Liberazione Anticipata: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La liberazione anticipata rappresenta uno degli strumenti più importanti nel percorso di rieducazione del condannato, incentivando la partecipazione attiva al trattamento penitenziario. Tuttavia, l’accesso a tale beneficio è subordinato a una valutazione rigorosa della condotta del detenuto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del sindacato di legittimità su tali decisioni, dichiarando inammissibile un ricorso basato su censure generiche e meramente rivalutative.
I Fatti del Caso
Un detenuto si vedeva respingere dal Tribunale di Sorveglianza l’istanza di concessione della liberazione anticipata per due semestri di detenzione. La decisione del Tribunale si basava sulla presenza di procedimenti disciplinari a carico del soggetto, ritenuti sintomatici di un’interruzione nel suo percorso di rieducazione. Contro questa decisione, il detenuto proponeva ricorso per cassazione, lamentando violazioni di legge.
Le Censure e la Questione della Liberazione Anticipata
Il ricorrente fondava il suo ricorso su due motivi principali. Con il primo, contestava in modo generico i procedimenti disciplinari posti a fondamento del diniego, senza però dimostrare specifici difetti o violazioni procedurali. Con il secondo motivo, criticava la valutazione del Tribunale di Sorveglianza, sostenendo che si trattasse di un apprezzamento non idoneo a giustificare il rigetto della sua istanza. In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti e di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno sottolineato che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio nel merito. Il ricorrente, infatti, non aveva sollevato precise violazioni di legge, ma si era limitato a contrapporre la propria interpretazione dei fatti a quella, motivata, del Tribunale di Sorveglianza.
La Corte ha ribadito che il giudice di merito aveva correttamente valutato i singoli episodi disciplinari come elementi capaci di “inficiare l’opera di rieducazione”. Questi eventi, secondo la Suprema Corte, rivelavano una chiara “interruzione dei progressi positivi” registrati in altri periodi, giustificando pienamente il diniego del beneficio della liberazione anticipata. Le censure del ricorrente sono state liquidate come percorsi “solo rivalutativi”, inammissibili in sede di legittimità.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: per ottenere la riforma di un provvedimento in Cassazione, non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione del giudice precedente. È necessario individuare e argomentare specifiche violazioni di norme giuridiche. La genericità delle contestazioni e il tentativo di ottenere un nuovo esame dei fatti portano inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione riafferma, inoltre, la centralità della condotta del detenuto: la partecipazione al percorso rieducativo deve essere costante e priva di interruzioni negative, come quelle rappresentate dalle infrazioni disciplinari.
Perché il ricorso per la liberazione anticipata è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni erano manifestamente infondate, generiche e miravano a una semplice rivalutazione dei fatti già esaminati dal Tribunale di Sorveglianza, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.
I procedimenti disciplinari possono impedire la concessione della liberazione anticipata?
Sì, la Corte ha confermato che i fatti oggetto di procedimenti disciplinari possono essere considerati idonei a interrompere il percorso di rieducazione del detenuto, giustificando così il diniego della liberazione anticipata per i periodi di riferimento.
Cosa comporta una dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende, a causa dei profili di colpa nel proporre un ricorso infondato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1345 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1345 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MESSINA il 24/02/1961
avverso l’ordinanza del 14/03/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di PERUGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
LETTO
il ricorso per cassazione proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale è stato respinto il reclamo rivolto al provvedimento che aveva rigetta l’istanza di concessione al predetto della liberazione anticipata con riferimento ai period detenzione dal 12/11/2019 al 12/05/2020 e dal 12/11/ 2020 al 12/05/2021;
RILEVATO
che il ricorrente, denunziando violazioni di legge, deduce censure manifestamente infondate, in quanto, con un primo motivo, afferma genericamente e, comunque, non dimostra difetti di contestazione nei citati procedimenti disciplinari, né la non considerazione della specifica deduzione; mentre, con un secondo motivo, introduce genericamente percorsi solo rivalutativi, per opporsi ai motivati apprezzamenti in ordine all’idoneità dei singoli fatti detti procedimenti disciplinari, ad inficiare l’opera di rieducazione nei periodi in considerazi rivelando i medesimi fatti l’interruzione dei progressi positivi rilevati negli altri periodi;
RITENUTO
pertanto, che il ricorso deve dichiararsi inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuale e, in ragione dei profili di colpa, della somma determinata in euro tremila da corrispondere in favore detla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24 ottobre 2024.