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Liberazione condizionale 41-bis: no se il regime è attivo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un detenuto in regime di 41-bis che chiedeva la liberazione condizionale. La sentenza stabilisce che la legge preclude la concessione della liberazione condizionale 41-bis finché il provvedimento che applica il regime speciale non viene revocato o non rinnovato. Questa preclusione è specifica e opera indipendentemente dalle recenti modifiche che hanno reso relativa la presunzione di pericolosità per i condannati per reati ostativi non collaboranti.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Liberazione Condizionale 41-bis: la Cassazione Conferma il Divieto in Presenza del Regime Attivo

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 38193 del 2024, affronta una questione cruciale nel diritto penitenziario: il rapporto tra il regime di detenzione speciale ex art. 41-bis e la possibilità di accedere alla liberazione condizionale. La Corte ha stabilito un principio netto, confermando che la liberazione condizionale 41-bis è preclusa finché il detenuto è sottoposto a tale regime. Questa decisione chiarisce l’impatto delle recenti riforme legislative sull’esecuzione della pena per i reati più gravi.

I Fatti del Caso: La Richiesta di un Detenuto in Regime Speciale

Il caso ha origine dal ricorso di un uomo condannato alla pena dell’ergastolo e sottoposto al regime detentivo speciale previsto dall’art. 41-bis dell’Ordinamento Penitenziario, comunemente noto come ‘carcere duro’. L’uomo aveva presentato un’istanza per ottenere la liberazione condizionale. Il Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, aveva dichiarato la sua richiesta inammissibile, basando la decisione proprio sulla sua attuale sottoposizione al regime speciale, considerato un ostacolo insormontabile alla concessione del beneficio.

Il Ricorso in Cassazione e le Doglianze della Difesa

La difesa del ricorrente ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando importanti questioni di diritto. Secondo il difensore, il diniego automatico basato sulla sola presenza del 41-bis avrebbe ‘spogliato’ il Tribunale della sua funzione giurisdizionale di valutare nel merito il percorso rieducativo del condannato. Si sosteneva che tale automatismo, di fatto, reintroducesse la collaborazione con la giustizia come unica via d’uscita, una condizione già ritenuta illegittima dalla Corte Costituzionale (sent. n. 253/2019). L’argomentazione centrale era che questa situazione trasformasse l’ergastolo in una pena ‘senza speranza’, in contrasto con i principi costituzionali.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla liberazione condizionale 41-bis

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e fornendo una chiara interpretazione della normativa vigente, così come modificata dalla legge n. 199/2022.

La Preclusione Normativa Specifica

Il punto centrale della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 4-bis, comma 2, dell’Ordinamento Penitenziario. La norma, introdotta con il decreto-legge n. 162/2022, stabilisce esplicitamente che ‘I benefici […] possono essere concessi al detenuto o internato sottoposto a regime speciale di detenzione previsto dall’articolo 41-bis solamente dopo che il provvedimento applicativo di tale regime speciale sia stato revocato o non prorogato’.
Secondo la Cassazione, questa disposizione crea una preclusione legale chiara e diretta. Non si tratta di una valutazione di merito, ma di un presupposto di legge: finché il regime 41-bis è attivo, l’accesso ai benefici è legalmente impedito.

Distinzione tra Presunzione di Pericolosità e Regime 41-bis

La Corte ha inoltre operato una distinzione fondamentale. Le recenti riforme hanno effettivamente trasformato da ‘assoluta’ a ‘relativa’ la presunzione di pericolosità per i condannati per reati ostativi che non collaborano con la giustizia, aprendo loro la possibilità di accedere ai benefici. Tuttavia, la Corte sottolinea che questo è un tema ‘altro e diverso’ rispetto alla specifica preclusione per chi si trova in 41-bis.
In altre parole, un conto è la valutazione della pericolosità di un detenuto non collaborante, un altro è lo status giuridico di chi è sottoposto al regime speciale. Quest’ultimo status, per espressa volontà del legislatore, costituisce un ostacolo autonomo e preliminare che deve essere rimosso prima di poter procedere a qualsiasi valutazione di merito sulla concessione della liberazione condizionale.

Rigetto della Questione di Costituzionalità

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla difesa. La doglianza è stata ritenuta troppo generica, in quanto non specificava in modo preciso né la norma legislativa sospettata di incostituzionalità né gli articoli della Costituzione che si assumevano violati.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un’interpretazione rigorosa della legge: per un detenuto sottoposto al 41-bis, la porta verso la liberazione condizionale e altri benefici penitenziari rimane chiusa. La via per accedere a tali benefici passa necessariamente, e in via preliminare, dalla revoca o dalla mancata proroga del regime detentivo speciale. La decisione non nega in assoluto la possibilità di una futura liberazione, ma la subordina al superamento di questo specifico status detentivo, il cui mantenimento è a sua volta soggetto a controllo giurisdizionale.

Un detenuto sottoposto al regime speciale del 41-bis può ottenere la liberazione condizionale?
No. La Corte di Cassazione, sulla base della normativa vigente (art. 4-bis, comma 2, Ord. pen.), ha stabilito che i benefici penitenziari, inclusa la liberazione condizionale, possono essere concessi solo dopo che il provvedimento che applica il regime speciale del 41-bis è stato revocato o non è stato prorogato.

Le recenti riforme che facilitano l’accesso ai benefici per i non collaboranti non si applicano a chi è in 41-bis?
Non direttamente per superare l’ostacolo del regime speciale. La Corte chiarisce che la trasformazione della presunzione di pericolosità per i non collaboranti è una questione diversa dalla preclusione specifica prevista per chi è attualmente in 41-bis. L’essere sottoposti a tale regime costituisce un impedimento legale autonomo che deve essere rimosso prima di poter valutare la richiesta di benefici nel merito.

Questa interpretazione crea un ‘ergastolo senza speranza’?
Secondo la Corte, no. La decisione non chiude definitivamente la porta alla liberazione condizionale, ma la condiziona all’uscita dal regime del 41-bis. Poiché il decreto che applica il 41-bis è soggetto a revisione periodica e può essere impugnato davanti al Tribunale di Sorveglianza di Roma, la possibilità di ottenere la revoca del regime e, di conseguenza, di accedere ai benefici, non è esclusa in via assoluta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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