Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 31754 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 31754 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a San Giuseppe lato il 13/04/1946
avverso l’ordinanza emessa il 10/12/2024 dal Tribunale di sorveglianza di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa il 10 dicembre 2024 il Tribunale di sorveglianza di Torino rigettava la richiesta di liberazione condizionale presentata da NOME COGNOME per la frazione detentiva che doveva scontare rispetto alla condanna alla pena dell’ergastolo con l’isolamento diurno della durata di sei mesi, in relazione alla quale era ininterrottamente detenuto da trentaquattro anni.
Il rigetto del ricorso veniva pronunciato dal Tribunale di sorveglianza di Torino sull’assunto che il ricorrente, pur avendo intrapreso un percorso di collaborazione con le istituzioni penitenziarie competenti, non aveva dato prova di “sicuro ravvedimento”, non potendo tale requisito, così come canonizzato dall’art. 176, primo comma, cod. pen., essere affermato, sic et simpliciter, per il solo fatto che COGNOME aveva partecipato ai progetti di rieducazione avviati nei suoi confronti, durante la sua pur lunga detenzione, anche alla luce della circostanza che l’istante non aveva intrapreso alcuna iniziativa risarcitoria nei confronti delle persone offese dai reati commessi, con cui non aveva avviato alcun percorso riconciliativo.
Per converso, venivano richiamati alcuni episodi connotati da valenza negativa, tra cui un incontro con NOME COGNOME, avvenuto il 25 gennaio 2022, nonché talune condotte poste in essere durante lo svolgimento di permessi premio concessi al ricorrente nel 2021 e nel 2024. Da tali comportamenti, infatti, si evincevano comportamenti inadeguati al perseguimento degli obiettivi di risocializzazione propri della liberazione condizionale, che postula un atteggiamento di sicuro ravvedimento – che non si riteneva riscontrabile nel caso di NOME COGNOME, dal quale non si poteva prescindere.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all’art. 176 cod. pen., conseguenti al fatto che la decisione in esame risulta sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto dell’insussistenza del requisito del “sicuro ravvedimento”, indispensabile per la concessione del beneficio penitenziario invocato. La sussistenza di questo requisito, infatti, era stata esclusa dal Tribunale di sorveglianza di Torino senza tenere conto del comportamento assunto dal ricorrente durante la sua detenzione, che traeva origine dalla sua partecipazione, proficua e costante, al programma trattamentale attivato nei suoi confronti dopo l’inizio della sua carcerazione,
ultratrentennale, che risultava attestata dalle autorità penitenziarie ritualmente compulsate.
Né potevano rilevare in senso sfavorevole a COGNOME gli episodi richiamati nel provvedimento impugnato, atteso che la loro portata e il loro disvalore dovevano essere contestualizzati – essendo connotati da palese occasionalità – e correlati al percorso rieducativo intrapreso dal ricorrente all’interno del circuito penitenziario, giudicato dal Tribunale di sorveglianza di Torino in termini assertivi e contrastanti con le informazioni acquisite.
Quanto, infine, all’inadempimento delle obbligazioni civili, richiamato dal Tribunale di sorveglianza di Torino, si evidenziava che le modeste condizioni economiche del ricorrente, attestate dal fatto che nel 2023 aveva percepito un reddito complessivo di soli 9.500,00 euro, non gli consentivano di intraprendere alcuna iniziativa risarcitoria nei confronti delle persone offese dai reati per i quali scontava la pena controversa, smentendo, anche sotto questo profilo, l’assunto posto a fondamento del provvedimento censurato.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
2. Occorre premettere che NOME COGNOME presentava un’istanza di liberazione condizionale, ai sensi dell’art. 176 cod. pen., che subordina la concessione del beneficio penitenziario in questione alla condizione che l’istante abbia espiato una parte della pena in corso di esecuzione – ammontante a dieci anni nel caso, analogo a quello in esame, di condanna alla pena dell’ergastolo e che sia acquisita la prova della resipiscenza del condannato, collegata ai fatti di reato per i quali per i quali sconta la pena detentiva presupposta, che deve essere ancorata al parametro del “sicuro ravvedimento”.
In questa cornice, il Tribunale di sorveglianza di Torino respingeva l’istanza di liberazione condizionale presentata da COGNOME sull’assunto che la sua proficua partecipazione al programma trattamentale attivato nei suoi confronti dopo l’inizio della sua carcerazione, ultratrentennale, non costituiva un elemento sintomatico, di per sé solo, sufficiente a fare ritenere sussistente il requisito del “sicuro ravvedimento” del detenuto. Tale requisito, com’è noto, è canonizzato dall’art. 176, primo comma, cod. pen., a tenore del quale il «condannato a pena detentiva che, durante il tempo di esecuzione della pena, abbia tenuto un
comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, può essere ammesso alla liberazione condizionale ».
Occorre, in proposito, precisare che la nozione di “sicuro ravvedimento”, alla quale deve essere ancorato il giudizio prognostico relativo alla liberazione condizionale invocata da NOME COGNOME, è stata chiarita da Sez. 1, n. 486 del 25/09/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265471 – 01, che ha dato conto della consistente differenza qualitativa dalla buona condotta carceraria, statuendo che il requisito prescritto dall’art. 176, primo comma, cod. pen. «implica comportamenti positivi da cui poter desumere l’abbandono delle scelte criminali, tra i quali assume particolare significato la fattiva volontà del reo di eliminare o di attenuare le conseguenze dannose del reato » (Sez. 1, n. 486 del 25/09/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265471 – 01).
Il Tribunale di sorveglianza di Torino, pertanto, era tenuto a compiere una verifica complessiva sull’opportunità di concedere la liberazione condizionale invocata da COGNOME che, come per ogni altra misura alternativa alla detenzione, doveva riguardare le premesse meritorie e l’utilità concreta del beneficio penitenziario, sul presupposto del “sicuro ravvedimento” del detenuto, che doveva essere valutato alla luce degli elementi di giudizio forniti dalle istituzioni carcerarie competenti e della sua condizione detentiva, con cui ci si doveva confrontare analiticamente.
A questi parametri il Tribunale di sorveglianza di Torino si conformava correttamente.
Osserva il Collegio che è certamente vero che il “ravvedimento” del condannato è un elemento di difficile verifica, essendo legato al mondo interiore del detenuto e collegandosi a un riscatto morale del reo, valutabile in una prospettiva globale, che consideri tutti gli atti e le manifestazioni, di contenuto materiale e morale, idonei ad assumere un valore sintomatico nella direzione prefigurata dall’art. 176, primo comma, cod. pen. Questo requisito, quindi, presuppone un comportamento attivo di adeguata e costante adesione alle regole trattamentali, concretamente verificabile sulla base degli elementi di giudizio forniti dalle istituzioni carcerarie, che deve tenere contro del percorso rieducativo intrapreso e del consolidamento nel tempo degli effetti positivi del processo di risocializzazione.
Tuttavia, ferme restando queste, obiettive, difficoltà di accertamento, nel provvedimento impugnato si dava adeguatamente conto dell’incompleta partecipazione di NOME COGNOME all’opera di rieducazione che era stata attivata nei suoi confronti dopo l’inizio della sua carcerazione, pur notevolmente risalente nel tempo, essendo il ricorrente detenuto da trentaquattro anni.
Il Tribunale di sorveglianza di Torino, invero, esprimeva un giudizio prognostico congruo sul percorso trattamentale svolto da NOME COGNOME dopo l’attivazione del titolo esecutivo oggetto di vaglio, effettuando una verifica della personalità del ricorrente alla luce dell’elevato disvalore dei delitti commessi – i reati di omicidio, associazione di tipo mafioso, detenzione illegale di armi e violazione delle norme in materia di stupefacenti -, in termini di elevata probabilità di conformazione al quadro ordinannentale e sociale a suo tempo violato.
In questa cornice, venivano valutati correttamente gli episodi richiamati nel provvedimento impugnato, rappresentati dall’incontro, avvenuto il 25 gennaio 2022, con NOME COGNOME – un esponente della famiglia mafiosa palermitana di Santa Maria del Gesù, nella quale il ricorrente gravitava prima del suo arresto – e dalle violazioni dei permessi premio concessi al detenuto nel 2021 e nel 2024.
In tale ambito, il Tribunale di sorveglianza di Torino, a pagina 4 dell’ordinanza impugnata, con argomenti pertinenti e congrui, evidenziava che le informazioni acquisite non consentivano «di formulare un giudizio di convinta revisione critica delle pregresse scelte devianti e di conformazione della futura condotta di vita all’osservanza alle leggi, in termini di certezza o di probabilità vicina alla certezza durante l’eventuale fruizione del liberazione condizionale presso l’abitazione sita in Palermo […1».
Il Tribunale di sorveglianza di Torino, dunque, valutava in termini prognostici adeguati il processo di ravvedimento compiuto da COGNOME durante l’esecuzione della pena di cui si controverte, in linea con quanto affermato da Sez. 1, n. 37330 del 26/09/2007, COGNOME, Rv. 237504 – 01, secondo cui ai fini «della concessione della liberazione condizionale, la valutazione, da parte del giudice, della complessiva condotta serbata dal condannato finalizzata alla verifica di un compiuto ravvedimento, realizzato all’esito di una revisione critica della propria vita antecedente ».
Parimenti ineccepibili devono ritenersi le conclusioni espresse dal Tribunale di sorveglianza di Torino a proposito del fatto che il ricorrente non aveva intrapreso alcuna iniziativa risarcitoria nei confronti delle persone offese dai reati commessi e non aveva manifestato un adeguato interesse nei confronti delle vittime dei suoi, pregressi, comportamenti criminosi, che appare rispettoso della giurisprudenza di questa Corte, da ultimo ribadita da Sez. 1, n. 12782 del 24/02/2021, COGNOME, Rv. 280864 – 01, secondo cui la circostanza «che risulti dimostrata la obiettiva impossibilità di adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, secondo quanto previsto dall’ultimo comma dell’art. 176 cod. pen., non esclude che la manifestazione o meno di interesse per la vittima e di
intendimenti di riparazione, se non sul piano materiale, quanto meno su quello morale, possano essere legittimamente valutati dal giudice ai fini del giudizio in ordine alla sussistenza o meno del requisito del ravvedimento».
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10 settembre 2025.