Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14766 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14766 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SALERNO il 25/07/1990
avverso l’ordinanza del 23/10/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette/saigite le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 23 ottobre 2024 del Tribunale di sorveglianza di Salerno, che ha rigettato il reclamo ex art. 69-bis, comma 3, legge 26 luglio 1975, n. 354 avverso il provvedimento del 21 febbraio 2024, con il quale il Magistrato di sorveglianza di Salerno, per quello che qui interessa, aveva rigettato la richiesta di liberazione anticipata con riferimento ai semestri di cui periodo dal 24 novembre 2016 al 16 luglio 2021, dopo aver evidenziato che NOME presentava dei carichi pendenti per fatti penalmente diversi e ulteriori rispetto a quello oggetto dei provvedimenti in esecuzione.
Il Tribunale di sorveglianza, poi, ha evidenziato che COGNOME, dopo aver ottenuto l’applicazione della misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale, aveva posto in essere dei comportamenti tali da aver indotto il Giudice di merito ad adottare l’ordinanza del I’ll novembre 2020, con la quale non era stato accertato l’esito positivo del periodo di prova; era emerso, inoltre, che COGNOME in data 1 agosto 2022 aveva commesso i reati di minaccia e detenzione illegale di arma, in ordine ai quali era stato condannato ex art. 444 cod. proc. pen. alla pena di anni due e mesi sei di reclusione dal G.i.p. del Tribunale di Salerno con sentenza del 19 ottobre 2022.
2. Il ricorrente articola due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, denuncia vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale di sorveglianza avrebbe omesso di considerare che i fatti in forza dei quali era stata emessa l’ordinanza del’11 novembre 2020 di sospensione della misura alternativa dell’affidamento in prova erano stati commessi in data antecedente al 15 giugno 2016, prima dei semestri oggetto della domanda di liberazione anticipata.
Secondo il ricorrente, pertanto, tale circostanza non poteva essere intesa quale elemento sintomatico del fatto che, nel corso del periodo oggetto dell’istanza ex art. 54 Ord. pen., il condannato avesse manifestato insofferenza al rispetto delle regole e prescrizioni imposte, come erroneamente affermato nel provvedimento impugnato.
2.2. Con il secondo motivo, denuncia erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 54 Ord. pen., perché il Tribunale di sorveglianza avrebbe apoditticamente rigettato l’istanza con riferimento a un periodo detentivo ampio (quattro anni e mezzo) in violazione del principio di diritto, secondo cui, ai fini del
concessione della liberazione anticipata, è legittima la valutazione frazionata per i singoli semestri dell’opera di rieducazione del detenuto.
Il ricorrente evidenzia che il giudice di merito avrebbe enfatizzato il fatto che il detenuto era ricaduto nel delitto, senza considerare, però, che lo stesso aveva immediatamente ammesso la sua responsabilità (nel momento in cui aveva presentato la domanda di definire il giudizio con il patteggiamento) e che, nel corso della lunga detenzione, aveva in ogni caso rispettato tutte le prescrizioni impostegli e aveva mantenuto una condotta ineccepibile.
In sintesi, il ricorso precisa che la condotta negativa avrebbe potuto al più giustificare il rigetto dell’istanza solo con riferimento ai semestri contigui, ma non anche a quelli più lontani dal punto di vista cronologico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
È opportuno premettere che, al fine dell’ottenimento della liberazione anticipata, è necessario che il condannato non tenga una condotta esclusivamente passiva di disciplinata osservanza delle norme che regolano l’espiazione della pena, ma occorre invece che egli concretizzi un modo di operare di valore sintomatico rispetto ai fini perseguiti dalla legge.
In altri termini, necessitano condotte concrete (quali la correttezza nei rapporti interpersonali, il rispetto delle regole, la disponibilità ai colloqui con operatori, il riguardo verso le figure istituzionali) che siano significative di un volontaria cooperazione tesa al più efficace reinserimento nella società. Parimenti, è corretto dire che il beneficio previsto dall’art. 54 Ord. pen. presuppone un giudizio positivo sulla partecipazione del soggetto al trattamento rieducativo da desumersi mediante una valutazione globale. Si consideri che il citato articolo, nel fare riferimento ad una condotta regolare e partecipativa, non fa espresso riferimento a vere e proprie sanzioni disciplinari o ad altri provvedimenti sfavorevoli, ma – in modo più lato – a tutti quei comportamenti che denotino una scarsa adesione alle regole restrittive ed una mancanza di quel particolare impegno che individua la meritevolezza del beneficio, nella prospettiva della rieducazione, che è il fine del trattamento.
È agevole notare che queste considerazioni vanno ripetute a fortiori allorquando il condannato abbia commesso delle irregolarità, abbia riportato sanzioni disciplinari o denunzie di reato, dimostrative dell’incostanza del senso di responsabilità: la commissione di comportamenti sintomatici di una insofferenza alle regole ed alle norme fa riscontrare non un semplice difetto di partecipazione
all’opera di rieducazione, ma addirittura il difetto del requisito di base, costitui dalla regolarità della condotta.
Nel caso di specie, il ricorrente non si confronta con il provvedimento impugnato nella parte in cui il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che il fatto
che lo stesso COGNOME in epoca di poco successiva al termine del periodo in valutazione, avesse commesso reati gravi della medesima indole di quelli già
accertati con provvedimenti definitiva, nonostante i benefici ottenuti, doveva intendersi elemento sintomatico del fatto che lo stesso non avesse mai iniziato un
reale percorso rieducativo.
2. In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi
dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 10/01/2025