Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32135 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32135 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 17/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME Felice nato a NAPOLI il 15/12/1980 avverso l’ordinanza del 05/03/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di Roma udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del P.G., NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 5 marzo 2025 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo presentato dal detenuto NOME COGNOME condannato che sta espiando la pena dell’ergastolo e che con separata ordinanza dell’8 luglio 2024 dello stesso Tribunale ha ottenuto il riconoscimento della detenzione inumana e degradante per un periodo di 3.184 giorni – contro il rigetto dell’istanza di corresponsione, in luogo della riduzione della pena, della somma di euro 24.440 in quanto condannato all’ergastolo che ha già scontato una frazione di pena che rende ammissibile la liberazione condizionale e non ha, pertanto, interesse a beneficiare del rimedio in forma specifica della riduzione della pena.
Il Tribunale di sorveglianza ha respinto il reclamo, in quanto ha ritenuto che lo stesso, se correttamente qualificato, avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile perchØ presentato oltre il termine di 15 giorni, e perchØ comunque il beneficio economico Ł riconosciuto in luogo della riduzione della pena soltanto ai condannati all’ergastolo che si trovino nelle condizioni per ottenere la liberazione condizionale, ma nel caso in esame il condannato ha scontato alla data dell’istanza soltanto 21 anni e 10 mesi di reclusione, e quindi una porzione non utile per ottenere la liberazione condizionale.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore.
Con il primo motivo deduce violazione di legge perchØ il condannato Ł un collaboratore di giustizia, e quindi per ottenere l’accesso ai benefici penitenziari deve raggiungere soglie di pena espiata inferiori a quelle dei detenuti comuni, ed, in particolare, per la liberazione condizionale quella di dieci anni, che nel caso in esame era rispettata.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione, perchØ il reclamo era tempestivo, in quanto l’ordinanza reclamata era stata notificata al difensore il 31 luglio 2024 ed il reclamo Ł stato presentato dal difensore il 15 settembre 2024.
Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione, perchØ nessuna richiesta in ambito civilistico avrebbe potuto essere presa in considerazione dal giudice di prime cure, che
avrebbe dovuto essere individuato in ogni caso nel magistrato di sorveglianza.
Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso Ł infondato.
¨ preliminare l’esame del secondo motivo di ricorso, che pur fondato nel merito, Ł, in realtà, inammissibile, perchØ attacca soltanto un inciso del provvedimento impugnato, che, pur avendo rilevato l’intempestività del reclamo, non lo ha dichiarato inammissibile, ma lo ha deciso nel merito.
L’argomento speso nel motivo Ł in sØ corretto, perchØ il reclamo Ł firmato con firma digitale dall’avv. NOME COGNOME il 15 settembre 2024 alle ore 13.33.43, ed Ł inviato alla casella di posta elettronica del deposito atti penali del Tribunale di sorveglianza di Roma lo stesso 15 settembre 2024 alle ore 13.43. Per ciò che può rilevare, esso Ł letto dalla cancelleria del Tribunale, che già il giorno successivo chiede al difensore il deposito delle copie previsto dall’art. 164 disp. att. cod. proc. pen. Ne consegue che Ł stato, pertanto, rispettato il termine del 15 settembre 2024 indicato dalla stessa ordinanza impugnata come il termine di scadenza del reclamo.
La fondatezza dell’argomento proposto non comporta, però, l’annullamento del provvedimento impugnato, perchØ, come detto, esso attacca una parte della motivazione dell’ordinanza impugnata che non Ł entrata nel percorso logico che ha portato alla decisione, perchØ il Tribunale di sorveglianza, pur avendo affermato all’inizio che il reclamo non era tempestivo, lo ha poi deciso nel merito.
Il primo motivo Ł infondato.
Il ricorso deduce che l’ordinanza impugnata avrebbe calcolato in modo non corretto la frazione di pena che rendeva ammissibile per il ricorrente l’accesso alla liberazione condizionale, perchØ il ricorrente, quale collaboratore di giustizia, avrebbe potuto beneficiare della liberazione condizionale dopo l’espiazione di soli dieci anni di pena, in deroga alla regola ordinaria di cui all’art. 176 cod. pen. ed in forza della previsione speciale dell’art. 16nonies, comma 4, d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito con modificazioni dalla l. 15 marzo 1991, n. 82, che prevede che per il collaboratore di giustizia la liberazione condizionale Ł ammessa ‘soltanto dopo la espiazione di almeno un quarto della pena inflitta ovvero, se si tratta di condannato all’ergastolo, dopo l’espiazione di almeno dieci anni di pena’.
Il ricorrente, che ha scontato, in base allo stesso calcolo effettuato dal Tribunale di sorveglianza, 21 anni e 10 mesi di reclusione non sarebbe, quindi, nelle condizioni per essere ammesso alla liberazione condizionale in base alle regole ordinarie, ma si troverebbe in tale situazione in base alle regole derogatorie previste per i collaboratori di giustizia.
L’argomento Ł infondato.
A sostegno della tesi esposta nel ricorso il ricorrente porta una pronuncia del giudice della cognizione (sentenza della Corte di appello di Napoli n. 18 del 2023) che gli ha riconosciuto l’attenuante speciale prevista dall’art. 416-bis.1, comma 3, cod. pen.
In realtà, però, non vi Ł coincidenza piena tra riconoscimento dell’attenuante speciale dell’art. 416-bis.1, comma 3, cod. pen. ed accesso alla liberazione condizionale speciale per i collaboratori di giustizia dell’art. 16-nonies d.l. n. 8 del 1991, perchØ, per rientrare nei presupposti della norma derogatoria appena citata, occorre che il condannato ottenga uno specifico provvedimento del magistrato di sorveglianza, emesso a seguito di proposta o parere del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, e pronunciato ‘avuto riguardo all’importanza della collaborazione e sempre che sussista il ravvedimento e non vi siano
elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva’ e soltanto dopo aver accertato che ‘entro il termine prescritto dall’articolo 16-quater Ł stato redatto il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione previsto dal medesimo articolo 16-quater’, secondo quanto previsto espressamente dalcomma 4 dell’art. 16-nonies.
¨ soltanto con l’emissione di tale provvedimento del magistrato di sorveglianza, di cui non vi Ł traccia negli atti del fascicolo del Tribunale, e che il ricorrente non ha allegato al ricorso, che si verifica la ‘deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai limiti di pena di cui all’ art. 176 del codice penale’ (v. sempre il comma 4 dell’art. 16-nonies).
In mancanza di tale provvedimento, pertanto, restano in vigore le regole ordinarie, che prevedono l’accesso alla liberazione condizionale soltanto dopo un periodo minimo di 26 anni di pena espiata, limite pacificamente non rispettato dal ricorrente, la cui detenzione Ł stata anche interrotta, peraltro, dalla evasione, e da una lunga latitanza di sette mesi, seguita al mancato rientro da un permesso premio.
Ne consegue che il motivo Ł infondato.
Il terzo motivo Ł inammissibile.
Come già il primo motivo, esso aggredisce un passaggio della motivazione dell’ordinanza impugnata, che non Ł entrata nel percorso logico della decisione, perchØ in tale passaggio il Tribunale di sorveglianza afferma che il lungo periodo di latitanza ha interrotto la espiazione del ricorrente ed avrebbe dovuto indurre il magistrato di sorveglianza a ritenerlo decaduto dalla possibilità di chiedere il riconoscimento della detenzione inumana e degradante, affermazione che l’ordinanza impugnata pone tra parentesi, e che costituisce soltanto un inciso privo di seguito nel percorso logico della decisione, che respinge l’istanza nel merito, e non perchØ il condannato fosse decaduto dalla possibilità di ottenere il riconoscimento del beneficio.
Il motivo Ł, pertanto, inammissibile.
Il ricorso Ł, nel complesso, infondato. Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 17/09/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
CARMINE RUSSO