Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2920 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2920 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il 13/10/1983
avverso l’ordinanza del 09/07/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 7 marzo 2003, il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila aveva rigettato il reclamo proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 22 novembre 2022 con cui il Magistrato di sorveglianza di L’Aquila aveva respinto l’istanza di liberazione anticipata relativamente ai due semestri di pena compresi tra il 6 febbraio 2015 e il 6 febbraio 2016, in quanto, nell’ambito del procedimento RGNR 2016/6859, risultavano elevate a suo carico imputazioni per associazione mafiosa, commessa dal 2014 alla primavera del 2015, detenzione illegale di armi aggravata all’art. 7, legge n. 203 del 1991, commessa nel maggio 2016, detenzione illegale di armi, accertata nel maggio 2016, ricettazione in concorso, accertata in data anteriore e prossima al 13 maggio 2016.
1.1. Con sentenza n. 6364/2024 in data 7 novembre 2023, la Prima Sezione della Corte di cassazione annullò il predetto provvedimento, rilevando, da un lato, l’avvenuta assoluzione per il delitto di ricettazione e, dall’altro lato, l’esigenza di approfondimento in ordine alla contestazione della condotta partecipativa in rapporto alla effettiva continuità o meno dell’apporto associativo del detenuto nel periodo da considerare ai fini della concessione del beneficio.
1.2. Con ordinanza in data 9 luglio 2024, il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila ha accolto solo in parte, per il semestre compreso tra il 6 agosto 2015 e il 6 febbraio 2016, l’istanza di concessione della liberazione anticipata proposta nell’interesse di Marciano’ e ha confermato il rigetto della richiesta in relazione al semestre precedente. Secondo il Collegio, infatti, l’interessato era stato tratto in arresto il 13 maggio 2015 e associato presso la Casa circondariale di Reggio Calabria. Inoltre, a distanza di qualche giorno era stata disposta, nell’ambito di altro procedimento pendente presso la D.D.A. di Reggio Calabria, la sostituzione degli arresti domiciliari con la custodia in carcere, dopo che, il 2 febbraio 2015, egli era stato deferito all’autorità giudiziaria dai Carabinieri della Stazione di Gallico per estorsione, sicché la gravità e il numero delle condotte delittuose ascrivibili a Marciano’ sino alla data dell’arresto, ovvero sino a febbraio 2015, imponeva una valutazione negativa quantomeno per il primo dei due semestri valutabili.
COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento per mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. per non essersi il Tribunale di sorveglianza uniformato alla pronuncia rescindente, che aveva sottolineato la necessità di approfondire la
effettiva continuità del suo apporto associativo anche in vinculis, laddove il provvedimento si limiterebbe a prendere atto delle «pendenze e segnalazioni a carico dell’interessato per associazione mafiosa e reati connessi accertati sino al dicembre 2014» e che «nulla formalmente emerge per il periodo successivo all’arresto». Il rigetto sarebbe, inoltre, solo apparentemente motivato, posto che il Tribunale si sarebbe limitato a richiamare la gravità di reati riferibili a un periodo precedente all’arresto, asserendo, apoditticamente, che ciò imporrebbe «una valutazione negativa quantomeno per il primo dei due semestri oggetto di impugnativa» e richiamando, in tal senso, una generica prossimità delle condotte rispetto al momento dell’arresto.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 54 Ord. pen. in relazione agli artt. 27 e 111 Cost. e 125 cod. proc. pen. L’ordinanza impugnata sarebbe illegittima anche perché la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria, emessa nell’ambito del procedimento cd. Gotha,·non sarebbe ancora definitiva, essendo stata oggetto di annullamento da parte della Corte di cassazione, sicché, sino al passaggio in giudicato, non potrebbe ritenersi che COGNOME abbia commesso i fatti addebitatigli e che possa essergli negato il beneficio. Inoltre, per valorizzare i fatti oggetto del procedimento penale non ancora definito, il Tribunale avrebbe dovuto individuare i comportamenti spia e spiegare perché essi siano incompatibili con l’adesione al percorso rieducativo.
In data 20 novembre 2024 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stato chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
Secondo quanto stabilito in sede rescindente, il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto verificare l’esatto perimetro degli addebiti oggetto dei processi pendenti a carico di NOME COGNOME e valutare se, da essi, emergessero condotte non compatibili con l’adesione al percorso trattamentale nel periodo cui si riferiva la richiesta di liberazione anticipata.
Il Tribunale di sorveglianza non ha provveduto a operare l’accertamento richiesto, giungendo a una conclusione che si espone alle censure difensive.
3.1. Va premesso che il secondo motivo di ricorso, con il quale la Difesa si duole della valorizzazione, da parte del Tribunale, di comportamenti non oggetto
di accertamento ad opera di una pronuncia definitiva, è inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto in contrasto con la consolidata opinione della giurisprudenza di legittimità. Si è, infatti, affermato, in plurime pronunce, che nel procedimento di sorveglianza diretto alla concessione della liberazione anticipata possono essere valutati fatti costituenti reato senza la necessità di attendere la definizione del relativo procedimento penale, a condizione che il giudice ne valuti la pertinenza rispetto al trattamento rieducativo, in quanto espressione di un atteggiamento incompatibile con l’adesione allo stesso da parte del detenuto (Sez. 1, n. 33848 del 30/04/2019, COGNOME, Rv. 276498 – 01; Sez. 1, n. 42571 del 19/04/2013, COGNOME, Rv. 256695 – 01; Sez. 1, n. 6989 del 09/12/1999, COGNOME, Rv. 215125 – 01; analogo principio è stato affermato da Sez. 1, n. 29863 del 24/03/2023, COGNOME, Rv. 284997 – 01, in tema di revoca della liberazione condizionale, nonché da Sez. 1, n. 33089 del 10/05/2011, Assisi, Rv. 250824 – 01, in tema di revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale).
3.2. Tanto premesso, deve osservarsi che il semestre di pena cui si riferisce la richiesta qui in rilievo è compreso tra il 6 febbraio 2015 e il 6 agosto 2015, atteso che, per il semestre successivo, l’istanza del beneficio è stata accolta.
In proposito, l’ordinanza impugnata riferisce che COGNOME è stato tratto in arresto in data 13 maggio 2015 e, quindi, associato alla Casa circondariale di Reggio Calabria, in considerazione della condotta associativa ascrittagli; e, a partire da tale circostanza, conclude affermando che la parte iniziale del semestre sarebbe interessata dalla condotta illecita e che, anzi, proprio l’ingresso in carcere potrebbe, al limite, avere interrotto la sua partecipazione al sodalizio, segnando una cesura suscettibile di determinare l’avvio del percorso rieducativo.
Tuttavia, dalla lettura del provvedimento non è dato comprendere a quale momento sia riferibile la cessazione della condotta partecipativa contestata. Infatti, come detto, il Tribunale ha indicato la data di inizio del periodo valutabile (6 febbraio 2015) nonché quella di esecuzione dell’arresto (13 maggio 2015), senza però specificare se la condotta associativa si fosse protratta sino a quel momento, atteso che, come ovvio, la data di esecuzione del provvedimento cautelare non coincide necessariamente con quella di consumazione del delitto in relazione al quale esso è stato adottato. Invero, tale essenziale circostanza, oggetto delle cogenti indicazioni della pronuncia rescindente, è rimasta ancora nebulosa pur all’esito del giudizio di rinvio. L’ordinanza impugnata, infatti, nella parte narrativa contenuta a pag. 1, dapprima riporta che il reato associativo sarebbe stato commesso sino al settembre 2015 (secondo quanto ritenuto dal Magistrato di sorveglianza nel primo provvedimento), indi che esso si collocherebbe tra il 2014 e la primavera del 2015. Infine, a pag. 2, si evidenzia, come detto, in prima battuta che COGNOME è stato arrestato il 13 maggio 2015, ma senza che si riporti il momento della cessazione del reato associativo; in
secondo luogo che, dopo pochi giorni, la misura degli arresti domiciliari applicatagli in altro procedimento è stata sostituita con quella della custodia in carcere dopo il deferimento, il 2 febbraio 2015, per estorsione aggravata, la cui data non è stata, parimenti, specificata; e, infine, che il giorno successivo, ovvero il 3 febbraio 2015, egli era stato raggiunto da un avviso di conclusione delle indagini per altro procedimento di criminalità organizzata, senza che però si specifichi per quale reato e quando esso sia stato commesso. In ultimo, il provvedimento impugnato ha anche riportato che, nell’informativa trasmessa dalla Questura di Reggio Calabria in data 15 giugno 2024, è stata elencata una serie di pendenze e di segnalazioni a carico dell’interessato per associazione mafiosa e per reati connessi, accertati però sino al dicembre 2014, ovvero in epoca precedente al semestre in valutazione.
In conclusione, la mancanza di assoluta chiarezza in ordine alla collocazione temporale del reato associativo non consente, pur dopo il giudizio di rinvio, di ritenere che il Tribunale di sorveglianza abbia assolto l’onere di una rivalutazione del profilo indicato nella pronuncia rescindente. Ciò che, in definitiva, impone un nuovo pronundamento da parte del Collegio di merito.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto, sicché l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio, al Tribunale di sorveglianza di L’Aquila.
PER QUESTI MOTIVI
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di L’Aquila.
Così deciso in data 20 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente