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Liberazione condizionale collaboratore: il ravvedimento

Un collaboratore di giustizia si vede negare la liberazione condizionale per mancato risarcimento alle vittime. La Cassazione annulla la decisione, stabilendo che per la liberazione condizionale collaboratore il ‘sicuro ravvedimento’ va valutato globalmente e l’assenza di risarcimento non è, da sola, ostativa, a differenza dei condannati comuni.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liberazione condizionale collaboratore: il risarcimento non è tutto

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 9433 del 2024, offre un’importante chiarificazione sui criteri per la concessione della liberazione condizionale collaboratore di giustizia. La Corte ha stabilito che, ai fini della valutazione del ‘sicuro ravvedimento’, il mancato risarcimento del danno alle vittime non può essere l’unico elemento ostativo, specialmente di fronte a un percorso di rieducazione e collaborazione ampiamente positivo. Questo principio ribadisce la necessità di una valutazione complessiva e non parziale del percorso del condannato.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo, condannato a trent’anni di reclusione e in detenzione domiciliare dal 2016, che aveva intrapreso un percorso di collaborazione con la giustizia. Nonostante la Direzione Nazionale Antimafia (DNA) avesse attestato l’utilità della sua ampia collaborazione e le relazioni comportamentali avessero evidenziato una condotta esemplare, il Tribunale di Sorveglianza rigettava la sua richiesta di liberazione condizionale. La ragione del diniego era l’assenza del presupposto del ‘sicuro ravvedimento’, desunta principalmente dalla mancanza di iniziative concrete per risarcire, anche solo parzialmente, le vittime dei reati commessi. Secondo il Tribunale, il rispetto delle regole e la collaborazione non erano sufficienti a dimostrare una completa maturazione interiore.

La Decisione della Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse erroneamente applicato la legge, trasformando il mancato risarcimento in una condizione indispensabile (conditio sine qua non) per la concessione del beneficio, requisito non previsto dalla normativa speciale per i collaboratori di giustizia (art. 16-novies della legge n. 82/1991).

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza e rinviando il caso per un nuovo giudizio. I giudici di legittimità hanno sottolineato come la valutazione del ravvedimento per un liberazione condizionale collaboratore debba essere più ampia e non possa fondarsi esclusivamente su un singolo aspetto.

La Valutazione Globale del Ravvedimento

Il fulcro della decisione risiede nella necessità di un’analisi onnicomprensiva del percorso del condannato. La normativa speciale per i collaboratori di giustizia deroga a quella ordinaria, riconoscendo l’importanza della collaborazione. Il ‘sicuro ravvedimento’ deve essere accertato tenendo conto di una pluralità di indici:

* L’ampiezza e l’utilità della collaborazione offerta.
* La rescissione definitiva dei legami con il passato criminale.
* Il comportamento tenuto durante l’esecuzione della pena.
* Lo svolgimento di attività lavorative, di studio o sociali (come il volontariato).
* I rapporti con i familiari e il personale giudiziario.

Il Ruolo del Risarcimento del Danno nella Liberazione Condizionale Collaboratore

La Cassazione chiarisce che il mancato adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato può essere un elemento da considerare, in quanto possibile spia di un ravvedimento non ancora completo. Tuttavia, non può assurgere a elemento di per sé ostativo. La decisione del giudice non può essere subordinata a tale adempimento, a differenza di quanto previsto per i condannati non collaboranti (art. 176, comma 4, cod. pen.).

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto illogica e contraddittoria la motivazione del Tribunale di Sorveglianza. Quest’ultimo, dopo aver riconosciuto una serie di elementi positivi (pareri favorevoli degli organi di polizia, della DNA, condotta intramuraria esemplare, attività di volontariato), ha concluso per l’assenza di ravvedimento basandosi unicamente sul mancato risarcimento. Questo approccio, secondo la Cassazione, svuota di significato gli altri indicatori e contrasta con il principio secondo cui il ravvedimento è un processo complesso, da valutare nel suo insieme. La conformazione dello stile di vita ai principi della legalità e l’abbandono delle logiche criminali, dimostrati nel corso di anni, sono prove concrete di un avvenuto ravvedimento che non possono essere ignorate. Attribuire un peso determinante all’assenza di iniziative risarcitorie, senza spiegare perché questo singolo elemento mini la serietà dell’intero percorso rieducativo, costituisce un vizio di motivazione.

Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio fondamentale per la valutazione delle istanze di liberazione condizionale collaboratore di giustizia. Il giudizio sul ‘sicuro ravvedimento’ deve essere il risultato di una ponderazione equilibrata di tutti gli elementi disponibili, positivi e negativi. Isolare un singolo fattore, come il mancato risarcimento del danno, e renderlo decisivo è un errore giuridico che non tiene conto della specificità della normativa premiale prevista per chi collabora con la giustizia. La decisione impone ai giudici di sorveglianza di condurre un’analisi più approfondita e globale, motivando adeguatamente perché eventuali elementi negativi siano considerati talmente gravi da inficiare un percorso rieducativo altrimenti positivo.

Per un collaboratore di giustizia, il mancato risarcimento del danno alle vittime impedisce sempre la concessione della liberazione condizionale?
No, secondo la sentenza non costituisce un ostacolo assoluto. Può essere preso in esame come possibile dimostrazione di un ravvedimento non completo, ma non può essere l’unico motivo di diniego se esistono numerosi altri indicatori positivi del percorso rieducativo.

Come deve essere valutato il ‘sicuro ravvedimento’ per un collaboratore che chiede la liberazione condizionale?
La valutazione deve essere complessiva e approfondita. Il giudice deve considerare l’intero percorso del condannato, inclusa l’importanza della collaborazione, i rapporti sociali e familiari, le attività lavorative o di volontariato svolte, e la condotta generale, senza basare il giudizio su un singolo elemento.

Qual è la differenza nella valutazione del ravvedimento tra un condannato comune e un collaboratore di giustizia?
Per i collaboratori di giustizia si applica una normativa speciale (art. 16-novies, l. 82/1991) che deroga a quella generale (art. 176 cod. pen.). Di conseguenza, il requisito del risarcimento del danno, che per un condannato comune è una condizione esplicita e più stringente, per il collaboratore non è una ‘conditio sine qua non’ e la sua assenza non può, da sola, impedire la concessione del beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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