Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4764 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4764 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BRINDISI il 11/05/1968
avverso il decreto del 23/02/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio e la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza per quanto di competenza
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 23 febbraio 2024 il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Torino ha dichiarato inammissibile l’istanza di concessione della liberazione condizionale presentata nell’interesse di NOME COGNOME a causa della mancanza di documentazione attestante il risarcimento del danno alla parte offesa.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per mezzo del proprio difensore, avv. NOME COGNOME articolando un motivo con il quale ha eccepito, cumulativamente, violazione di legge e vizi di motivazione.
Ha premesso di essere stato ininterrottamente detenuto dal 17 settembre 1997 in quanto condannato alla pena dell’ergastolo e di avere espiato circa trentadue anni di detenzione.
Beneficia di permessi premio, è stato ammesso al lavoro esterno e alla semilibertà in quanto collaboratore di giustizia.
Nella fase esecutiva della pena, ha sempre tenuto una condotta ineccepibile partecipando alle attività rieducative, tanto da essere ammesso alla detenzione domiciliare.
Ha, da ultimo, chiesto la liberazione condizionale ex art. 16nonies legge n. 82 del 1991, ossia quella prevista per i collaboratori di giustizia, in deroga alla disposizione generale di cui all’art. 176 cod. pen.
Ha richiamato il costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte secondo cui, ai fini della liberazione condizionale a favore dei collaboratori di giustizia, non rilevano eventuali iniziative risarcitorie nei confronti delle vittime.
Proprio tale uniforme orientamento, fondato sul dato letterale dell’art. 16nonies cit., è stato posto a giustificazione dell’impugnazione.
Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento senza rinvio e la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Torino.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è meritevole di accoglimento.
Il provvedimento impugnato è affetto da radicale nullità per essere stato emesso dal Presidente del Tribunale di sorveglianza che ha rilevato
l’inammissibilità dell’istanza di liberazione condizionale presentata ai sensi del combinato disposto degli artt. 176 cod. pen. e 16 nonies d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, in legge 15 marzo 1991, n. 82, per non essersi attivato ai fini del risarcimento della persona offesa.
In tal modo, non è stato correttamente applicato il pacifico e condivisibile principio di diritto secondo cui «in tema di procedimento di sorveglianza, il decreto di inammissibilità per manifesta infondatezza può essere emesso “de plano”, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., soltanto qualora l’istanza manchi dei requisiti posti direttamente dalla legge e la presa d’atto di tale mancanza non richieda accertamenti di tipo cognitivo né valutazioni discrezionali» (Sez. 1, n. 32279 del 29/03/2018, COGNOME, Rv. 273714).
In tema di liberazione condizionale in favore dei collaboratori di giustizia, non costituisce condizione ostativa al riconoscimento del beneficio la sola circostanza che il condannato non abbia proceduto al risarcimento della persona offesa.
Il beneficio, infatti, proprio sulla base di quanto previsto dall’art. 16nonies, comma 4, d.l. n. 8 del 1991, cit., può essere concesso anche «in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai limiti di pena di cui all’art. 1 del codice penale».
Si tratta di espressione che, secondo Sez. 1, n. 42357 del 11/09/2019, Rv. 277141 si riferisce «non solo ai limiti di pena, espressamente richiamati, ma anche alla generale previsione di cui all’art. 176, comma quarto, cod. pen.», con la conseguenza che «alla concessione di un beneficio al collaboratore di giustizia non osta, di per sé, il mancato adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, in quanto la decisione del giudice non può essere subordinata a tale adempimento. Nella valutazione della concedibilità della liberazione condizionale ad un collaboratore di giustizia, pertanto, il mancato adempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato può essere preso in esame quale possibile dimostrazione di un ravvedimento non ancora sicuro e completo, ma non può essere ritenuto di per sé ostativo, diversamente da quanto è previsto per il beneficio da concedere ad un condannato non collaborante, secondo l’esplicito contenuto dell’art. 176, comma 4, cod. pen.»
Sul punto, giova, altresì, richiamare l’orientamento secondo cui «ai fini della concessione della liberazione condizionale chiesta da un collaboratore di giustizia, ai sensi dell’art. art. 16-nonies, d.l. 15 gennaio 1991, n. 8 il giudic nel valutare il sicuro ravvedimento dell’istante, deve tener conto di indici sintomatici del “sicuro ravvedimento”, quali l’ampiezza dell’arco temporale nel quale si è manifestato il rapporto collaborativo, i rapporti con i familiari e personale giudiziario, lo svolgimento di attività lavorativa, di studio o sociali
successive alla collaborazione, non potendo assumere rilievo determinante la sola assenza di iniziative risarcitorie nei confronti delle vittime dei rea commessi» (Sez. 1, n. 17831 del 20/04/2021, Celona, Rv. 281360; Sez. 1 – , n. 19854 del 22/06/2020, Licata, Rv. 279321).
Ai fini della liberazione condizionale, quindi, è necessario compiere una valutazione complessiva del comportamento del collaboratore e la mancanza del risarcimento della vittima non integra una ragione che ictu ocu/i giustifica la declaratoria di inammissibilità della richiesta, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen.
Ne deriva che il mancato adempimento del risarcimento del danno non può giustificare la declaratoria di inammissibilità, da parte del Presidente del Tribunale di sorveglianza, dell’istanza di liberazione condizionale presentata dal collaboratore di giustizia, integrandosi, in tal caso, una violazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 179 cod. proc. pen.
Infatti, il decreto che venga assunto al di fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge è affetto da nullità di ordine generale e a carattere assoluto, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi degli artt. 178 e 179 cod. proc. pen., per effetto dell’estensiva applicazione delle previsioni della omessa citazione dell’imputato e della assenza del suo difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza (Sez. 1, n. 18884 del 27/10/2020, dep. 2021, Costa, non mass.; Sez. 1, n. 41754 del 16/09/2014, COGNOME Rv. 260524 – 01; Sez. 1, n. 29505 del 11/06/2013, COGNOME, Rv. 256111 – 01).
La violazione, se accertata in sede di legittimità, determina l’annullamento del decreto.
3. Per tali ragioni il decreto impugnato deve essere annullato.
L’annullamento deve essere disposto con rinvio in adesione all’orientamento più recente secondo cui «in tema di ricorso per cassazione, ove il provvedimento impugnato sia affetto da nullità assoluta per violazione del contraddittorio, deve disporsi l’annullamento con rinvio, dovendosi applicare la regola generale di cui al combinato disposto degli artt. 623, comma 1, lett. b) e 604, comma 4, cod. proc. pen., che prevede l’adozione di tale provvedimento qualora venga accertata una causa di nullità ex art. 179 cod. proc. pen.» (Sez. 1, n. 14568 del 21/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 283306; Sez. 1, n. 6117 del 01/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280524; Sez. 1, n. 21826 del 17/07/2020, COGNOME, Rv. 279397).
Annulla il decreto impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Torino.
Così deciso il 21/11/2024