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Liberazione condizionale: no al diniego per mancato risarcimento

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29524/2025, ha annullato l’ordinanza di un Tribunale di Sorveglianza che negava la liberazione condizionale a un detenuto unicamente per il mancato risarcimento del danno. Secondo la Corte, il giudice ha il dovere di verificare d’ufficio (‘ex officio’) l’effettiva impossibilità economica del condannato, poiché il requisito principale per il beneficio è il ‘sicuro ravvedimento’, non la mera capacità di pagare.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liberazione Condizionale e Risarcimento del Danno: La Cassazione Fa Chiarezza

La liberazione condizionale rappresenta un istituto fondamentale nel nostro ordinamento penitenziario, un ponte tra la detenzione e il pieno reinserimento sociale. Tuttavia, i requisiti per accedervi possono generare complesse questioni interpretative. Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento sul rapporto tra la concessione di questo beneficio e l’obbligo di risarcire il danno derivante dal reato, sottolineando la centralità del ravvedimento del condannato.

I Fatti del Caso: Una Richiesta Respinta

Il caso trae origine dalla decisione di un Tribunale di Sorveglianza, che aveva respinto l’istanza di un detenuto volta a ottenere la liberazione condizionale. La motivazione del rigetto era fondata esclusivamente su un singolo aspetto: il condannato non aveva provveduto al risarcimento del danno causato dal reato. Il Tribunale, senza ulteriori approfondimenti, aveva dedotto da questa omissione la mancanza dei presupposti per la concessione del beneficio.

Contro questa ordinanza, il detenuto ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando una valutazione incompleta e una violazione dei principi che regolano la materia.

La Decisione della Corte di Cassazione: Annullamento con Rinvio

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando il caso al Tribunale di Sorveglianza per un nuovo esame. La decisione della Cassazione si basa su un principio giuridico consolidato ma fondamentale: il mancato adempimento delle obbligazioni civili (risarcimento del danno e pagamento delle spese) non è, di per sé, un ostacolo insormontabile alla concessione della liberazione condizionale.

Le Motivazioni della Sentenza sulla Liberazione Condizionale

La Corte ha articolato il proprio ragionamento su alcuni pilastri fondamentali del diritto penitenziario.

Il Principio del “Sicuro Ravvedimento”

Il fulcro della valutazione per la liberazione condizionale è il “sicuro ravvedimento” del condannato. Questo concetto non si esaurisce nel comportamento tenuto in carcere, ma implica una revisione critica del proprio passato e l’adesione a un nuovo modello di vita. Il risarcimento del danno è certamente un indice importante di questo percorso interiore, ma non è l’unico né è un requisito autonomo. È, piuttosto, una delle manifestazioni del ravvedimento.

L’Onere della Prova e il Ruolo Attivo del Giudice

La Cassazione ha ribadito un principio cruciale: non si può far derivare automaticamente dal mancato pagamento una decisione di rigetto. Soprattutto, non si può addossare al solo condannato l’onere di provare la propria impossibilità economica. Il provvedimento impugnato, infatti, si limitava a constatare che “il condannato nulla ha riferito” sulla questione, contravvenendo a un orientamento giurisprudenziale consolidato.

Il rigetto della domanda, infatti, non può basarsi sul mancato assolvimento di un onere probatorio da parte del condannato. È il giudice che deve farsi parte attiva nella ricerca della verità.

Il Dovere di Indagine “Ex Officio”

Il punto centrale della sentenza è il dovere del Tribunale di Sorveglianza di accertare “ex officio” (cioè di propria iniziativa) l’eventuale impossibilità del condannato di adempiere alle obbligazioni civili. Il giudice non può assumere una posizione passiva, ma deve acquisire tutte le informazioni necessarie (patrimoniali, familiari, lavorative) per comprendere se il mancato risarcimento sia frutto di una precisa volontà di non adempiere o di una concreta e insuperabile difficoltà economica. Solo nel primo caso il mancato pagamento può essere interpretato come un segnale negativo ai fini della valutazione del ravvedimento.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia rafforza la funzione rieducativa della pena e il ruolo centrale del giudice di sorveglianza. La decisione implica che i tribunali non possono adottare scorciatoie motivazionali, basando un rigetto su un singolo elemento formale come il mancato pagamento. Essi sono chiamati a una valutazione complessiva e approfondita della personalità del condannato e del suo percorso di recupero. Per i detenuti, ciò significa che la loro condizione di indigenza non può diventare un ostacolo automatico al reinserimento sociale, garantendo che la valutazione per la liberazione condizionale rimanga ancorata al suo presupposto essenziale: il sicuro ravvedimento.

È possibile negare la liberazione condizionale solo perché il condannato non ha risarcito il danno?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il rigetto della domanda di liberazione condizionale non può essere motivato unicamente dal mancato risarcimento del danno, in quanto questo non è un requisito autonomo ma un elemento da valutare nel più ampio contesto del sicuro ravvedimento del condannato.

Chi ha l’onere di provare l’impossibilità di pagare il risarcimento del danno?
L’onere non ricade esclusivamente sul condannato. La Corte ha stabilito che il Tribunale di Sorveglianza ha il dovere di accertare ‘ex officio’, cioè di propria iniziativa, l’effettiva impossibilità economica del condannato di adempiere alle obbligazioni civili derivanti dal reato.

Qual è il requisito principale per ottenere la liberazione condizionale?
Il requisito fondamentale e imprescindibile è il ‘sicuro ravvedimento’ del condannato. Tutti gli altri elementi, incluso l’adempimento delle obbligazioni civili, sono indicatori che contribuiscono a valutare la sussistenza di tale ravvedimento, ma non lo sostituiscono.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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