Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 31418 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 31418 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato ad Alcamo il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/01/2024 del Tribunale di Sorveglianza di Bologna udita la relazione svolta dal Consigliere NOME AVV_NOTAIO; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO per il rigetto.
• RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Sorveglianza di Bologna, con ordinanza in data 18/1/2024, ha rigettato l’istanza di concessione della liberazione condizionale proposta da COGNOME NOME.
NOME COGNOME è stato condannato per i reati di omicidio e associazione a delinquere di tipo mafioso commessi in data anteriore e prossima al mese di ottobre 1991.
La pena dell’ergastolo ora in esecuzione è oggetto del cumulo emesso in data 25 maggio 2003 e il detenuto ha scontato una pena c:omplessiva pari a circa 38 anni, in ciò comprendendo anche la liberazione anticipata già concessa.
In data 10 aprile 2021 l’interessato ha presentato richiesta di concessione della liberazione condizionale evidenziando, in estrema sintesi, l’inapplicabilità dell’art. 4 bis ord. pen., di non avere la possibilità di adempiere alle obbligazioni
civili e di avere avuto un comportamento carcerario corretto, tale da dimostrare il proprio ravvedimento.
Il Tribunale di sorveglianza ha rigettato evidenziando:
-che l’impossibilità di adempiere alle obbligazioni civili non è stata adeguatamente provata e che anzi le condizioni della famiglia di provenienza sono tali da dimostrare l’esistenza di una quaiche disponibilità economica;
-che i criteri di cui all’art. 4 bis ord. pen., sebbene non applicabili, devono comunque essere considerati come termine di riferimento della valutazione;
-che non sono comunque emersi elementi idonei a dare conto che il condannato si sia ravveduto o che abbia avviato un percorso anche extramurario, ciò anche indipendentemente dall’assenza di collaborazione.
Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.
3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 176 cod. pen. e 117, comma 1, cost., con riferimento ai principi sanciti dalla sentenza Viola c/o Italia e per violazione degli artt. 3, 24 e 111 cosi:. e 6, 7, 13 e 1 C.e.d.u. In un unico articolato motivo la difesa ha evidenziato che la conclusione cui è pervenuto il magistrato di sorveglianza sarebbe errato in quanto: in assenza di una effettiva istruttoria sul punto il’afferrnazione secondo la quale il condannato non avrebbe dimostrato l’impossibilità di adempiere alle obbligazioni civili, fondato su di una pretesa disponibilità economica che avrebbero i familiari, è apodittica, ciò soprattutto considerato che NOME aveva comunque fornito degli elementi a sostegno della richiesta; ti.’ il riferimento ai criteri di cui all’ bis ord. pen. sarebbe improprio e, comunque, sarebbe del tutto illegittimo dare rilievo al fatto che il condannato non ha collaborato, elemento al quale non si può attribuire una valenza negativa;’Iii. la considerazione secondo la quale il condannato non si sia ravveduto o non abbia dato prova di avere avviato un percorso di ravvedimento sarebbe generica in quanto dagli atti emergerebbe che tale percorso si stato quanto meno avviato e questo consentirebbe allo stato di concedere la misura richiesta.
In data 10 aprile 2024 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte con le quali il AVV_NOTAIO chiede che il ricorso sia rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
In un unico articolato motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 176 cod. pen. e 117, comma 1, cost., con riferimento ai principi sanciti dalla sentenza Viola c/o Italia e per violazion degli artt. 3, 24 e 111 cost. e 6, 7, 13 e 14 C.e.d.u.
Le doglianze sono infondate.
2.1. Il presupposto per la concessione della liberazione condizionale al condannato che abbia scontato almeno trenta mesi e comunque almeno la metà della pena inflittagli quando il rimanente non superi cinque anni, ovvero almeno ventisei anni in caso di condanna all’ergastolo, è costituito dal sicuro ravvedimento (Corte coste n. 282 del 1989 e n. 161 del 1997 per cui l’istituto, prevedendo l’avvenuto ravvedimento, rende la pena dell’ergastolo non in contrasto con il principio rieducativo di cui all’art. 27 cost.)
A tal fine il Tribunale di Sorveglianza è tenuto a verificare se l’azione rieducativa abbia avuto come risultato il compiuto ravvedimento come esito di una revisione critica della vita antecedente e questo deve essere valutato in base alla condotta complessiva serbata dal condannato (Sez. 1, n. 26754 del 29/05/2009, Betti, Rv. 244654 – 01).
La nozione di ravvedimento, infatti, comprende il complesso dei comportamenti tenuti ed esteriorizzati dal soggetto durante il tempo dell’esecuzione della pena, obiettivamente idonei a dimostrare, anche sulla base del progressivo percorso trattamentale di rieducazione e rec:upero, la convinta revisione critica delle pregresse scelte criminali e a formulare – in termini di certezza ovvero di elevata e qualifica probabilità confinante con la certezza – un serio, affidabile e ragionevole giudizio prognostico di pragmatica conformazione della futura condotta di vita del condannato all’osservanza delle leggi in precedenza violate (Sez. 1, n. 19818 del 23/03/2021, Vallanzasca, Rv. 281366 02).
Ciò in quanto il presupposto del “sicuro ravvedimento” non consiste semplicemente nell’ordinaria buona condotta del condannato, necessaria per fruire dei benefici previsti dall’ordinamento penitenziario, ma implica comportamenti positivi dai cui poter desumere l’abbandono delle scelte criminali, tra i quali assume particolare significato la fattiva volontà del reo di eliminare o di attenuare le conseguenze dannose del reato (Sez. 1, n. 486 del 25/09/2015, dep. 2016, Caruso, Rv. 265471 – 01) e, nei reati di omicidio, avere anche mostrato effettivo interessamento per la situazione morale e materiale delle persone offese (Sez. 1, n. 19818 del 23/03/2021, Vallanzasca, Rv. 281366 02).
Sotto tale profilo, in tema di liberazione condizionale, la nozione di “ravvedimento” implica la realizzazione, da parte del condannato, di comportamenti oggettivi dai quali desumere la netta scelta di revisione critica operata rispetto al proprio passato, che parta dal riconoscimento degli errori commessi e aderisca a nuovi modelli di vita socialmente accettati, anche compiendo atti e comportamenti di concreta apertura e disponibilità relazionale verso i parenti delle vittime dei gravi delitti commessi, pure se il soggetto è privo di possibilità economiche (Sez. 1, n. 45042 del 11/07/2014, COGNOME, Rv. 261269 – 01).
In una corretta prospettiva, d’altro canto, come evidenziato dal Procuratore generale, l’ulteriore requisito, costituito dall’adempimento delle obbligazioni civili, previsto salvo che il condannato dimostri di trovarsi nell’impossibilità adempierle, assume rilievo ai fini della verifica, non tanto dell’avvenuta eliminazione del pregiudizio cagionato, quanto piuttosto della serietà della revisione critica del condannato rispetto alle pregresse scelte criminali (Sez. 5, n. 11331 del 10/12/2019, dep. 2020, Cesarano, Rv. 279041 – 0:1) per cui il giudice deve considerare la manifestazione o meno di interesse per la vittima e di intendimenti di riparazione, se non sul piano materiale, quanto meno su quello morale, elementi che possano, rectius devono, essere legittimamente valutati dal giudice ai fini del giudizio in ordine alla sussistenza o meno del requisito del ravvedimento (Sez. 1, n. 12782 del 24/02/2021, COGNOME, R.v. 280864 – 01 in cui la Corte ha ritenuto immune da censure il provvedimento di diniego di concessione del beneficio nei confronti di un condannato, il quale si era limitato a dedurre una situazione di indisponibilità economica, senza fornire indicazioni utili a far ritenere la decisività della stessa ai fini dell’inosservanza dei doveri ristoro nei confronti delle persone offese e senza far riferimento ad alcun percorso di revisione critica attivato dopo l’esecuzione della pena). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Nel caso di specie il Tribunale, al di là delle considerazioni in ordine alla dimostrazione o meno dell’impossibilità di adempiere alle obbligazioni civili e quanto al tempo di commissione del reato e all’applicabilità o meno dei criteri di cui all’art. 4 bis ord. pen., ha fondato il rigetto sul mancato ravvedimento del condannato.
Nel provvedimento impugnato, infatti, il Tribunale ha evidenziato che il ricorrente non ha mostrato di avere effettivamente compreso la gravità dei reati commessi e di non avere ancora proceduto in modo concreto e sincero alla necessaria revisione critica del proprio vissuto.
Ciò sia con riferimento agli atteggiamenti minimizzanti se non negatori delle proprie responsabilità che al mancato riconoscimento dell’autorità dei provvedimenti emessi nei suoi confronti e, anche, quanto all’insensibilità e
indifferenza rispetto agli obblighi riparatori, non solo da un punto di vista materiale quanto, piuttosto, sotto il profilo di una reale ernenda personale e questo evidenziando, correttamente, che la mera adesione formale alle attività trattamentali non ha da sola rilievo laddove, invece, appare necessario anche avviare preliminarmente un percorso extra murario.
Tale conclusione, fondata sulla motivata esclusione che il condannato si sia ravveduto e che il percorso in tal senso non possa dirsi ancora seriamente intrapreso, non è sindacabile in quanto non sono dirimenti le considerazioni esposte nell’atto di ricorso con le quali, attribuendo centrale rilievo all situazione di disagio economico, si sollecita nella sostanza una diversa lettura degli elementi acquisiti, senza peraltro confrontarsi direttamente con gli argomenti posti a fondamento del rigetto.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.II.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 26/4/2024