Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5850 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5850 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a ANDRIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/04/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di BARI
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Bari ha parzialmente accolto il reclamo proposto da NOME COGNOME, avverso il provvedimento emesso dal Magistrato di sorveglianza di Bari il 16/09/2022, che aveva disatteso l’istanza di liberazione anticipata in relazione a sette semestri, ricompresi fra il 30/11/2006 e il 30/05/2010 e, per l’effetto, ha concesso al condanNOME una riduzione di pena pari a novanta giorni, con esclusivo riferimento ai semestri di pena espiati nel periodo di tempo intercorrente fra il 30/11/2006 e il 30/11/2007, relativamente alla pena determinata mediante provvedimento di cumulo della Procura generale presso la Corte di appello di Bari del 16/06/2022.
NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, ricorre per cassazione – quanto al diniego della liberazione anticipata riferita ai semestri che vanno dal 04/12/2007 al 20/08/2014 – deducendo due motivi, che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sens dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, viene denunciata violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicit della motivazione, nonché motivazione illogica ed errata applicazione di legge, in relazione all’art. 54 legge 26 luglio 1975, n. 354. La decisione impugnata è frutto di una lettura impropria e travisante delle risultanze processuali e, quanto al resto, riflette un criterio valutativo improntato ad un ingiustificato automatismo sanzioNOMErio. Il 21/05/2008, gli operanti danno atto solo di essersi portati presso l’abitazione del condanNOME e di non aver ricevuto risposta al citofono; nulla dimostra, però, l’avvenuto allontanamento del soggetto dall’abitazione: NOME, infatti, in data 24/05/2008, si era allontaNOME da tale luogo in forza un provvedimento autorizzativo del giudice della cautela (provvedimento del quale è stata domandata l’acquisizione). Non è stata compiuta, comunque, una complessiva valutazione in ordine alla gravità della mancanza; nemmeno risulta considerato il grado di effettiva incidenza negativa della stessa, sul percorso rieducativo del condanNOME. La violazione, pertanto, è inidonea a giustificare il provvedimento di rigore adottato.
2.2. Con il secondo motivo, viene denunciata violazione ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., in relazione all’art. 54 Ord. pen inosservanza della legge penale, non avendo il Tribunale di sorveglianza di Bari effettuato una compiuta valutazione, in ordine alla effettiva partecipazione del condanNOME all’opera rieducativa, con riguardo globale a tutti i semestri richiesti. Si lamenta, inoltre, la omessa motivazione, con riferimento all’evento – commesso
in un periodo diverso, rispetto al semestre di riferimento – e sugli effetti negat in ordine al periodo oggetto di valutazione, dolendosi dell’assenza di una duplice verifica; verifica da un lato di tipo intrinseco, da compiere soffermandosi sull gravità della contestazione e, dall’altro, di tipo estrinseco, da effettuare verifican quale collegamento essa abbia, con la partecipazione all’attività di rieducazione attuata in carcere, in guisa da vanificarne l’effettiva valenza positiva.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto generico, assertivo e contenente censure versate in fatto.
Secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, in primo luogo, grava a carico del ricorrente – laddove questi intenda denunciare, contestualmente e cumulativamente, con riferimento agli stessi capi o punti della decisione impugnata, gli aspetti patologici della motivazione, deducibili dinanzi alla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. preciso onere di chiarire quale specifico aspetto dell’apparato motivazionale risulti carente, sotto quale profilo precisamente essa sia, invece, contraddittoria e quali parti appaiano, infine, manifestamente illogiche; non è consentita, dunque, la denunzia di tipo cumulativo, promiscuo e perplesso di tali vizi. Trattasi di un preciso onere di specificazione che grava sul ricorrente, la cui violazione non può che condurre alla declaratoria di aspecificità – e, dunque, di inammissibilità dell’impugnazione in sede di legittimità. Non è compito della Corte di cassazione, infatti, procedere ad una sostanziale rimodulazione del tenore delle doglianze, operazione eventualmente finalizzata ad estrapolare, dall’indistinto magma delle censure, quelle meritevoli di effettivo scrutinio; i vizi della motivazione, del re sono espressamente previsti dalla legge come, fra loro, inconciliabili e di eterogenea genesi, dunque insuscettibili di combinarsi e amalgamarsi reciprocamente (Sez. 2, n. 31811 del 08/05/2012, COGNOME, Rv. 254329; Sez. 1, n. 39122 del 22/09/2015, COGNOME, Rv. 264535; Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, Onofri, Rv. 277518). Nel caso di specie, la stessa formulazione grafica delle doglianze non è ossequiosa di tale fondamentale principio di diritto, per cui non può che essere colpita dalla sanzione di inammissibilità, derivante dalla mancanza di specificità.
Giova precisare, inoltre, come la norma di cui all’art. 54 Ord. pen. postuli, quale requisito per l’accesso alla liberazione anticipata, la prova in ordine all partecipazione del condanNOME all’opera di rieducazione; la concessione del beneficio, che si atteggia quale concreto riconoscimento della sussistenza di tale partecipazione, è finalizzata a rendere massimamente agevole il reinserimento del soggetto nel contesto sociale. La valutazione in ordine alla ricorrenza di tale presupposto, inoltre, deve svolgersi in conformità ai criteri dettati dal disposizione di cui all’art. 103, comma 2, del Regolamento di esecuzione introdotto con d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, ossia parametrandosi al duplice profilo dell’impegno dimostrato dal detenuto “nel trarre profitto delle opportunità offertegli nel corso del trattamento e al mantenimento di corretti e costruttiv rapporti con gli operatori, con i compagni, con la famiglia e la comunità esterna”. La norma esige, dunque, la conduzione sul piano oggettivo di un’indagine attinente al comportamento esterNOME dal detenuto, in riferimento sia all’adesione all’opera rieducativa, sia alla natura e alle modalità di mantenimento dei rapporti con l’ambiente carcerario, composto da figure istituzionali e dagli altri detenuti e co mondo esterno, rappresentato dai familiari o da altre relazioni significative. Per quanto attiene al primo profilo, viene in rilievo l’impegno dimostrato, in concreto, dal detenuto nell’accettare le proposte di attività trattamentali; tanto vale anche per quanto attiene all’imputato, al quale sono offerti “interventi diretti a sostener i suoi interessi umani, culturali e professionali” (art. 1, comma 1, d.P.R. n. 2309 del 2000). In ordine al secondo profilo, vengono in rilievo l’osservanza delle regole interne, nonché il mantenimento di una condotta corretta.
3.1. Conformemente a quanto avviene in relazione a qualsivoglia altro beneficio, anche per la concessione della liberazione anticipata l’apprezzamento giudiziale rimane di tipo discrezionale; in tale valutazione devono, però, essere esplicate le considerazioni in merito all’esistenza di un serio processo – già avviato, anche se non ultimato – di allontanamento da condotte delinquenziali e di recupero alla socializzazione, così da far escludere, a livello prognostico, la eventuale reiterazione di fatti illeciti.
3.2. Si deve altresì rammentare come, nell’apprezzamento delle fonti di prova, il compito del giudice di legittimità non consista nel sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici che hanno emesso il provvedimento impugNOME; la Corte di cassazione ha il diverso compito, infatti, di stabilire s questi ultimi abbiano esamiNOME tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti e se abbiano esattamente applicato le regole della logica, nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni, a preferenza di altre (Sez. U., n. 930 del 13/12/1995, COGNOME, Rv
203428; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv 235507; Sez. 6, n. 47204, del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217).
Nella concreta fattispecie, le due doglianze difensive – seppur articolate in distinti motivi di ricorso – presentano una evidente matrice comune, così da prestarsi agevolmente ad una trattazione unitaria.
4.1. La difesa ha concentrato i propri sforzi argomentativi direttamente sul merito delle infrazioni, poste a fondamento dell’avversato provvedimento di rigetto di liberazione anticipata, contestandone la valenza e adducendo giustificazioni di tipo eminentemente fattuale. Risulta pretermesso, pertanto, l’unico profilo rilevante in sede di legittimità, che inerisce alla valutazione in ordine alla coerenza e congruenza dell’iter concettuale e alla linearità dell’impianto motivazionale, attraverso cui il Tribunale di sorveglianza ha reputato che le condotte emerse potessero rivestire una valenza negativa, sul percorso rieducativo del condanNOME.
4.2. Con motivazione priva di vuoti narrativi o spunti di contraddittorietà di carattere logica o intratestuale – e quindi, destinata a rimanere al riparo da qualsivoglia stigma in sede di legittimità – il Tribunale di sorveglianza di Bari h attribuito alle due infrazioni richiamate in parte narrativa (rispettivament verificatesi il 21/05/2008 e il 24/05/2008) una univoca significazione, ossia quella della esclusione della disponibilità di COGNOME a partecipare attivamente – nel semestre di riferimento – al percorso teso alla risocializzazione. In particolare risulta presa in considerazione nel provvedimento impugNOME la sicura gravità delle succitate infrazioni, che si pongono in netta antitesi, rispetto a quella ch rappresenta la principale delle prescrizioni imposte al condanNOME assoggettato agli arresti domiciliari. La reiterazione delle violazioni è stata infine giudica secondo un ineccepibile percorso logico – sintomatica della mancata adesione del soggetto al percorso rieducativo, quanto ai semestri interessati.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma, che si stima equo fissare in euro tremila, in favore della Cassa delle ammende (non ricorrendo elementi per ritenere il ricorrente esente da colpe, nella determinazione della causa di inammissibilità, conformemente a quanto indicato da Corte cost., sentenza n. 186 del 2000).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso in Roma, il 30 novembre 2023.