Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14668 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14668 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FOSSO’ il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di VENEZIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata nel preambolo il Tribunale di sorveglianza di Venezia ha rigettato l’istanza con cui NOME COGNOMECOGNOME detenuto in semilibertà, aveva chéesto la concessione della liberazione condizionale.
A ragione osserva che non può ancora essere formulato in termini di certezza o di elevata e qualificata probabilità, confinante con la certezza, un serio, affidabile e ragionevole giudizio prognostico di sicuro ravvedimento nonché di conformazione della futura condotta di vita all’osservanza della legge penale in precedenza violata, anche considerata la gravità dei plurimi reati in esecuzione e
le risultanze dell’osservazione inframuraria ed GLYPH il GLYPH periodo limitato di sperimentazione della semilibertà.
Avverso l’illustrata decisione ha proposto ricorso per cassazione COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia, articolando due motivi, trattati congiuntamente, che denunciano violazione di legge in riferimento all’erronea interpretazione del concetto giuridico di “sicuro ravvedimento” nonché vizio di motivazione.
Sostiene il ricorrente che il Tribunale, pur dichiarando di aderire ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, se ne è, nella sostanza, discostato, finendo per confondere la nozione di “sicuro ravvedimento” con quella di “integrale e pieno risarcimento”. Ha erroneamente interpretato la relazione di sintesi del 2021, che/ in disparte dell’uso discorsivo della locuzione “sembra”, ha indicato plurimi elementi fattuali e riscontri oggettivi sintomatici della compiuta e certa emenda del condannato. Per di più, la relazione successiva aggiornata all’anno 2023, nel confermare il parere favorevole, ha valutato positivamente il comportamento tenuto sia all’esterno del carcere sia nel coni:esto inframurario, ritenendo compiuta una matura e responsabile rivisitazione critica del passato deviante. Ha considerato la sperimentazione di COGNOME in semilibertà troppo recente nonostante il condannato, che ha già scontato più di 33 anni di reclusione, abbia ottenuto tale beneficio sin dall’anno 2018, per di più usufruendo per due anni del pernottamento esterno nel periodo di emergenza sanitaria COVID 19, così da scontare di fatto una misura sovrapponibile a quella richiesta.
L’affermazione secondo la quale COGNOME COGNOME COGNOME prestato attenzione alle vittime è in netto contrasto con le risultanze degli atti di causa. Risulta, infat documentato che il condannato ha avviato il procedimento di riconciliazione e mediazione penale con le vittime e si è attivato anche per il risarcimento delle obbligazioni civili, che tuttavia, per la loro entità, non risultano estinguibili en l’arco della prevedibile vita dell’obbligato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritiene il Collegio che le censure dedotte non siano fondate e che pertanto il ricorso vada rigettato.
In premessa va ricordato che l’istituto della liberazione condizionale, introdotto nell’originaria formulazione del codice penale, è centrale nella valutazione della costituzionalità dell’ergastolo, essendo stato sottolineato che “l’istituto della liberazione condizionale disciplinato dall’art. 176 c.p. – nel te modificato dall’art.2 della legge 25 novembre 1962, n.1634 – consente l’effettivo
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· GLYPH reinserimento anche dell’ergastolano nel consorzio civile” (Corte costituzionale n. 264/1974) ed è oggetto di una posizione soggettiva qualificabile come diritto, come tale azionabile con le garanzie proprie del procedimento giurisdizionale. In particolare, la Corte costituzionale, con la pronuncia che ha dichiarato l’incostituzionalità della norma che attribuiva al potere esecutivo, invece che a quello giudiziario, la competenza a provvedere sulla richiesta di ammissione alla liberazione condizionale (sentenza n. 204/1974) ha affermato che “Con l’art. 27, terzo comma, della Costituzione l’istituto ha assunto un peso e un valore più incisivo di quello che non avesse in origine; rappresenta, in sos1:anza, un peculiare aspetto del trattamento penale e il suo ambito di applicazione presuppone un obbligo tassativo per il legislatore di tenere non solo presenti le finalità rieducative della pena, ma anche di predisporre tutti i mezzi idonei a realizzarle e le forme atte a garantirle. Sulla base del precetto costituzionale sorge, di conseguenza, il diritto per il condannato a che, verificandosi le condizioni poste dalla norma di diritto sostanziale, il protrarsi della realizzazione della pretesa punitiva venga riesaminato al fine di accertare se in effetti la quantità di pena espiata abbia o meno assolto positivamente al suo fine rieducativo; tale diritto deve trovare nella legge una valida e ragionevole garanzia giurisdizionale”. Ed è esplicita l’affermazione secondo la quale proprio l’istituto della liberazione condizionale, in uno con gli altri istituti premiali previsti dall’ordinamento penitenziario, v considerato come direttamente collegato alla pena dell’ergastolo e decisivo nel rendere la pena perpetua conforme a Costituzione:” Tutti gli anzidetti correttivi finiscono con l’incidere sulla natura stessa della pena dell’ergastolo, che non è più quella concepita alle sue origini dal codice penale del 1930. La previsione astratta dell’ergastolo deve ormai essere inquadrata in quel tessuto normativo che progressivamente ha finito per togliere ogni significato al carattere della perpetuità che all’epoca dell’emanazione del codice la connotava” (Corte costituzionale sentenza n. 168/1994). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il fondamentale requisito per l’ammissione alla liberazione condizionale è costituito dal “sicuro ravvedimento” del condannato, desumibile dal comportamento tenuto durante il tempo di esecuzione della pena, secondo la dizione della norma di cui all’art. 176 cod. pen.
La giurisprudenza ha precisato che la valutazione va compiuta, non sugli aspetti psicologici o etici della personalità, bensì in relazione agli “atteggiamenti concretamente tenuti ed esteriorizzati dal soggetto durante il tempo di esecuzione della pena, che consentano il motivato apprezzamento della c:ompìuta revisione critica delle scelte criminali di vita anteatta e la formulazione – in termini certezza, ovvero di elevata e qualificata probabilità confinante con la certezza – di
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un serio, affidabile e ragionevole giudizio prognostico di pragmatica conformazione della futura condotta di vita del condannato al quadro di riferimento ordinamentale e sociale, con cui egli entrò in conflitto con la commissione dei reati per i quali ebbe a subire la sanzione penale” (Sez. 1, n. n. 19818 del 23/03/2021, COGNOME, Rv. 281366 – 02; Sez. 1, n. 486 del 25/09/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265471; Sez. 1, n. 45042 del 11/07/2014, COGNOME, Rv. 261269; Sez. 1, n. 34946 del 17/07/2012, COGNOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
In particolare, il legislatore pone la liberazione condizionale come istituto funzionale al riconoscimento dell’effettivo raggiungimento dell’obiettivo rieducativo (“sicuro ravvedimento”) e ciò giustifica la rinuncia dello Stato a proseguire l’esercizio della potestà punitiva, che, da una parte, grazie alla previsione dei limiti minimi di pena espiata, ha già svolto la funzione retributiva e di prevenzione generale e, dall’altra, ha conseguito l’obiettivo della risocializzazione.
L’istituto in parola, che condivide la funzione propria delle misure alternative previste dall’ordinamento penitenziario, se ne differenzia per lo specifico oggetto del giudizio che ne è il presupposto: non tanto l’idoneità della misura a favorire il conseguimento della rieducazione, bensì il riconoscimento che l’obiettivo della rieducazione è stato già raggiunto e quindi la certezza che in futuro il soggetto terrà una condotta aderente alle regole sociali di convivenza civile. Congrua rispetto alla natura, comunque, probabilistica dei giudizi prognostici è la previsione dell’applicazione della libertà vigilata, ai sensi dell’art. 230 cod. pen., e della revoc della liberazione condizionale in caso di violazione degli obblighi connessi alla libertà vigilata ovvero di ricaduta nel reato, ai sensi dell’art. 176 cod. pen.
2.1. La norma di cui all’art. 176 cod. pen. richiede l’ulteriore requisito dell’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, “salvo che il condannato dimostri di trovarsi nell’impossibilità di adempierle”.
Sul punto, stante il chiaro disposto della norma è sufficiente rilevare che la giurisprudenza ha valorizzato il tema della riparazione del danno cagionato dal reato in espiazione anche sotto il profilo del giudizio sul sicuro ravvedimento. Dunque, da una parte, non v’è dubbio che per il condannato che ne ha la capacità economica l’adempimento delle obbligazioni civili da reato è un requisito legale cui è subordinata l’ammissione alla liberazione condizionale, ma, dall’altra, l’atteggiamento del reo nei confronti di quanto commesso va valutato nel giudizio sul sicuro ravvedimento. Ecoerentemente con l’oggetto di tale giudizio devono venire in rilievo i comportamenti tenuti dal reo che siano espressione – o che ne siano smentita – della specifica consapevolezza del reato commesso e della conseguente lesione di beni della vita (Sez. 1, in. 486 del 25/09/2015, COGNOME, Rv. 265471). Peraltro, tale importante aspetto deve rientrare in una valutazione
complessiva e quindi, ove sia ritenuto carente, deve essere considerato in rapporto agli ulteriori elementi acquisiti, onde pervenire ad un ponderato giudizio sull’attuale personalità del condannato.
Nella valutazione del percorso trattamentale, così come in genere rispetto al complesso delle valutazioni di competenza, il Tribunale di sorveglianza deve basarsi sulle relazioni provenienti dagli organi deputati all’osservazione del condannato, senza essere tuttavia vincolato ai giudizi ivi espressi, competendo al medesimo giudice, al di fuori d’inammissibili automatismi, ogni definitiva valutazione circa la pregnanza e concludenza dell’operato processo di revisione critica (Sez. 1, n. 23343 del 23/03/2017, Arzu, Rv. 270016; Sez. 1, n. 53761 del 22/09/2014, Palena, Rv. 261982; Sez. 1, n. 33343 del 04/04(2001, COGNOME, Rv. 220029
L’ordinanza impugnata ha fatto buon governo dei principi rammentati ed ha seguito un percorso motivazionale immune dalle criticità denunciate.
Corretta è, senz’altro, la scelta di partire dall’analisi della biografia criminal del condannato. Se il numero, il titolo e la gravità dei reati non sono in sé ostativi, ove ne ricorrano i presupposti, alla concessione della liberazione condizionale, tali elementi rimangono fondamentali ai fini di una valutazione affidabile della personalità del condannato senza la quale non sarebbe possibile verificare il suo ravvedimento, che deve essere «sicuro», sicché si impone una valutazione tanto più rigorosa e penetrante del comportamento tenuto durante l’espiazione della pena, quanto più vasto sia stato l’allarme sociale destato dai crimini commessi (Sez. 1, n. 1699 del 29/05/1985, Ciampi, Rv. 169872). Si tratta, del resto, di una valutazione che non si deve esaurire nella mera verifica della partecipazione all’opera di rieducazione, ma che implica un esame particolarmente attento e approfondito volto ad accertare l’esistenza di un effettivo e irreversibile cambiamento, espresso tramite la condanna totale del proprio passato criminoso e il conseguente profondo e sincero pentimenti:).
Pienamente condivisibile è l’attenzione riservata alla sussistenza o meno di comportamenti del condannato volti a lenire le conseguenze materiali e morali delle condotte delittuose nei confronti delle vittime.
In quest’ottica, è stato considerato come plausibile indice negativo di ravvedimento la tardiva attivazione per la riparazione del danno alla parte civile e soprattutto l’assenza di un reale interessamento verso le numerose vittime, anche quelle del fatto più grave (l’omicidio), attraverso gesti, condotte segnali in qualche modo dimostrativi, nei loro confronti- anche al di là di risarcimenti di tipo economico, pur possibili alla luce della non seriamente contestata percezione di
somme di denaro – quanto meno della volontà di riparazione morale. L’unica condotta valutabile è rimasta la lettera alla vittima dell’omicidio, considerata in un recente provvedimento di rigetto della liberazione condizionale solo come “punto di partenza”. Ad essa, però. non sono seguite ‘ulteriori forme di ristoro economico o riparazione morale volte ad ottenere il perdono per il male arrecato ed in qualche modo alleviare le sofferenze delle vittime.
Per questa via, il Tribunale è pervenuto alla conclusione, coerente e logica, che COGNOME, in difformità da quanto richiesto dalla giurisprudenza di legittimità in tema di indici obiettivi di sicuro ravvedimento, non aveva né instaurato o comunque cercato un effettivo e reale contatto con le vittime, anche soltanto per mezzo di corrispondenza epistolare, né tenuto, pur parziali, atteggiamenti di riconciliazione e di perdono (Sez. 1, n. 18022 del 24/04/2007, COGNOME, Rv. 237365; Sez. 1, n. 9001 del 04/02/2009, NOME, Rv. 243419).
Le conclusioni cui è giunto il Tribunale di sorveglianza sono rafforzate, in modo logico e coerente, dai riferimenti non solo alla dlurata, definita ancora troppo breve della sperimentazione in semilibertà, ma anche alle relazioni di sintesi più aggiornate, che pur esprimendo parere favorevole alla misura, non contengono valutazioni certe sull’effettiva assunzione di responsabilizzazione rispetto alle condotte devianti e sulla definitiva maturazione del processo di revisione critica.
In conclusione, l’ordinanza impugnata ha dato conto, senza che emergano evidenti vizi logici, dell’esercizio della discrezionalità che la legge affida al Tribuna di sorveglianza, mentre gran parte delle censure mosse dal ricorrente si risolvono in apprezzamenti confutativi, inidonei a infirmare la tenuta logica del ragionamento giudiziale ed estranei all’annbil:o della cognizione della Corte di cassazione, venendo la stessa impropriamente sollecitata a rivalutare elementi di fatto, così da sostituirsi alla valutazione logicamente compiuta dal giudice di merito.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese bt Arocessuali.
Così deciso, in Roma 20 febbraio 2024.