Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30972 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30972 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GROTTAGLIE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/02/2024 del TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA di BOLOGNA
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; ricorso;
dato avviso al difensore;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha rigettato l’istanza avanzata nell’interesse di NOME COGNOME per ottenere la liberazione condizionale ex articolo 176 cod. pen., non ravvisando il sicuro ravvedimento anche in considerazione del mancato risarcimento del danno e della volontaria non attivazione di qualunque iniziativa di riparazione con le vittime.
1.1. Come si desume dall’ordinanza impugnata, NOME COGNOME si trova ristretto in espiazione della pena dell’ergastolo (due condanne per omicidio, due condanne per partecipazione ad associazione mafiosa con ruolo di vertice, estorsioni, armi ed altro) pressoché ininterrottamente dal 1990, dopo essere stato avviato per circa un anno alla detenzione domiciliare per motivi di salute.
Ricorre NOME COGNOME, a mezzo dei difensori AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, denunciando la violazione di legge, in riferimento agli artt. 176 cod. pen., 4-bis, comma 1-bis, legge 26 luglio 1975, n. 354, e il vizio della motivazione riguardo alla liberazione condizionale.
Il Tribunale ha errato nella interpretazione e applicazione della legge, nonché ha steso una motivazione inadeguata perché non ha valorizzato il complesso dei comportamenti tenuti dal condannato durante il tempo dell’esecuzione della pena che dovevano condurre a un giudizio prognostico favorevole.
Del resto, è irrilevante, oltre che infondata, l’affermazione del Tribunale di sorveglianza secondo la quale vi sarebbe il pericolo di ristabilimento dei contatti con l’ambiente criminale mafioso, sia perché i contatti con i parenti sono stati unicamente determinati da motivi famigliari, sia perché sono indimostrate e insussistenti le presunte attività illecite poste in essere da terzi sul territori operatività del clan, mancando comunque qualunque riferibilità di tali condotte al condannato.
Sotto il profilo del risarcimento, fermo restando che non vi furono costituzioni di parte civile, sicché non vi è danno da risarcire, il legittimo rifi del condannato di ammettere le responsabilità per gli omicidi e, dunque, di avviare qualunque contatto con i famigliari delle vittime, non può essere utilizzato in suo pregiudizio come ostacolo all’esclusione del requisito del ravvedimento.
CONSIDERATO 11’4 DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che la nozione di «ravvedimento», che rileva ai fini della concessione della liberazione condizionale, comprende il complesso dei comportamenti concretamente tenuti ed esteriorizzati dal condannato durante il tempo dell’esecuzione della pena, obiettivamente idonei a dimostrare, anche sulla base del progressivo percorso trattannentale di rieducazione e di recupero, la convinta revisione critica delle pregresse scelte criminali e a formulare in termini di certezza, o di elevata e qualificata probabilità, confinante con la certezza, un serio, affidabile ragionevole giudizio prognostico di pragmatica conformazione della futura condotta di vita all’osservanza della legge penale in precedenza violata (Sez. 1, n. 486 del 25/09/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265471; Sez. 1, n. 45042 del 11/07/2014, COGNOME, Rv. 261269; Sez. 1, n. 34946 del 17/07/2012, COGNOME, Rv. 253183).
Si è recentemente chiarito che «in tema di liberazione condizionale, la nozione di ravvedimento comprende il complesso dei comportamenti tenuti ed esteriorizzati dal soggetto durante il tempo dell’esecuzione della pena, obiettivamente idonei a dimostrare, anche sulla base del progressivo percorso trattamentale di rieducazione e recupero, la convinta revisione critica delle pregresse scelte criminali ed a formulare in termini di certezza ovvero di elevata e qualifica probabilità confinante con la certezza – un serio, affidabile e ragionevole giudizio prognostico di pragmatica conformazione della futura condotta di vita del condannato all’osservanza delle leggi in precedenza violate» (Sez. 1, n. 19818 del 23/03/2021, Vallanzasca, Rv. 281366 – 02)
2.1. Nella valutazione del percorso trattamentale, cosi come in genere rispetto al complesso delle valutazioni di competenza, il Tribunale di sorveglianza deve basarsi sulle relazioni provenienti dagli organi deputati all’osservazione del condannato, senza essere tuttavia vincolato ai giudizi ivi espressi, competendo al medesimo giudice, al di fuori d’inammissibili automatismi, ogni definitiva valutazione circa la pregnanza e concludenza dell’operato processo di revisione critica (Sez. 1, n. 23343 del 23/03/2017, Arzu, Rv. 270016; Sez. 1, n. 53761 del 22/09/2014, Palena, Rv. 261982; Sez. 1, n. 33343 del 04/04/2001, COGNOME, Rv. 220029).
Se il numero, il titolo e la gravità dei reati non sono in sé ostativi, ove n ricorrano i presupposti, alla concessione della liberazione condizionale, tali
elementi costituiscono pur sempre il punto di partenza per la valutazione della personalità del condannato al fine di accertarne il ravvedimento, che deve essere «sicuro», sicché si impone una valutazione tanto più rigorosa e penetrante del comportamento tenuto durante l’espiazione della pena, quanto più vasto sia stato l’allarme sociale destato dai crimini commessi (Sez. 1, n. 1699 del 29/05/1985, Ciampi, Rv. 169872).
Si tratta, del resto, di una valutazione che non si deve esaurire nella mera verifica della partecipazione all’opera di rieducazione, ma che implica un esame particolarmente attento e approfondito volto ad accertare l’esistenza di un effettivo e irreversibile cambiamento, espresso tramite la condanna totale del proprio passato criminoso e il conseguente profondo e sincero pentimento, da dimostrarsi con comportamenti rigorosamente nel tempo coerenti, non disgiunti dalla dovuta attenzione alla necessità di lenire le conseguenze materiali e morali delle condotte delittuose nei confronti delle vittime.
L’ordinanza impugnata supera ampiamente il vaglio di legittimità.
Essa opera un’attenta ricognizione sia della biografia penale del condannato, in sé davvero significativa, sia del processo di affrancamento e di recupero che COGNOME ha avviato e che si trova riflesso nelle relazioni penitenziarie; ma pone logicamente in luce che tale processo non è stato e non è oggi esente da incertezze e profonde lacune, l’apice delle quali è rappresentato dai complessivi comportamenti «minimizzanti» assunti rispetto ai propri comportamenti.
3.1. Dall’attenta ponderazione dei più recenti dati di osservazione, che risultano favorevoli al condannato, letti in chiave di più che giustificata prudenza, senza cioè facile accondiscendenza alle positive verbali esteriorizzazioni del condannato e alla umana indulgenza rispetto a una prolungata detenzione, il Tribunale di sorveglianza trae l’ineccepibile convincimento che i comportamenti del condannato non siano allo stato oggettivamente tali da riflettere il definitivo ripudio del passato stile di vita e l’irreversibile accettazione di modelli di condott normativamente e socialmente conformi.
Si è, in proposito, logicamente evidenziato che il rifiuto di qualunque contatto o effettivo confronto con le vittime dei reati si pone in termini assolutamente negativi rispetto al sicuro ravvedimento.
La giurisprudenza di legittimità ha, in proposito, ribadito che «in tema di liberazione condizionale il fatto che risulti dimostrata la obiettiva impossibilità adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, secondo quanto previsto dall’ultimo comma dell’art. 176 cod. pen., non esclude che la manifestazione o meno di interesse per la vittima e di intendimenti di riparazione, se non sul piano materiale, quanto meno su quello morale, possano essere legittimamente valutati dal giudice ai fini del giudizio in ordine alla sussistenza o meno del requisito del ravvedimento» (Sez. 1, n. 12782 del 24/02/2021, COGNOME, Rv. 280864, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure il provvedimento di diniego di concessione del beneficio nei confronti di un condannato il quale si era limitato a dedurre una situazione di indisponibilità economica, senza fornire indicazioni utili a far ritenere la decisività della stessa ai fini dell’inosservanza dei doveri di ristoro nei confronti delle persone offese e senza far riferimento ad alcun percorso di revisione critica attivato dopo l’esecuzione della pena; in precedenza Sez. 1, n. 1635 del 13/04/1992, Nanni, Rv. 190107).
Del resto, la giurisprudenza di legittimità è costantemente orientata a valorizzare, quale specifico indice obiettivo di sicuro ravvedimento, quanto meno un effettivo e reale contatto con le vittime, anche soltanto per mezzo di corrispondenza epistolare con i parenti di alcune vittime, cui possano fare seguito, nel rispetto della riservatezza e delle autonome determinazioni di questi, alcuni, pur parziali, atteggiamenti di riconciliazione e di perdono (Sez. 1, n. 18022 del 24/04/2007, COGNOME, Rv. 237365; Sez. 1, n. 9001 del 04/02/2009, Membro, Rv. 243419).
3.2. Le conclusioni cui è giunto il Tribunale di sorveglianza sono rafforzate, in modo logico e coerente, dall’esplicito rilievo della manc:ata emersione di atteggiamenti del condannato che segnino, nei confronti delle vittime degli innumerevoli e gravissimi reati, anche al di là di risarcimenti di tipo economico, pur doverosi nonostante la mancata costituzione di parte civile, un’evidente ed effettiva resipiscenza.
Privo di rilievo è, in quest’ottica, il diritto di (proseguire a) dichiar innocente rispetto ai due omicidi per i quali COGNOME è stato da tempo condannato, poiché egli ha comunque il dovere di attivarsi per le condotte
riparatorie a favore delle vittime di quelle condotte che, all’esito dei giudizi merito, risultano attribuite al condannato.
Infatti, ai fini della concessione della liberazione condizionale, l’art. 176 cod pen. richiede l’adesione convinta al trattamento rieducativo, l’accettazione dell’espiazione della pena: in quest’ottica’ correttamente’ il Tribunale ha valorizzato il mancato interessamento di COGNOME per le persone offese.
3.3. In conclusione, l’ordinanza impugnata ha dato conto, senza che emergano evidenti vizi logici, dell’esercizio della discrezionalità che la legge affida al Tribunale di sorveglianza, sicché le censure mosse dal ricorrente si risolvono in apprezzamenti confutativi, inidonei a infirmare la tenuta logica del ragionamento giudiziale ed estranei all’ambito della cognizione della Corte di cassazione, venendo la stessa impropriamente sollecitata a rivalutare elementi di fatto, così da sostituirsi alla valutazione logicamente compiuta dal giudice di merito.
3.4. Del pari, sono inconsistenti le doglianze sui – non contestati – contatti con i parenti e la famiglia di provenienza’ che, per le obiettive risultanze investigative e giudiziarie cui ha fatto riferimento il giudice di merito, risulta espressione del consolidato potere mafioso da essi esercitato in quel territorio, quale clan famigliare.
Sotto tale profilo, in effetti, la persistenza di stretti legami di condivisione interessenza è stata non illogicamente valutata alla stregua di un obiettivo ostacolo a ravvisare, unitamente agli altri comportamenti tenuti dal condannato, il sicuro ravvedimento richiesto dall’art. 176 cod. pen.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 1° luglio 2024.