disponibilità relazionale verso i parenti delle vittime’. L’indifferenza mostrata dalla ricorrente ha dimostrato l’esatto contrario.

Obbligazioni Civili e Riparazione del Danno

Un altro punto cruciale è stato l’inadempimento delle obbligazioni civili. La Corte ha sottolineato che, sebbene la donna avesse una modesta capacità economica derivante dal lavoro e da alcune proprietà immobiliari, non aveva mai avviato iniziative per assicurare un ristoro, anche solo parziale, ai familiari della vittima. Questo comportamento è stato interpretato non come una semplice difficoltà economica, ma come un’ulteriore prova del mancato superamento del ‘modello deviante’ che l’aveva portata al crimine. L’adempimento, anche solo tentato, degli obblighi risarcitori è un indicatore tangibile di un reale cambiamento interiore.

Le Conclusioni

La sentenza in esame afferma con forza un principio cardine dell’ordinamento penitenziario: per la liberazione condizionale, un percorso rieducativo esterno non è sufficiente se non è accompagnato da una profonda e verificabile maturazione interiore. Il ‘sicuro ravvedimento’ è una condicio sine qua non che richiede al condannato di confrontarsi con il proprio passato, di comprendere la gravità delle proprie azioni e di dimostrare, con fatti concreti, la volontà di riparare il male commesso. L’indifferenza verso le vittime e il loro dolore è un ostacolo insormontabile alla concessione di un beneficio che presuppone un ritorno consapevole e responsabile nella società.

Per ottenere la liberazione condizionale è sufficiente mantenere una buona condotta durante la detenzione?
No, la sentenza chiarisce che la buona condotta è un requisito necessario ma non sufficiente. È indispensabile dimostrare un ‘sicuro ravvedimento’, che implica un processo interiore di revisione critica del reato commesso.

Cosa intende la legge per ‘sicuro ravvedimento’?
Significa una profonda e sincera revisione critica del proprio passato criminale. Include l’abbandono delle scelte devianti, la comprensione del danno causato e un giudizio affidabile che la persona rispetterà la legge in futuro, manifestato anche attraverso azioni positive.

Il risarcimento del danno alle vittime è obbligatorio per la liberazione condizionale?
L’adempimento delle obbligazioni civili è un presupposto fondamentale. Se il condannato dimostra di essere impossibilitato a risarcire economicamente, deve comunque manifestare con comportamenti concreti la volontà di riparare il danno, anche solo a livello morale, mostrando pentimento e vicinanza ai familiari della vittima. La totale indifferenza è un forte indice contrario al ravvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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