Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28122 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28122 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Partinico il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di L’Aquila in data 7/11/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; letta la memoria presentata dall’AVV_NOTAIO, il quale, nell’interesse di COGNOME, ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATI -0
Con ordinanza del 6 novembre 2018, il Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila aveva dichiarato l’inammissibilità dell’istanza proposta da NOME COGNOME avente ad oggetto la declaratoria di impossibilità della collaborazione formulata in relazione a una richiesta di fruizione di permesso premio, in quanto l’interessato non aveva addotto alcun elemento di novità in grado di superare il giudicato già formatosi per precedenti conformi decisioni su analoghe richieste.
1.1. Su tali premesse, con successiva ordinanza del 17 settembre 2019, il Tribunale aveva dichiarato inammissibile anche una richiesta di liberazione
condizionale proposta nell’interesse dello stesso COGNOME, rilevando che sull’assenza di collaborazione e di impossibilità o inesigibilità della stessa si era formato un giudicato esecutivo, sicché essa non poteva essere esaminata nel merito.
1.2. Avverso l’ordinanza aveva proposto ricorso per cassazione il difensore di COGNOME, deducendo violazioni di legge e vizi di motivazione per avere il Tribunale omesso di pronunciarsi nel merito in forza di una preclusione del tutto infondata, avendo la giurisprudenza sovranazionale affermato che il difetto di collaborazione non possa essere elevato a indice invincibile di pericolosità sociale e che l’ergastolo ostativo sia incompatibile con le disposizioni della Convenzione EDU.
1.3. Con ordinanza n. 18518 del 3 giugno 2020, la Corte di cassazione aveva ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3, 27 e 117 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 4-bis, comma 2 e 58-ter Ord. pen. e dell’art. 2 d.l. n. 152 del 1991, convertito, con modificazioni, nella legge n. 203 del 1991, nella parte in cui escludevano che il condannato all’ergastolo per delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416bis cod. pen. ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni da esso previste, il quale non avesse collaborato con la giustizia, potesse essere ammesso alla liberazione condizionale. Ciò in quanto la Corte EDU, con la sentenza NOME c. Italia del 2019, aveva rilevato un «problema strutturale» legato alla presunzione assoluta di pericolosità fondata sull’assenza di collaborazione e la necessità di una modifica normativa volta a garantire un riesame della pena; e in quanto, con la sentenza n. 253 del 2019, la Corte costituzionale aveva fatto cadere la preclusione alla concessione dei permessi premio per difetto di collaborazione con la giustizia.
1.4. La Corte costituzionale, con ordinanza n. 97 dell’Il maggio 2021, attraverso una «pronuncia di incostituzionalità ad effetti differiti», aveva rilevato l’illegittimità della presunzione assoluta di mantenimento di collegamenti criminali in caso di mancata collaborazione, rinviando la decisione di un anno (poi prorogato di ulteriori sei mesi) per consentire al legislatore la ricerca di un punto di equilibrio tra le diverse esigenze in campo.
1.5. Con ordinanza n. 227 del 10 novembre 2022, la Corte costituzionale, pronunciandosi a seguito della riscrittura del comma 1-bis dell’art. 4-bis Ord. pen. ad opera del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni con la legge 30 dicembre 2022, n. 199, ha osservato come la nuova disciplina abbia trasformato «da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità ostativa alla concessione dei benefici e delle misure alternative in favore dei detenuti non collaboranti, che vengono ora ammessi alla possibilità di farne istanza, sebbene in presenza di stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo», e che «tale modifica (…) incide immediatamente sul nucleo essenziale delle questioni sollevate dall’ordinanza di rimessione». Su tali
premesse, ha dunque ordinato la restituzione degli atti al giudice rimettente, sia per verificare l’influenza della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate, sia per procedere alla rivalutazione della loro non manifesta infondatezza.
1.6. Con sentenza n. 15197 in data 8 marzo 2023, la Corte di cassazione ha annullato con rinvio il provvedimento di inammissibilità del Tribunale di sorveglianza, rilevando che la decisione era stata assunta sotto la vigenza di norme incentrate sulla preclusione assoluta di assenza di collaborazione e che dall’ordinanza non era dato evincere alcun elemento per affermare se, nel caso concreto, le limitazioni introdotte dalla novella fossero applicabili al ricorrente.
1.7. Con ordinanza in data 7 novembre 2023, il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila, pronunciandosi di sede di rinvio, ha rigettato la richiesta di liberazione condizionale proposta nell’interesse di COGNOME. Secondo il Collegio, infatti, la verifica in concreto del percorso rieducativo intrapreso dal detenuto consentiva di affermare che, pur a fronte di una «più che positiva evoluzione della personalità», la valutazione sul «sicuro ravvedimento» non potesse prescindere da una «sperimentazione graduale nella società civile» in grado di consentire di verificare empiricamente l’adesione volontaria alle prescrizioni impostegli in uno spazio di libertà, considerando che COGNOME stava espiando una pena «per un omicidio commesso in regime di semilibertà e che vorrebbe tornare nel contesto territoriale di origine nel quale sono stati commessi i gravi reati in espiazione».
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento per mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo quattro distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 627, comma 3, cod. proc. pen., 24 e 111 Cost., 6 e 13, Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, nonché la mancanza o comunque apparenza della motivazione, per non essersi uniformato, il Giudice del rinvio, ai principi di diritto espressi nella sentenza rescindente, avendo, irragionevolmente, ritenuto sussistenti i presupposti di ammissibilità e nneritevolezza del beneficio, salvo non ammettervi il ricorrente in ragione della mancata sperimentazione esterna tramite i permessi.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 176 cod. pen. nonché degli artt. 6 e 14 CEDU, artt. 3, 24, 27 e 111 Cost.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) , c) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione delle
norme sul contraddittorio e sul giusto processo, nonché degli artt. 3 e 111 Cost., 6 e 7 e 14 CEDU.
2.4. Con il quarto motivo, il ricorso deduce, ex art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 117, comma 1, Cost. con riferimento ai principi sanciti dalla sentenza NOME c./o Italia, nonché degli artt. 3, 24 e 111 Cost. e 6 e 7 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. L’ordinanza impugnata avrebbe dato atto dei requisiti di legge e del ravvedimento del ricorrente, ma avrebbe irragionevolmente addossato su di lui la responsabilità della mancata sperimentazione esterna per non avere l’istituto penitenziario completato la relazione di sintesi.
2.5. Dopo avere così sunteggiato i ricordati profili di doglianza, la difesa li ha articolati in maniera discorsiva, intrecciandoli in varia guisa nel contesto di un’ampia argomentazione, in questa sede solo in parte riproducibile, nella quale è stato esposto, in estrema sintesi, che: la nuova disciplina della liberazione condizionale introdotta dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, pur avendo rimosso la preclusione assoluta di accesso ai benefici per il condannato all’ergastolo ostativo, porrebbe una serie di limiti tali da precludere al non collaborante o a chi non abbia ottenuto la declaratoria ex art. 58 -ter Ord. pen. di poter ottenere la liberazione condizionale; essa non sarebbe applicabile retroattivamente, avendo la liberazione condizionale effetti sostanziali e contenendo la novella essa disposizioni peggiorative in ordine al regime probatorio e di ammissibilità, meno favorevoli a COGNOME, stante la vera e propria inversione dell’onere della prova che essa introdurrebbe e la rilevanza attribuita a profili, del tutto indeterminati, come il «contesto» indicato nel comma 1 -bis del nuovo art. 4 – bis Ord. pen. e considerato che l’accesso alla misura potrebbe ora avvenire dopo 30 anni di detenzione.
Sotto un differente profilo, l’ordinanza impugnata non avrebbe valutato in concreto l’evoluzione della personalità del detenuto, dando atto dei positivi risultati raggiunti e attestati nelle relazioni di sintesi (riportate per ampi stralci nel ricorso) ma senza trarne le dovute conseguenze, pretendendo elementi «ultronei», quali l’incolpevole mancato accesso a misure intermedie conseguente all’inerzia dell’Amministrazione penitenziaria. In questo modo, l’ordinanza non avrebbe tenuto fede alla nozione di «sicuro ravvedimento», secondo cui deve aversi riguardo al complesso dei comportamenti tenuti dal soggetto durante l’esecuzione della pena, idonei a dimostrare la convinta revisione critica delle pregresse scelte criminali e a formulare in termini di «certezza» (o di elevata e qualificata probabilità) un serio, affidabile e ragionevole giudizio di adeguamento della futura condotta di vita del condannato all’osservanza delle leggi.
Tutto ciò configurerebbe, in tesi, un irriducibile contrasto con gli artt. 3, 24, 27, 111 Cost., 7 e 14 CEDU e una violazione dei principi sanciti dalla Corte EDU
nel caso NOME c/ o Italia, con violazione anche dell’art. 117 Cost. che impone all’Italia di adeguarsi agli obblighi assunti sulla base della Convenzione.
In data 25 marzo 2024 è stata trasmessa la requisitoria scritta del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO presso questa Corte, con la quale è stato chiesto il rigetto del ricorso.
In data 2 aprile 2024 la difesa di COGNOME ha fatto pervenire delle note di replica alla requisitoria scritta del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, con le quali si ribadiscono e ulteriormente si illustrano i profili di violazione di legge e di illegittim costituzionale già evidenziati nel ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Preliminarmente deve ribadirsi il giudizio di irrilevanza, già espresso in sede di merito, in relazione alle questioni di legittimità costituzionale afferenti alle pi stringenti condizioni di ammissibilità dell’istanza in ordine al quantum di pena che deve essere espiato per accedere al beneficio in esame e al previo adempimento, al medesimo fine, delle obbligazioni civili da reato.
Infatti, la natura sostanziale della liberazione condizionale osta, come correttamente rilevato, alla possibilità di una applicazione retroattiva del differente limite di pena, peraltro già raggiunto dall’interessato nel corso dell’espiazione; mentre per quanto concerne le obbligazioni civili e di riparazione pecuniaria da reato è lo stesso ricorso a riconoscere l’impossibilità, per il ricorrente, di adempiervi, come il suo interessamento verso le vittime.
Quanto, poi, all’asserita introduzione, quale condizione di ammissibilità dell’istanza, di una vera e propria inversione dell’onere della prova in ordine alla mancanza di attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, essa deve ritenersi manifestamente infondata. Infatti, è la stessa Corte costituzionale, nel disporre, con l’ordinanza n. 97 del 2021, un rinvio per consentire al legislatore di «ricercare il punto di equilibrio tra i diversi argomenti in campo», a riconoscere come il bilanciamento dei diversi interessi in rilievo debba appartenere alla discrezionalità del legislatore, senza alcun contenuto «costituzionalmente obbligato» diverso dal riconfigurare la presunzione di permanenza dei collegamenti con la criminalità organizzata come soltanto relativa e non più come assoluta. Una presunzione che rimane vincibile anche soltanto la «allegazione» di elementi specifici, diversi e ulteriori da quelli indicati dalla norma, a dimostrazione del fatto che nessun “rovesciamento” dell’onere della prova è stato, in realtà, realizzato.
Quanto alle ulteriori censure che concernono la valutazione del Tribunale di sorveglianza in relazione al «sicuro ravvedimento», esse si appalesano come, nel complesso, infondate.
Invero, il Tribunale di sorveglianza ha operato una verifica, in concreto, del percorso rieducativo intrapreso da COGNOME e, pur dando atto di una «più che positiva evoluzione della personalità», ha ritenuto che la valutazione del «sicuro ravvedimento» non possa prescindere da una «sperimentazione graduale nella società civile che consenta di cogliere la personalità del detenuto all’esterno e di verificare empiricamente l’adesione volontaria alle prescrizioni che gli vengono imposte in uno spazio di libertà», soprattutto considerando che il detenuto è in espiazione di una pena «per un omicidio commesso in regime di semilibertà e che vorrebbe tornare nel contesto territoriale di origine nel quale sono stati commessi i gravi reati in espiazione» (pag. 14 ordinanza impugnata).
Pertanto, il Collegio di merito, pur dando atto del positivo percorso trattamentale finora portato avanti da COGNOME, ha nondimeno ritenuto – con apprezzamento fattuale che non eccede i limiti di una fisiologica opinabilità valutativa sino al punto da integrare una manifesta illogicità del relativo apparato giustificativo – che tali positive circostanze non fossero ancora indicative di un «sicuro ravvedimento» del detenuto. E che, costituendo il medesimo l’ultimo approdo del percorso trattamentale dello stesso COGNOME, fosse possibile verificare se la distanza dai suoi trascorsi illeciti fosse stata effettivamente colmata soltanto all’esito della «sperimentazione graduale» di opzioni extramurarie, al di là di quanto dallo stesso verbalmente esternato in occasione dei colloqui con gli operatori.
Ne consegue, pertanto, l’infondatezza delle relative doglianze, stante la non illogica valutazione compiuta dal Tribunale in ordine a un requisito essenziale ai fini dell’ammissione alla misura richiesta.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in data 10 aprile 2024
Il Consigliere estensore