Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4889 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4889 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LANCIANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/03/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, la quale ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza in data 14 marzo 2023, il Tribunale di sorveglianza dell’Aquila ha rigettato il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Pescara che aveva respinto l’istanza di liberazione anticipata dal medesimo proposta in relazione al semestre dal 30.4.2020 al 29.10.2020,
A fondamento del rigetto il Tribunale osservava che l’istanza era stata formulata con riguardo ad un periodo in cui non vi era un titolo esecutivo in espiazione, in quanto l’esecuzione della pena irrogata al richiedente era stata sospesa ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen.
Avverso tale provvedimento il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione deducendo violazione di legge in relazione all’art. 54, ord. pen. e all’art. 3 CEDU, nonché vizio di motivazione.
Rileva il ricorrente che la liberazione anticipata, benché impropriamente collocata tra le misure alternative alla detenzione, costituirebbe una causa di parziale estinzione della pena, avente natura premiale ed incentivante. Essa non presuppone lo stato di detenzione o di esecuzione della pena, bensì la pendenza di un rapporto giuridico di esecuzione penale e una diversa interpretazione contrasterebbe con la ratio dell’istituto, il quale, unitamente all’art. 656 cod. proc. pen., sarebbe volto a creare un meccanismo che, attraverso una anticipata applicazione degli sconti pena, eviti l’ingresso degli interessati nel circuito penitenziario. Contrasterebbe altresì con gli approdi della giurisprudenza della Corte EDU che ha condannato l’Italia per il cronico malfunzionamento del sistema carcerario.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito specificate.
Occorre preliminarmente dare conto della vicenda alla base dell’istanza oggetto dell’ordinanza impugnata. Con sentenza n. 1439 del 1.10.2021, definitiva il 29.3.2022, della Corte d’appello di Salerno NOME COGNOME era stato condannato alla pena di mesi sette e giorni dieci di reclusione. Con provvedimento in data 29.4.2022 il Procuratore generale aveva emesso l’ordine di esecuzione per la carcerazione e contestuale sospensione del medesimo ai sensi dell’art. 656, comma 5 cod. proc. pen. Era stata, altresì, riconosciuta la fungibilità di pena espiata per altro titolo, in relazione al periodo in cui il ricorrente era sta sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, sicché la pena residua da espiare veniva rideterminata in mesi uno e giorni dieci di reclusione.
COGNOME proponeva quindi istanza di liberazione anticipata relativa al periodo di detenzione espiata in misura cautelare agli arresti domiciliari, dal
30.4.2020 al 29.10.2020. Tale istanza veniva rigettata dal Magistrato di sorveglianza di Pescara con decisione confermata con l’ordinanza impugnata sul presupposto che il titolo esecutivo non era in esecuzione, in quanto sospeso.
3. La decisione impugnata contrasta con l’art. 656, comma 4-bis, cod. proc. pen. Tale disposizione, invero, nel disciplinare l’esecuzione delle pene detentive, stabilisce che, quando la residua pena non supera i limiti del comma 5, il pubblico ministero, prima di emettere l’ordine di esecuzione, trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza perché provveda all’eventuale applicazione della liberazione anticipata. A tanto il pubblico ministero deve provvedere «previa verifica dell’esistenza di periodi di custodia cautelare o di pena dichiarata fungibile relativi al titolo esecutivo da eseguire». Il magistrato di sorveglianza provvede senza ritardo con ordinanza ex art. 69-bis, ord. pen.
Tale disposizione, dunque, individua i passaggi necessari per addivenire alla emissione dell’ordine di esecuzione, prevedendo espressamente che il magistrato di sorveglianza, appositamente sollecitato dal pubblico ministero, verifichi l’esistenza dei presupposti per l’applicazione della liberazione anticipata. Appare pertanto chiaro che la decisione in ordine a tale beneficio interviene prima che il pubblico ministero abbia emesso l’ordine di esecuzione, e dunque a fronte di un titolo non ancora esecutivo. Tale conclusione trova espressa conferma nel comma 4-quater dell’art. 656 cod. proc. pen., il quale stabilisce che nel caso previsto dal comma 4-bis, il pubblico ministero emette l’ordine di esecuzione e la relativa sospensione dopo la decisione del magistrato di sorveglianza.
Si tratta di previsione che risulta del tutto coerente con la ratio del d.l. n. 78 del 2013, che ha introdotto le disposizioni in parola al fine di fronteggiare il sovraffollamento del sistema penitenziario nazionale, sicché, ogni interpretazione restrittiva appare in contrasto con le ragioni di politica criminale che ne hanno giustificato l’approvazione (Sez. 1, n. 31216 del 23/10/2020, Costa, Rv. 280092 01, in motivazione).
Nella specie, il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Salerno, dopo aver dichiarato fungibile il periodo trascorso in misura cautelare agli arresti domiciliari per altro titolo, non ha disposto la trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza ai fini della eventuale applicazione della liberazione anticipata, in applicazione dell’art. 656, comma 4-bis cod. proc. pen. Pertanto, l’istanza correttamente è stata avanzata da COGNOME, sicché il Tribunale di sorveglianza, nel rigettarla senza verificare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della liberazione anticipata, è incorso nella violazione della richiamata disposizione.
Ne consegue che il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio per un nuovo giudizio.
PQ M
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 novembre 2023.