Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26614 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26614 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/12/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 14 dicembre 2023 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto l’istanza di concessione della liberazione condizionale presentata da NOME COGNOME in relazione al cumulo di pena emesso dalla Procura della Repubblica di Palermo in data 30 settembre 2017.
Il Tribunale ha rilevato che l’istante è un collaboratore di giustizia, st espiando, dal 03/04/2019 in regime di detenzione domiciliare, un residuo pena di dodici anni, sei mesi e tre giorni di reclusione, che un’istanza analoga gli è stata respinta in data 11 marzo 2021, che il parere della PNAA è favorevole stante l’importanza della collaborazione fornita, e che le informazioni di polizia danno atto della sua condotta regolare nella località protetta in cui vive con la compagna e la figlia, e dove lavora.
Ha ritenuto però non provato il necessario requisito del sicuro ravvedimento, nelle forme richieste dagli artt. 16-novies d.l. n. 08/1991 e 176 cod.pen., mancando, in particolare, ogni iniziativa di carattere risarcitorio nei confronti delle vittime dei reati commessi, limitate a pochi versamenti di 50 euro in favore di un’associazione di volontariato. Anche il suo reinserimento sociale non può ancora valutarsi come pienamente consolidato, essendo ancora recente, rispetto al fine-pena, indicato nel 07/12/2027, la sua ammissione alla detenzione domiciliare. L’istante, al di là dei valori lavorativi ed affettivi, «non si è dato nuova dimensione esistenziale che sia realmente espressiva del completamento del percorso di ridefinizione della personalità», e pertanto non sono maturate le condizioni oggettive e soggettive richieste per la concessione del beneficio richiesto.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, con un unico, articolato motivo con il quale deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.proc.pen.
L’iter argonnentativo dell’ordinanza è contraddittorio, e in contrasto con i principi statuiti dalla corte di cassazione in tema di concessione della liberazione condizionale ai collaboratori di giustizia. L’ordinanza dà atto della sussistenza di tutti i requisiti di ammissibilità e meritevolezza del beneficio, dallo svolgimento di un lavoro al regolare inserimento sociale, e dell’importanza della collaborazione, tale da avere comportato il recupero di uno stile di vita orientato ai «valori basilari della convivenza civile », ma poi nega il beneficio con frasi generiche e apodittiche, parlando della mancanza di una «nuova dimensione esistenziale»
2 GLYPH
Or’
senza però spiegare di cosa si tratti, e senza spiegare quale comportamento il ricorrente dovrebbe tenere per essere ritenuto meritevole del beneficio richiesto.
L’ordinanza non menziona, oltre al parere favorevole della PNAA, anche quello del procuratore di udienza, e l’informativa del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, nella parte in cui riporta che egli ha dato mandato al suo difensore di intraprendere un’iniziativa risarcitoria nei confronti delle persone offese, peraltro difficili da rintracciare perché residenti all’estero.
Il provvedimento contrasta con le valutazioni che lo stesso Tribunale ha espresso nel provvedimento con cui ha concesso la detenzione domiciliare, ampiamente positive anche quanto al percorso di revisione critica effettuato. A fronte di tante e tali valutazioni positive, il Tribunale avrebbe dovuto motivare in modo approfondito le ragioni del diniego.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, e deve essere accolto.
La motivazione dell’ordinanza impugnata appare apodittica ed apparente, nonché contraddittoria, così come sostenuto dal ricorrente.
Essa richiama i principi della giurisprudenza di legittimità in merito ai requisiti richiesti dall’art. 176 cod.pen. per la concessione della liberazione condizionale, ed in particolare quello del “sicuro ravvedimento” del condannato, ma non valuta, poi, l’effettivo raggiungimento di questo obiettivo sulla base di tutti gli indici favorevoli, che pure riferisce.
Essa elenca, infatti, il parere favorevole della PNAA, quando alla importanza della collaborazione prestata, ritenuta anche sintomatica della rescissione dei rapporti con l’associazione criminosa di appartenenza, e le informazioni positive del RAGIONE_SOCIALE, circa l’adozione di uno stile di vita regolare, lo svolgimento di attività lavorativa quanto meno dal 2022, l’attuale mantenimento del lavoro e l’assenza di condotte, anche occasionali, contrastanti con uno stile di vita adesivo ai valori di una corretta convivenza civile e all’accettazione delle regole sociali. Esclude, però, che sia provato il «sicuro ravvedimento» a causa del mancato adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato e dell’annessa attuazione di concrete iniziative riparatorie nei confronti delle vittime, ed afferma anche che la volontà di acquisire uno stile di vita conforme ai valori basilari della convivenza civile è una scelta radicata ma
attuata non immediatamente rispetto all’inizio della collaborazione, e ad oggi non «pienamente consolidata», perché «l’accesso alla detenzione domiciliare è relativamente recente rispetto al fine pena», e «l’impegno del COGNOME verso la ricerca di un lavoro procede di pari passo con le iniziative» di carattere risarcitorio, che sono ritenute però troppo modeste.
2.1. Queste affermazioni risultano contraddittorie o non del tutto rilevanti per valutare il raggiunto ravvedimento del ricorrente, e per formulare una prognosi positiva circa il completamento del percorso di reinserimento sociale.
Contraddittoria è l’affermazione della brevità del tempo decorso dalla concessione della detenzione domiciliare, rispetto al fine pena, atteso che questo è fissato al 07/12/2027 e quindi, alla data di emissione della ordinanza, era decorsa oltre la metà della pena ancora da espiare. Altrettanto contraddittoria è l’affermazione che il ricorrente sia alla ricerca di un lavoro, avendo il RAGIONE_SOCIALE affermato che egli lavora dal 2022, quindi da circa due anni, e dall’ottobre 2023 ha un contratto a tempo indeterminato. E’ generico, e nei termini esposti irrilevante, il riferimento ad uno stile di vita conforme ai valo della convivenza civile «non … di immediata realizzazione rispetto all’inizio della collaborazione», in quanto non si comprende se il ricorrente, dal 2013, anno in cui tale collaborazione è iniziata, ha tenuto comportamenti dimostrativi di un mancato allontanamento da una mentalità delinquenziale, o se il nuovo stile di vita non è stato pienamente dimostrato sino alla concessione della detenzione domiciliare, proprio a causa della restrizione carceraria.
Infine è contraddittorio il riferimento alla mancanza di iniziative risarcitori in favore delle vittime dei suoi reati, in quanto l’ordinanza dapprima accenna ad una omissione totale di simili iniziative, e in seguito parla di versamenti di denaro ad un’associazione di volontariato, ritenuti troppo modesti senza parannetrarli, però, alle effettive capacità economiche del ricorrente, e senza valutare se, per la loro frequenza o le loro modalità, essi siano comunque tali da dimostrare la volontà di adempiere anche a tale obbligo, imposto dall’art. 176, ultimo comma, cod.pen. In ordine a questo aspetto, peraltro, occorre ribadire l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui «Ai fini della concessione della liberazione condizionale chiesta da un collaboratore di giustizia, ai sensi dell’art. art. 16-novies, d.l. 15 gennaio 1991, n. 8 il giudice, nel valutare il sicuro ravvedimento dell’istante, deve tener conto di indici sintomatici del “sicuro ravvedimento”, quali l’ampiezza dell’arco temporale nel quale si è manifestato il rapporto collaborativo, i rapporti con i familiari e personale giudiziario, lo svolgimento di attività lavorativa, di studio o sociali successive alla collaborazione, non potendo assumere rilievo determinante la sola assenza di iniziative risarcitorie nei confronti delle vittime dei rea
commessi» (Sez. 1, n. 17381 del 20/04/2021, Rv. 281360; Sez. 1, n. 42357 del 11/09/2019, Rv. 277141).
2.2. E fondata, infine, la censura del ricorrente circa la natura apodittica e generica dell’affermazione secondo cui egli non si sarebbe dato «una nuova dimensione esistenziale che sia realmente espressiva del completamento del percorso di ridefinizione della personalità», nella quale si sostanzierebbe il sicuro ravvedimento richiesto dalle norme per la concessione del beneficio richiesto. L’ordinanza non precisa, infatti, alla luce del comportamento corretto descritto nei paragrafi precedenti, ritenuto carente solo quanto all’adempimento degli obblighi di natura risarcitoria, quale condotta negativa o quale condotta omissiva, diversa da quest’ultimo aspetto, gli venga concretamente rimproverata.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, accolto, e l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma per un nuovo giudizio, da svolgersi con piena libertà valutativa, ma nel rispetto dei principi sopra puntualizzati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma
Così deciso il 15 maggio 2024
GLYPH
Il Consigliere estensore
Il Presidente